25.02.2013 Views

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

RETROMANIA - Sentireascoltare

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Washed Out<br />

—Melanconia e<br />

ambivalenza—<br />

Abbiamo sentito al telefono Ernest<br />

Greene in occasione dell’uscita del<br />

suo primo album lungo. Fotografia<br />

sul fenomeno Washed Out: dai fasti<br />

dreamwave del 2009 all’adult glo<br />

odierna...<br />

Turn-On.<br />

Ernest Weatherly Greene è sicuramente un ragazzo stereotipico<br />

per la generazione dei nati negli Eighties. Ha un<br />

accento riconducibile a quello del suo Stato, la Georgia.<br />

Possiede quella tipica cortesia americana, gentile e allo<br />

stesso tempo un po’ freddina e, tra i suoi coetanei, ha fatto<br />

le scelte più comuni dell’americano integrato: si è sposato<br />

prima dei trenta, ha cambiato un paio di città e case,<br />

ha passato svariate serate davanti a Prison Break e Lost.<br />

Come musicista, la casistica è ancor più normalizzata:<br />

un passato remoto in una indie-rock band nei Novanta<br />

e la realizzazione, da solo, in cameretta, nei Duemila con<br />

i fidi Reason e Cubase nel desktop. Se proprio vogliamo<br />

chiudere il quadro: a 12 o 13 anni gli troviamo in casa<br />

ascolti grunge e ovviamente i Nirvana, con i quali Ernest<br />

ha iniziato le prime strimpellate alla chitarra.<br />

Anche l’atteggiamento casual che lo contraddistingue,<br />

dalle prime interviste alla nostra chiacchierata telefonica,<br />

è probabilmente rimasto lo stesso, così come lo spirito<br />

un po’ ondivago da provincia americana dal quale Washed<br />

Out trae ispirazione e strategie di fuga, idealmente,<br />

in Europa.<br />

Su Skype gli raccontiamo la storia del glo-fi imparata e<br />

poi scritta svariate volte in altrettanti articoli e recensioni.<br />

L’avrà sentita centinaia di volte ma è doveroso verificare<br />

in prima persona cosa ha da dirci in proposito. Gli<br />

spieghiamo che per la stampa europea - e per l’internet<br />

italico - la cosiddetta scena, anche nota come chillwave,<br />

è stato uno di quei grandi momenti onanistico-giornalistici<br />

dove ci si è potuti sbizzarrire unendo alberi genealogici,<br />

sonorità e una precisa sociologia: il tuffo catartico<br />

dei nati negli 80s verso l’epoca dei propri genitori attraverso<br />

la lente seppia del ricordo estivo.<br />

Il ragazzo risponde pragmatico: la stampa mi ha permesso<br />

di farmi conoscere a livello internazionale, e suonare dal<br />

vivo, quando giusto qualche mese prima ero a casa disoccupato<br />

dai miei genitori attaccato a My Space. Le devo molto<br />

e sono stato onorato di finire negli stessi articoli di Toro<br />

Y Moi, Neon Indian e Memory Tapes. Quello che hanno<br />

scritto sulla scena è vero, ma non dimentichiamoci che gli<br />

Eighties sono stati considerati da noi stessi spazzatura per<br />

lungo tempo, soltanto in un secondo momento, quando<br />

qualcuno ha cambiato idea ed ha finito per influenzare gli<br />

altri, le cose hanno preso una direzione diversa...<br />

Greene non nasce musicalmente da stereotipi pruriti<br />

kitsch, le prime mosse pre-discografiche e precedenti<br />

alle pubblicazioni su Mexican Summer, erano un misto<br />

tra l’ambient e certo Hip-Hop, tra software craccato e<br />

overdubbing di chitarra, piano e la sua voce davanti al<br />

mix. All’epoca, il georgiano ascoltava il catalogo Stones<br />

Throw, tante non precisate produzioni psichedeliche e,<br />

in particolare, Koushik con il quale sentiva un’affinità<br />

diretta. Chiaramente non è tutto qui e c’è tanto altro: in<br />

svariate interviste emerge un po’ di tutto, da Grouper<br />

a (chiaramente) Panda Bear (Animal Collective), e in<br />

pratica, tutto il Pitchfork output.<br />

Con Washed Out, Ernest è stato più volte tentato di<br />

prendere direzioni sperimentali ma alla fine a prevalere<br />

è stato un minimalismo di impronta dance. Il progetto<br />

Washed Out è senz’altro legato alla musica da ballo, o<br />

meglio ne ingloba alcune sonorità come la balearica,<br />

la trance, certi ricordi Rave e l’House. Nell’album lungo<br />

Within And Without troviamo alcune canzoni come<br />

Eyes Be Closed o Echoes che sono chiaramente orientate<br />

in questo senso, mentre nel resto del disco prevale una<br />

vena ambient pop dai rimandi meno direttamente legati<br />

agli 80s. L’ho chiamata adult glo nella recensione e a lui<br />

la definizione piace: la sua, mi racconta, è stata una transizione<br />

fatta di prove ed errori che si è configurata sempre<br />

di più nel formato canzone e di conseguenza nel delineare<br />

una strategia personale - per sottrazione aggiungerei -<br />

incentrata sul canto.<br />

Ernest è ossessionato dal personal style da sempre, aggiunge<br />

che quest’album è semplicemente una collezione<br />

di tracce scritte in diversi momenti ma averle pensate<br />

durante una lunga tournée davanti a così tanti pubblici<br />

differenti lo ha aiutato a sintetizzare maggiormente l’idea<br />

sonica originaria. Differentemente dagli esordi, dove le<br />

produzioni erano, ai suoi occhi, o troppo psych o troppo<br />

dance, l’album risulta decisamente coeso e, trovata la<br />

quadratura, si sono aggiunti i richiami di fino: il pop primi<br />

Novanta, ci racconta, ma soprattutto quegli smalti di<br />

melanconia/ambivalenza che ha sempre visto nei Mazzy<br />

Star e amato, in generale, nell’ascolto musicale.<br />

Del resto, allo stesso modo dei progetti Memory Tapes<br />

o Toro Y Moi dell’amico Chazwick Bundick, anche per<br />

Greene, il 2011, è stato l’anno dell’emancipazione da una<br />

scena chill che nel giro di due anni si è inesorabilmente<br />

disinnescata. Per distinguere maggiormente il proprio<br />

lavoro, il ragazzo ha inoltre scelto, per la prima volta, di<br />

dosarlo tra casa e studio di registrazione avvalendosi<br />

anche dell’aiuto di un produttore come Ben Allen, un<br />

georgiano come lui che nel passato ha lavorato con calibri<br />

grossi come Animal Collective e Deerhunter.<br />

Ben è amico di Ernest da molti anni oramai e il 25%<br />

del lavoro è stata una collaborazione serrata tra me e lui<br />

nel suo studio di Atlanta, ci ammette, precisando che<br />

sono stati 12 giorni per 12 ore filate al giorno. Ben aveva<br />

un’agenda folle di impegni ma con il senno di poi essermi<br />

costretto a lavorare con il tempo che stringeva mi ha reso<br />

più concentrato e ha soltanto fatto bene al lavoro finale. Di<br />

Ben ho apprezzato soprattutto il trattamento sulle percussioni<br />

che hanno conferito all’album molta dinamica e profondità<br />

ma anche la qualità dell’incisione delle parti vocali<br />

(registrate sempre in studio).<br />

Greene è rimasto lo stesso ragazzo dai riferimenti squisitamente<br />

europei: dal mainstream pop di fine Ottanta<br />

britannico all’Ibiza di inizio ‘90, ma il lavoro di sintesi e<br />

l’esperienza lo hanno maturato. Dal vivo, per esempio,<br />

dopo l’abbandono dei laptop set per voce e mac nel<br />

2009, e l’esperienza con la band Small Black l’anno successivo,<br />

Greene è pronto per fare il live che ha sempre<br />

voluto: una indie band di cinque elementi con voce, doppia<br />

tastiera, basso e batteria con la quale suonare il disco<br />

in modo differente. Questa volta, ci afferma, funzionerà<br />

davvero. La formazione precedente era concentrata sul proprio<br />

di progetto. Avevamo provato troppo poco e i risultati<br />

non erano stati eclatanti. Ora le cose sono diverse, il suono<br />

è più compatto e rifinito.<br />

Sul tubo ci sono già alcuni assaggi dove si vede e<br />

s’ascolta un gruppo piuttosto affiatato pur con qualche<br />

dubbio sulle resa canora dello stesso Greene. Del resto,<br />

non è difficile immaginare Washed Out come un progetto<br />

da cameretta (a pensare alle canzoni) e studio (a<br />

registrarle). Abbiamo sempre affermato che il ragazzo<br />

ambient della Georgia ha più l’anima del producer che<br />

non quella del musicista. Lui, di converso, ci racconta<br />

d’essere cresciuto come live musician. Ha più di un anno<br />

e mezzo d’esperienza in formazione dal vivo, ci dice; e tra<br />

poco lo scopriremo dato che lo avermo da noi nelle tre<br />

date del tour italiano, mentre questo inverno, per chi<br />

potrà, sarà all’ATP Nightmare Before Christmas Festival.<br />

Lo hanno chiamato direttamente i Battles, co-curatori<br />

dell’evento assieme a Les Savy Fav e Caribou, artista con<br />

il quale è stato recentemente paragonato (non a torto.<br />

Ascoltate You and I per esempio).<br />

Nel frattempo, a proposito di produzioni, c’è già un remix<br />

project attivato: Grimes ha inciso una sua versione di<br />

Eyes Be Closed, Steve Moore (Loverock) ne ha fatto una<br />

versione più 80s e Miami Vice, Sposhrock una spacey<br />

con l’aggiunta di un vocoder e Star Slinger, un’ultima<br />

dal tiro più hip hop. Niente male per un ordinario ragazzo<br />

della provincia americana.<br />

Edoardo bridda<br />

6 7

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!