27.05.2013 Views

Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

imperscrutabile, viene spietatamente rivelata dallo<br />

specchio appeso nell’anticamera del suo salotto:<br />

Subito lo specchio cominciò a versare sopra di lei una<br />

luce che parve fissarla; parve un acido destinato a<br />

corrodere ciò che non era essenziale, ciò che era<br />

superficiale, per lasciare solo la verità […].<br />

Questa era la donna vera. Era nuda in quella luce<br />

spietata. E non c’era niente. Isabella era perfettamente<br />

vuota. Non aveva pensieri. Non aveva amici. Non<br />

teneva a nessuno. 12<br />

Il pericoloso potere rivelatore dello specchio è<br />

efficacemente sottolineato dalla frase sentenziosa che<br />

apre e chiude il racconto: «Non si dovrebbero lasciare<br />

specchi appesi nelle proprie stanze». 13<br />

Nella mitologia antica lo specchio è considerato<br />

anche simbolo di fecondazione e rinascita. Nel mito di<br />

Dioniso, ad esempio, Persefone partorisce Zegreo dopo<br />

aver guardato la propria immagine riflessa da uno<br />

specchio. In un altro mito relativo a Dioniso, il dio,<br />

sedotto dalla propria immagine riflessa da uno<br />

specchio, crea ogni cosa a propria immagine,<br />

analogamente a quanto accade in un antico racconto<br />

mitologico indiano, in cui si narra che proprio lo<br />

specchiarsi del primo essere avrebbe dato origine al<br />

mondo. Questo atteggiamento narcisistico è quindi<br />

tipico di divinità e figure mitologiche, venendo in alcuni<br />

casi attribuito anche a personaggi della tradizione<br />

ebraico- cristiana, dato che «secondo gli gnostici,<br />

Adamo avrebbe perduto la sua natura celeste perché,<br />

vistosi in uno specchio, si era innamorato di sé<br />

stesso». 14 Non a caso la regina di Biancaneve è solita<br />

contemplarsi in uno specchio: la figura del re (o, come<br />

in questo caso, della regina) acquista generalmente,<br />

nella tradizione culturale cristiana, il significato<br />

archetipico di rappresentante terreno della divinità.<br />

Proprio come le concezioni religiose collettive, il re che<br />

invecchia necessita, nella fiaba, di essere sottoposto ad<br />

un rinnovamento, cioè deve essere sostituito da un<br />

sovrano più giovane, vale a dire da un doppio positivo,<br />

che, nel caso della fiaba dei fratelli Grimm, è<br />

identificabile con la principessa Biancaneve.<br />

Come abbiamo visto nel caso del romanzo di Wilde,<br />

una valenza quasi del tutto assimilabile a quella dello<br />

specchio viene assunta, nella letteratura in generale,<br />

compresa quella scapigliata, dal ritratto. Riproducendo<br />

l’esatta immagine di chi vi viene raffigurato, il ritratto è<br />

in grado di creare il doppio, che talora può assumere<br />

vita propria e manifestare atteggiamenti persecutori nei<br />

confronti della persona reale. Il ritratto, come lo<br />

specchio, rivela il dualismo delle immagini<br />

raddoppiandole. Se, per restare in ambito scapigliato,<br />

consideriamo la novella di Camillo Boito Un corpo<br />

(1870), vediamo che in essa l’effetto perturbante è<br />

dato, oltre che dalle statue di cera, verso le quali<br />

Carlotta prova timore, e dalla mummia di un vecchio,<br />

che sembra quasi viva, anche dal ritratto di<br />

quest’ultimo, che, appeso alla parete immediatamente<br />

al di sopra della mummia, rappresenta un ulteriore<br />

doppio speculare del vecchio defunto. Allo stesso<br />

tempo, il pittore che narra la vicenda racconta di aver<br />

dipinto un ritratto di Carlotta nelle vesti di Aretusa; il<br />

quadro risulta infine talmente perfetto da acquistare<br />

quasi una vita propria, superando perfino la bellezza di<br />

Carlotta. In questo caso non si può fare a meno di<br />

pensare nuovamente alla mitologia greca ed in<br />

particolare al mito di Pigmalione, in cui l’arte si dimostra<br />

in grado di riprodurre la realtà in maniera talmente<br />

fedele da poterla sostituire.<br />

Nel racconto tarchettiano Uno spirito in un lampone,<br />

invece, osserviamo che il barone di B., dopo aver visto<br />

in uno specchio la propria immagine confondersi<br />

indistintamente con quella della donna defunta, corre a<br />

guardare il ritratto di lei, che sembra animarsi. Questo<br />

particolare trova, tra l’altro, un illustre precedente<br />

<strong>letterario</strong> nel racconto di Poe Il ritratto ovale (1842), il<br />

cui protagonista prova l’inquietante impressione che un<br />

ritratto di donna, appeso ad una parete della stanza da<br />

letto in cui si trova, stia prendendo vita.<br />

A proposito dell’importanza assunta dai ritratti e<br />

dalle altre immagini (ad esempio statue) riproducenti<br />

uno o più defunti, Bettini sostiene che:<br />

Queste rappresentazioni simboliche implicano una<br />

concezione della morte vista non come annullamento<br />

totale, è chiaro, ma come sopravvivenza debolissima,<br />

muta, di ciò che fu la vita: allorché l’assenza si esprime<br />

nella forma di una presenza parziale, e la negazione <strong>–</strong><br />

questa negazione che è così difficile pronunciare,<br />

ammettere <strong>–</strong> viene espressa attraverso l’abile artificio<br />

della sineddoche. Il defunto non è inesistenza: il<br />

defunto è essere da qualche parte, è essere non si sa<br />

dove. […] Il ritratto <strong>–</strong> in modo certo oscuro, ambiguo,<br />

forse magico <strong>–</strong> fa parte della persona. 15<br />

Il ritratto rappresenta quindi l’essenza residua di ciò che<br />

è andato perduto, ovvero la negazione della morte<br />

totale e l’affermazione di una vita parziale,<br />

analogamente al fiore e alla voce che, come abbiamo<br />

visto, restarono nel mondo dei vivi dopo la morte di<br />

Narciso e di Eco.<br />

Il tema dello specchio e del ritratto ha spesso<br />

travalicato i confini puramente letterari, estendendosi<br />

anche all’ambito cinematografico. Nel film fantastico di<br />

William Dieterle Il ritratto di Jennie (1949), il<br />

protagonista è un pittore squattrinato alla disperata<br />

ricerca di un valido soggetto da ritrarre in un quadro.<br />

Egli incontra in un parco Jennie, ossia, come scoprirà in<br />

seguito, il fantasma di una giovane donna morta una<br />

decina di anni prima. Anima gemella del pittore, ma, a<br />

causa di un errore del destino, morta prima di<br />

incontrarlo, Jennie è tornata dall’aldilà per lasciare<br />

all’amato almeno una traccia tangibile della propria<br />

presenza terrena. Egli la raffigurerà quindi in un<br />

ritratto, che, rendendola in un certo senso immortale<br />

agli occhi del mondo, donerà a lui fama e ricchezza.<br />

Nell’impossibilità di trattenere presso di sé l’amata, il<br />

pittore sostituisce la sua presenza con quella del quadro<br />

che la ritrae, vale a dire con un suo doppio speculare.<br />

Invece nel bellissimo film di Alfred Hitchcock La donna<br />

che visse due volte (1958), interamente giocato sul<br />

tema del doppio, il ritratto acquista importanza in<br />

quanto immagine di una donna morta suicida, di cui la<br />

protagonista, sua copia speculare sia per età che per<br />

aspetto fisico, dice, mentendo, di essere la pronipote e<br />

di credersi la reincarnazione. A proposito di questa<br />

particolare valenza dei ritratti, e delle immagini-<br />

76<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!