Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...
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imperscrutabile, viene spietatamente rivelata dallo<br />
specchio appeso nell’anticamera del suo salotto:<br />
Subito lo specchio cominciò a versare sopra di lei una<br />
luce che parve fissarla; parve un acido destinato a<br />
corrodere ciò che non era essenziale, ciò che era<br />
superficiale, per lasciare solo la verità […].<br />
Questa era la donna vera. Era nuda in quella luce<br />
spietata. E non c’era niente. Isabella era perfettamente<br />
vuota. Non aveva pensieri. Non aveva amici. Non<br />
teneva a nessuno. 12<br />
Il pericoloso potere rivelatore dello specchio è<br />
efficacemente sottolineato dalla frase sentenziosa che<br />
apre e chiude il racconto: «Non si dovrebbero lasciare<br />
specchi appesi nelle proprie stanze». 13<br />
Nella mitologia antica lo specchio è considerato<br />
anche simbolo di fecondazione e rinascita. Nel mito di<br />
Dioniso, ad esempio, Persefone partorisce Zegreo dopo<br />
aver guardato la propria immagine riflessa da uno<br />
specchio. In un altro mito relativo a Dioniso, il dio,<br />
sedotto dalla propria immagine riflessa da uno<br />
specchio, crea ogni cosa a propria immagine,<br />
analogamente a quanto accade in un antico racconto<br />
mitologico indiano, in cui si narra che proprio lo<br />
specchiarsi del primo essere avrebbe dato origine al<br />
mondo. Questo atteggiamento narcisistico è quindi<br />
tipico di divinità e figure mitologiche, venendo in alcuni<br />
casi attribuito anche a personaggi della tradizione<br />
ebraico- cristiana, dato che «secondo gli gnostici,<br />
Adamo avrebbe perduto la sua natura celeste perché,<br />
vistosi in uno specchio, si era innamorato di sé<br />
stesso». 14 Non a caso la regina di Biancaneve è solita<br />
contemplarsi in uno specchio: la figura del re (o, come<br />
in questo caso, della regina) acquista generalmente,<br />
nella tradizione culturale cristiana, il significato<br />
archetipico di rappresentante terreno della divinità.<br />
Proprio come le concezioni religiose collettive, il re che<br />
invecchia necessita, nella fiaba, di essere sottoposto ad<br />
un rinnovamento, cioè deve essere sostituito da un<br />
sovrano più giovane, vale a dire da un doppio positivo,<br />
che, nel caso della fiaba dei fratelli Grimm, è<br />
identificabile con la principessa Biancaneve.<br />
Come abbiamo visto nel caso del romanzo di Wilde,<br />
una valenza quasi del tutto assimilabile a quella dello<br />
specchio viene assunta, nella letteratura in generale,<br />
compresa quella scapigliata, dal ritratto. Riproducendo<br />
l’esatta immagine di chi vi viene raffigurato, il ritratto è<br />
in grado di creare il doppio, che talora può assumere<br />
vita propria e manifestare atteggiamenti persecutori nei<br />
confronti della persona reale. Il ritratto, come lo<br />
specchio, rivela il dualismo delle immagini<br />
raddoppiandole. Se, per restare in ambito scapigliato,<br />
consideriamo la novella di Camillo Boito Un corpo<br />
(1870), vediamo che in essa l’effetto perturbante è<br />
dato, oltre che dalle statue di cera, verso le quali<br />
Carlotta prova timore, e dalla mummia di un vecchio,<br />
che sembra quasi viva, anche dal ritratto di<br />
quest’ultimo, che, appeso alla parete immediatamente<br />
al di sopra della mummia, rappresenta un ulteriore<br />
doppio speculare del vecchio defunto. Allo stesso<br />
tempo, il pittore che narra la vicenda racconta di aver<br />
dipinto un ritratto di Carlotta nelle vesti di Aretusa; il<br />
quadro risulta infine talmente perfetto da acquistare<br />
quasi una vita propria, superando perfino la bellezza di<br />
Carlotta. In questo caso non si può fare a meno di<br />
pensare nuovamente alla mitologia greca ed in<br />
particolare al mito di Pigmalione, in cui l’arte si dimostra<br />
in grado di riprodurre la realtà in maniera talmente<br />
fedele da poterla sostituire.<br />
Nel racconto tarchettiano Uno spirito in un lampone,<br />
invece, osserviamo che il barone di B., dopo aver visto<br />
in uno specchio la propria immagine confondersi<br />
indistintamente con quella della donna defunta, corre a<br />
guardare il ritratto di lei, che sembra animarsi. Questo<br />
particolare trova, tra l’altro, un illustre precedente<br />
<strong>letterario</strong> nel racconto di Poe Il ritratto ovale (1842), il<br />
cui protagonista prova l’inquietante impressione che un<br />
ritratto di donna, appeso ad una parete della stanza da<br />
letto in cui si trova, stia prendendo vita.<br />
A proposito dell’importanza assunta dai ritratti e<br />
dalle altre immagini (ad esempio statue) riproducenti<br />
uno o più defunti, Bettini sostiene che:<br />
Queste rappresentazioni simboliche implicano una<br />
concezione della morte vista non come annullamento<br />
totale, è chiaro, ma come sopravvivenza debolissima,<br />
muta, di ciò che fu la vita: allorché l’assenza si esprime<br />
nella forma di una presenza parziale, e la negazione <strong>–</strong><br />
questa negazione che è così difficile pronunciare,<br />
ammettere <strong>–</strong> viene espressa attraverso l’abile artificio<br />
della sineddoche. Il defunto non è inesistenza: il<br />
defunto è essere da qualche parte, è essere non si sa<br />
dove. […] Il ritratto <strong>–</strong> in modo certo oscuro, ambiguo,<br />
forse magico <strong>–</strong> fa parte della persona. 15<br />
Il ritratto rappresenta quindi l’essenza residua di ciò che<br />
è andato perduto, ovvero la negazione della morte<br />
totale e l’affermazione di una vita parziale,<br />
analogamente al fiore e alla voce che, come abbiamo<br />
visto, restarono nel mondo dei vivi dopo la morte di<br />
Narciso e di Eco.<br />
Il tema dello specchio e del ritratto ha spesso<br />
travalicato i confini puramente letterari, estendendosi<br />
anche all’ambito cinematografico. Nel film fantastico di<br />
William Dieterle Il ritratto di Jennie (1949), il<br />
protagonista è un pittore squattrinato alla disperata<br />
ricerca di un valido soggetto da ritrarre in un quadro.<br />
Egli incontra in un parco Jennie, ossia, come scoprirà in<br />
seguito, il fantasma di una giovane donna morta una<br />
decina di anni prima. Anima gemella del pittore, ma, a<br />
causa di un errore del destino, morta prima di<br />
incontrarlo, Jennie è tornata dall’aldilà per lasciare<br />
all’amato almeno una traccia tangibile della propria<br />
presenza terrena. Egli la raffigurerà quindi in un<br />
ritratto, che, rendendola in un certo senso immortale<br />
agli occhi del mondo, donerà a lui fama e ricchezza.<br />
Nell’impossibilità di trattenere presso di sé l’amata, il<br />
pittore sostituisce la sua presenza con quella del quadro<br />
che la ritrae, vale a dire con un suo doppio speculare.<br />
Invece nel bellissimo film di Alfred Hitchcock La donna<br />
che visse due volte (1958), interamente giocato sul<br />
tema del doppio, il ritratto acquista importanza in<br />
quanto immagine di una donna morta suicida, di cui la<br />
protagonista, sua copia speculare sia per età che per<br />
aspetto fisico, dice, mentendo, di essere la pronipote e<br />
di credersi la reincarnazione. A proposito di questa<br />
particolare valenza dei ritratti, e delle immagini-<br />
76<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010