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Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

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era declassata alle più semplici pantofole e, in caso di<br />

recidiva, licenziata. La colla resinosa bagnava il bordo di<br />

ogni pezzo poi ripiegato all’orlo dalle operaie, l’ago<br />

cuciva cruento come stiletto attraversando il cuoio<br />

spesso e odoroso sopra la colla, fissandovi così il grosso<br />

filo. S’infittivano lungo le tomaie tratti rettilinei di<br />

cuciture certosine al ritmo monotono del pedale e delle<br />

sirene. Le sagome poi slittavano svelte e inerti tra le<br />

mani esperte delle operaie sotto il neon della cucitrice.<br />

Altre concludevano con rifiniture e ricami a mano, altre<br />

ancora incollavano, inchiodavano i tacchi e infilavano i<br />

lacci nei fori.<br />

Era trascorso un anno da quando il titolare della<br />

fabbrica l’accolse dicendole: “Quel lì l’ha garantì par ti”,<br />

e in dodici mesi Nella ebbe modo non solo di divenire<br />

una bellezza rara, con la pelle d’ebano, i capelli color<br />

pece, i seni ben torniti per quell’età, ma anche la<br />

migliore delle lavoratrici.<br />

La velocità che le veniva così spontanea nel lavoro<br />

manuale l’aveva fatta passare dalla cucitrice, al ricamo,<br />

al campionamento dei tessuti con la disinvoltura dello<br />

scultore che crea busti, statue e capitelli. Era la<br />

prediletta del re delle scarpe. Nella pausa pranzo era<br />

solita giocare a palla con Ledda, la figlia minore del<br />

padrone, una liceale coetanea.<br />

Ad un certo punto una disgrazia si abbattè sulla<br />

famiglia padronale: una grave malattia mentale colpì la<br />

giovane Ledda, si disse per il troppo studio nel quale si<br />

buttava per ore e ore per eccellere al liceo classico<br />

Celio. Il padre, disperato, dispensò subito Nella dal<br />

lavoro in fabbrica e le permise di salire nelle stanze<br />

padronali per far stare le due adolescenti vicine. I<br />

silenzi di Ledda erano interminabili, e anche gli sguardi<br />

vitrei persi nel vuoto. Nella le si affezionò subito, tanto<br />

che le tenne compagnia anche durante una lunga<br />

degenza in manicomio.<br />

Tutto questo aveva lasciato sbigottite le altre operaie,<br />

arrivate prima di lei, che tentarono di vendicarsi in ogni<br />

modo tenendola sotto la lente di ingrandimento: ma né<br />

la lentezza al cronometro, né errori dovuti alla velocità<br />

riuscivano mai a incastrarla. Il suo lavoro era perfetto.<br />

Nella aveva un debole per un ragazzo del paese,<br />

Natale, un marmista di quattro anni più vecchio di lei. Si<br />

incontravano tutte le sere con le rispettive famiglie nelle<br />

aie brulicanti di zanzare e se la spassavano un po’ tra<br />

carte e chiacchiere. Natale faceva spesso scivolare nelle<br />

mani eccitate di Nella un biglietto che le esprimeva<br />

eterno amore. Ma l’equilibrio di un piccolo paese in cui<br />

tutti si conoscevano per soprannome, non tardò a<br />

dileguarsi.<br />

La guerra planò all’improvviso su campi, piazze, ponti e<br />

fabbriche. Sfilò alle finestre di tutto il Polesine senza<br />

vergogna e arrivò in pieno giorno. Era luglio e i<br />

termometri superavano i 30 gradi.<br />

Tutte uscirono dalla fabbrica come mandrie senza cane<br />

da pastore, chi di qua, chi di là, ostacolandosi a<br />

vicenda il passaggio. Erano tutte terrorizzate. La guerra<br />

non si fece certo annunciare e le sirene di avvertimento<br />

rimasero mute. Nella fu sbalzata via da uno<br />

spostamento d’aria violento come un pugno in pieno<br />

stomaco. Cadde a terra e per un attimo non riuscì a<br />

respirare. Il suo primo pensiero fu per la piccola Ledda,<br />

il secondo per i familiari. Tornò a casa che era ormai<br />

buio. Aveva perduto le scarpe nei fossi. Aveva<br />

camminato scalza per 15 kilometri senza che gli sfinteri<br />

avessero retto l’incredibile spavento. Una grossa ciocca<br />

dei suoi capelli corvini era divenuta canuta,<br />

all’improvviso, e in casa tutti l’accolsero piangendo,<br />

molto preoccupati. Natale intanto, entro qualche giorno<br />

dovette subito arruolarsi e partire per il fronte. “Te<br />

scrivo, contaghe” le parole che si dissero quando il<br />

treno fischiò.<br />

La vita di Nella, ciò nonostante, continuò come prima,<br />

scandita dal tesserino e talvolta dal doppio turno.<br />

I mesi passavano tutti uguali, con la paura della morte<br />

accanto alla sua bicicletta, o sopra un ponte. Viveri e<br />

molti generi di prima necessità divennero subito<br />

introvabili.<br />

I tedeschi, tuttavia, avevano procurato copertoni nuovi,<br />

merce rara nei dintorni, per le biciclette dei dipendenti<br />

della fabbrica. Avevano poi distribuito loro una tessera<br />

di cartone sottile e bianca, ripiegata all’epicentro, con la<br />

foto del dipendente, il timbro della fabbrica e la firma<br />

dell’ufficiale tedesco: un passe par tout provvidenziale<br />

per non imbattersi nei fastidiosi controlli e, soprattutto,<br />

per scorazzare libera, per attraversare per esempio il<br />

ponte di Anguillara dove una bottega ancora un po’ di<br />

strutto sottobanco lo dava. Talvolta Nella, pur non<br />

essendo un staffetta partigiana a tutti gli effetti,<br />

regalava strutto e cuoio avariato ai partigiani nascosti<br />

nei fienili.<br />

Un giorno di luglio che era in ritardo rispetto alla tabella<br />

di marcia, corse più in fretta che potè per arrivare in<br />

tempo a timbrare il cartellino. Era fradicia di sudore, e<br />

la sua macchina era posta nel mezzo di tre porte aperte<br />

del capannone che facevano molta corrente. All’una<br />

aveva la febbre a 40 e fu ricoverata in sanatorio per<br />

pleurite secca. Aveva dolori indicibili al costato. Rimase<br />

a letto 5 mesi. Intanto Natale le scriveva: “A go segùio<br />

la ritirata e iero tra e palme al confine tra la Tunisia e<br />

Tripoli. Quando gli inglesi ci presero prigionieri ci fecero<br />

salire su dei camion tanto puzzolenti, mi iera de detrio e<br />

me respiravo lo scarico nero. Ci portarono nel campo di<br />

concentramento di Tripoli. Ma sta tranquila par mi che<br />

so sonare la tromba e ai inglesi non ghe despiase<br />

sentirme sonare. In cambio mi danno zigarette e grapa”<br />

Quando Nella si riprese, altri guai si susseguirono:<br />

Ledda era divenuta completamente schizofrenica e fu<br />

ricoverata in una clinica privata dove la riempirono di<br />

elettrochoc; mentre la cugina Maria, la sposa di Cristo,<br />

e non era un segreto per nessuno della famiglia,<br />

manifestò le stigmate e divenne indemoniata, via crucis<br />

obbligata nel suo lungo cammino di beatificazione.<br />

Solo Nella riusciva a parlarle con la semplicità di<br />

compaesana, fino a che quattro o cinque energumeni<br />

portarono Maria a forza e a fatica in manicomio. “Non è<br />

di nostra competenza <strong>–</strong> dissero gli psichiatri <strong>–</strong> qui<br />

occorre un prete. E la croce benedetta del Vescovo la<br />

salvò non senza fatica dalla possessione. Maria e Nella<br />

erano molto legate: “Di chi see ste bee gambe” chiese<br />

una volta Nella alla cugina mentre giocavano a<br />

dondolarsi su un’amaca. “Le me gambe xè de Dio, solo<br />

de Dio” le rispose la cugina. E risposte simili non erano<br />

rare: quando tutte le mattine andavano a messa, e<br />

Nella temeva di scivolare sul ghiaccio dicembrino,<br />

spesso, Maria la rassicurava raccomandando i loro piedi<br />

al Signore. Quando non badava ai numerosi fratellini e<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010 9

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