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RETROMANIA - Sentireascoltare

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zola JESuS - ConatuS (SoutErrain tranSmiSSionS, SEttEmbrE 2011)<br />

Genere: Dark-wave<br />

Dimenticate la ragazzetta intrisa fino al midollo di zozzeria lo-fi. Nika Roza Danilova<br />

aka Zola Jesus è ormai una signora e Conatus il suo figlio prediletto.<br />

L’evoluzione della ragazza del Midwest è innegabile, l’abbandono del sottobosco<br />

pure. E non parliamo solo dell’aspetto estetico che l’ha vista passare<br />

da dark lady dalla chioma corvina alla ossigenata/patinata, spettrale presenza<br />

velata della cover attuale.<br />

Dai tempi dei primi singoli - melodie sofferte annegate in cumuli di caligine<br />

in bassa fedeltà con velleità sperimentali piuttosto marcate - alle prime prove<br />

lunghe in cui il cripto-goticismo la faceva da padrone ergendo la nostra a capostipite<br />

della “crimson-wave”, Zola Jesus si è via via avvicinata ad una forma più compiuta di pop dalle<br />

venature apocalittiche e costellate sempre da umori darkeggianti. Ora il passo successivo è quello della<br />

via 2.0 ad una nuova forma di mainstream, ovvero abbandonare le lande del culto underground per una<br />

accessibilità di più ampio respiro senza perdere una stilla in credibilità e appartenenza.<br />

Zola Jesus come l’anti-Lady Gaga? Nika come la Madonna del terzo millennio? Non siamo a questi livelli,<br />

ma è innegabile che le scelte non solo compositive quanto meramente produttive - cristalline, 90s oriented,<br />

piene di ganci e rimandi a un esemplare e ampio background - pongono la chanteuse d’origine europea su<br />

un livello superiore rispetto all’artista outsider e sperimentale che conoscevamo. In grado cioè di elaborare<br />

il proprio sentire musicale, personale e intimo - pur ancorato sempre ad una sensibilità dal taglio goth,<br />

intrisa di malinconia, ancestralmente oscura e haunted - in forme più accessibili e compiute.<br />

L’accompagnamento musicale, di stampo sintetico seppur intriso di corde (ad aiutare ci sono la viola e il<br />

violino di Sean McCann e il violoncello di Ryan York), è sempre austero e rigoroso, filiazione innegabile della<br />

wave più eterea e dell’electro-pop meno radicale, ma in Conatus ritroviamo slanci “altri” a dimostrazione<br />

dell’apertura di cui sopra: il romanticismo lirico nato dall’interazione tra macchine algide e il caldo dell’acustico<br />

(Shivers ne è esempio plausibile, così come la scheletrica piano/voce Skin) ma soprattutto la accentuata<br />

apertura ritmica, quasi disco (Seekir) che innerva le composizioni segna uno dei maggiori scarti con<br />

la Zola Jesus primigenia. Su tutto, una performance vocale di altissimo livello: sofferta, profonda, enfatica.<br />

Se The Spoils arrivava a “raffreddare una estate troppo calda” (cit. Comunale), Conatus è il perfetto album<br />

autunnale, trabordante malinconia e struggenti melodie vocali, e fin dal titolo, è un vero e proprio “sforzo”<br />

per superare i propri limiti e confini, per muoversi oltre. Verso visioni musicali nuove, che sono, allo stesso<br />

tempo, rielaborazione di input pregressi e slancio verso il nuovo: che sia il battito a cassa dritta (Ixode,<br />

acido electro-beat per capannoni in disuso), la pulsazione corrotta di stampo glitchy, il rumorismo di<br />

sottofondo (la Bjork sottesa a Swords o al singolo Vessel) o l’atavico marchio 4Adiano (l’inno autunnale<br />

In Your Nature, la pastorale post-apocalittica Avalanche).<br />

Non più Diamanda Galas, la Lunch o una Siouxie giovane e agguerrita. O meglio, tutto questo ma anche<br />

molto di più. Zola Jesus è ormai una moderna artista capace di mettere a fuoco un percorso, di compiere<br />

quel “conatus” che è il cuore dell’album, con grazia e stile (quasi) unici.<br />

(7.5/10)<br />

StEFano piFFEri<br />

pop, del grime; più incompromissorio e meno superprodotto<br />

di Dizzee, di cui infatti, di rovescio, non ha il<br />

breaking appeal pop.<br />

(6.5/10)<br />

gabriElE marino<br />

zoom-on-a-Kill -<br />

“l&#8710;”lol&#8353;&#7443;<br />

(autoprodotto, maggio 2011)<br />

Genere: 8bit / witch / rave<br />

Nei tempi dominati dal web 2.0 la rete diventa lo strumento<br />

indispensabile per toccare con mano i fermenti musicali<br />

nascosti sotto la soglia dell’informazione giornalistica. Fenomeni<br />

di sottocultura generazionale come chip music,<br />

glo-fi o witch-house usano da sempre blog e social network<br />

come casse di risonanza per condivisione e autopromozione,<br />

e questo rende le varie scene tanto dispersive e frammentate<br />

da rendere impossibile applicarvi concetti come<br />

“discografia” o “tendenza”. Piccole guide di orientamento<br />

son molto utili, e noi nel nostro piccolo proseguiamo tra<br />

articoli e recensioni a fornirvi spunti di approfondimento.<br />

Gli Zoom-on-a-kill sono tra i nomi più interessanti emersi<br />

recentemente dal tam tam della rete. Trattasi di un misterioso<br />

progetto 8bit messicano, col suo classico blog bandcamp<br />

che, come spesso accade, è anche il portale che<br />

ospita le proprie pubblicazioni (tre fino ad ieri, tutte nella<br />

stessa area chip-punk/rave dei Covox). L’ultimo &Dagger<br />

;L&#8710;&Dagger;Lol&#8353;&#7443; (se proprio dovete,<br />

pronunciatelo Tlatelolco) è però particolarmente affascinante<br />

per l’inedito mix stilistico offerto. Il manifesto del disco<br />

sta tutto in Quiero Café: 160 bpm di rave pompatissimo,<br />

iniettato di organi malaticci virati witch, blips Amiga e canti<br />

esoterici assortiti. Per chi non si accontenta.<br />

La smania per l’esagerazione tipica dei Crystal Castles<br />

(che del filone witch house possono esser considerati<br />

i precursori) la si ritrova anche in The Brand New Wolf,<br />

mentre invece brani come Tequila Fantasmal ambiscono<br />

più al versante thriller/darkwave della faccenda. Eppure<br />

la nuova infatuazione per le streghe convive bene con<br />

l’anima chiptune del team, che sempre senza timore<br />

sposa i ritmi acidi dei party anni ‘90 (Cruzadee) o quando<br />

va bene accede alle piste techno (Circuit Robot, Bazooka)<br />

o trance (Cyfresh Sex). Se a tutto questo aggiungiamo<br />

la disinvoltura dark-step dall’imprinting Zomby di<br />

&#986;obvi&#7749;&#8710;&Dagger;io&#7751; Touch, le<br />

possibilità tech-ambient di Comptine D’un Autre Été e il<br />

delicato tocco french de La Valse D’Amelie, a venirne fuori<br />

è un profilo dotato di grande padronanza dei mezzi e<br />

irriverenza nerd con tendenza a strafare. Dieci ad uno<br />

che dietro ci si nasconde un manipolo di ventenni.<br />

(6.8/10)<br />

Carlo aFFatigato<br />

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