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Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

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non lavorava la canapa, Maria pregava. E questo<br />

percorso di devozione, che la portò a essere proclamata<br />

beata solo qualche anno dopo la morte per arresto<br />

cardiaco, ebbe inizio sin da giovane: lei sapeva cose<br />

che gli altri non avrebbero neppure nominato. E questo<br />

fu il preludio alle tante grazie che ottenne, specie per i<br />

bimbi malati. Un giorno, molti anni dopo il pomeriggio<br />

adolescenziale sull’amaca, Maria telefonò a Nella: “Sato<br />

che Alberto xè vivo par miracolo. A gà attraversà un<br />

passaggio a livello incustido e per poco la machina non<br />

finiva sotto il treno”.<br />

Gli incontri con Ledda si intensificarono, tanto che la<br />

giovane figlia del padrone andava a dormire a casa di<br />

Nella e se la stringeva. Talvolta Nella ne ebbe paura<br />

perché dopo il trattamento con l’elettrochoc diventava<br />

cattiva, ingasibile e si avvinghiava a lei nel tentativo di<br />

strozzarla, tanto che i medici accorrevano subito e la<br />

sedavano. Natale scriveva di essere a Taranto a<br />

caricare di carne in celle frigo da destinare al fronte.<br />

Lavorava sodo ma si divertiva.<br />

Tra povertà, malattie incurabili, quella di Ledda fu un<br />

esempio, le stigmate che ferivano le mani di Maria ogni<br />

venerdì, la carità che questa donna sempre vestita con<br />

una lunga tunica nera dispensava ai poveri, i relativi<br />

pettegolezzi di provincia sulla sua presunta pazzia, gli<br />

anni passarono.<br />

Nell’aprile del ’45 accadde un fatto straziante che né<br />

Nella, né Maria, né gli altri polesani avevano mai<br />

veduto: i Tedeschi che non si erano messi in salvo nel<br />

Sud Tirolo cercavano di raggiungerlo attraversando<br />

l’Adige pieno, freddo e vorticoso. Alcuni di loro avevano<br />

rubato le barche dei pescatori che, colme di carne,<br />

avanzavano solo di pochi metri. Gli altri si arrangiarono<br />

come poterono, ma fu un’ecatombe. I mezzi di fortuna<br />

furono risucchiati dai gorghi mortiferi ricamati dal fiume<br />

come una Penelope perversa: c’erano tinozze così<br />

strette, visto che servivano a sgozzare porci, in cui le<br />

gambe stavano strifelate al petto. Poi c’erano quelli si<br />

aggrappavano ai grossi legni che l’Adige, con corrente<br />

fortissima, portava verso la foce. Non era facile, così<br />

carichi di sacchi, raggiungere i veloci legni che<br />

cavalcavano la corrente. E non era facile impedire che<br />

uno di quei legni, arrivando alla spalle, non provocasse<br />

trauma cranico. Alcuni provavano ad usare cavalli o<br />

muli recalcitranti, con le bocche digrignate e le froge<br />

dilatate. Dovettero spingere a forza le povere bestie<br />

che si trovavano gravate di uniformi con stellette di<br />

metallo e di zaini carichi di viveri. Risalivano una volta o<br />

due col muso, mostrando occhi neri terrorizzati, e<br />

talvolta erano già storditi prima di scomparire per<br />

sempre col loro carico.<br />

Il fiume restituì molti cavalli e cadaveri lungo la foce. Si<br />

trattava ormai di ammassi deformi di carne, gonfi e<br />

quasi iridescenti alla luce del giorno riverberata dalla<br />

sabbia. Se non avessero indossato ancora le uniformi, i<br />

contadini e i curiosi li avrebbero scambiati per grossi<br />

animali.<br />

“Anca il fiume” dissero tutti “non i ga voesti sti crucchi e<br />

i gà spuà fora”.<br />

Natale tornò nel settembre del’46, dopo il soggiorno a<br />

Taranto, scortato da un camion fino a Ferrara e da un<br />

altro fino alle Chiaviche, una frazione del suo paese. Lui<br />

e Nella si coccolarono nel fienile a novembre, e galeotto<br />

fu il freddo che incrostava di una patina di ghiaccio<br />

brillante le travi dei soffitti delle camere da letto, così<br />

ad agosto nacque Carla. A settembre si sposarono e<br />

iniziarono a lavorare ogni fine settimana a una casa a<br />

Rovigo, in città, in una strada senza asfalto. Cinque<br />

anni dopo il flagello dell’alluvione sommerse case e vite.<br />

L’acqua sporca, sovrana di tetti e cimitero di carcasse di<br />

animali annegati, è ancora oggi un nefasto simbolo del<br />

Polesine, tradito allora dagli argini bassi e rachitici del<br />

Grande Fiume. Ma l’amore supera tutto. Così dopo mesi<br />

l’acqua si ritirò, le case si seccarono, i lutti vennero<br />

elaborati e i figli, ospitati in Liguria da oneste famiglie<br />

desiderose di prestare soccorso agli innocenti,<br />

tornarono dalle loro madri. Carla tornò da Nella e<br />

Natale a 4 anni, dopo essere vissuta a Genova per sei<br />

mesi. Le occorse qualche tempo per chiamare di nuovo<br />

i genitori mamma e papà, abituata ormai alla famiglia di<br />

Sanpierdarena.<br />

Umberto Pasqui (1978) — Forlì<br />

LE LETTERE AZZURRE DEL<br />

BELGA<br />

Sono nato in Belgio, ma per motivi<br />

che non sto qui a raccontare sono<br />

finito in codesta città italiana<br />

dall’identità indefinita. Quando<br />

stavo là, a Bruseglie, mi divertivo a<br />

recarmi tutti i giorni al mercatino<br />

delle pulci nella piazza del gioco del pallone. Già,<br />

Bruseglie, perché non ho mai capito perché voi italiani<br />

non abbiate un nome italiano per Bruxelles. Cioè una<br />

volta, ho letto, si usava Brusselle o cose simili, poi<br />

cadute nel dimenticatoio. E allora mi sono inventato<br />

“Bruseglie”, una risposta, un tentativo. Parlate la lingua<br />

più bella del mondo e avete avuto la premura di coniare<br />

Anversa, Ostenda, Liegi, addirittura Lovanio; ma<br />

Bruxelles no, una capitale, la capitale dall’aeroporto più<br />

silenzioso al mondo, e allora ci ho pensato io per voi. E<br />

ho immaginato anche il nome Astelodamia, o Porto<br />

D’Aste, in luogo di Amsterdam. Ma non credo che<br />

v’interessi, come non credo v’interessi la vostra lingua.<br />

La vostra rassegnazione culturale, del resto, è come il<br />

mio innato fatalismo. C’è e rimane. Mi recavo, stavo<br />

dicendo, tutti i giorni alla ricerca di trofei non vinti, o di<br />

coppe di manifestazioni cui non ho mai partecipato.<br />

Una passione sottile, che dovreste provare.<br />

Sgranocchiando patatine fritte, mi fregiavo della<br />

coccarda dell’Accademia degli Indispensabili, cui sono<br />

un adepto convinto. Fa parte dell’Accademia chi, nel<br />

corso di conferenze, seminari, incontri pubblici,<br />

commenti internautici, non manca mai di far sapere la<br />

sua opinione. Il mio colore preferito è il grigio, grigio<br />

come il cielo che ho visto da bambino, con un sole<br />

paglierino e smunto, chiaro come un pastello,<br />

vagamente autistico. Direte che sono una persona<br />

triste, no, no, tutt’altro, so anche ridere di me. È per<br />

questo che sto scrivendo codesta lettera in italiano<br />

impeccabile, seduto alla scrivania di casa nel rione<br />

brusegliese di Marolles, pensando a chi o a cosa non<br />

so. Inventandomi di vivere in Italia, benché sappia che<br />

da qui non scapperò mai fuori.<br />

Sporgendosi dalla finestra sulle grandi cesoie che<br />

fregiavano il palazzo, fece cadere la lettera per vedere<br />

che effetto avrebbe fatto e chi l’avrebbe presa sul serio.<br />

10<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010

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