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Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

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venti mi circondò da tutte le direzioni, strapazzandomi<br />

su e giù e rallentando la mia fuga!<br />

«TI MALEDICO, O ATLANTIDEA! LADRA DEL SOLE!<br />

NEMICA DEL CIELO! IL TUO CRIMINE SARÀ PUNITO<br />

CON IL VENTO CHE LACERA E IL FULMINE CHE<br />

BRUCIA! TI MALEDICO A VAGARE PER IL MONDO IN<br />

ETERNO SENZA TROVARE MAI PACE!»<br />

La maledizione che il dio della pioggia pronunciò era<br />

nella Lingua Celeste, parlata anche dai Draghi del Vento<br />

e da alcuni Draghi delle Montagne. Davvero non la<br />

conoscete? È ora di rimediare, no, sorella? Non vorrete<br />

vivere nell’ignoranza e al momento di prendere marito<br />

farvi sottomettere dalla sua brutalità? Oh, no. Domani<br />

passeremo al vostro apprendistato, sorellina adorata.<br />

Dicevo… dagli occhi del dio una catena di fulmini<br />

saettò, mancandomi di pochissimo e facendomi rizzare<br />

tutti i capelli in testa. Ma non era finita lì. I servi più<br />

subdoli del dio della pioggia, degli invisibili ometti privi<br />

di sostanza, mi svolazzavano intorno punzecchiandomi<br />

in mille punti diversi, cercando di portarmi via il sole.<br />

Uno di loro particolarmente sveglio e cattivo c’era quasi<br />

riuscito, ma io mi strinsi il sole al grembo provocandomi<br />

questa ustione che ancora oggi puoi ammirare. Molti<br />

credono sia un tatuaggio raffigurante un disco<br />

infuocato, ma per me è il ricordo di quella avventura<br />

straordinaria, l’inizio simbolico dei miei lunghi viaggi.<br />

Il mare era molto mosso e le onde avevano raggiunto<br />

un’altezza incredibile. Sembravano tendersi verso di me<br />

per avvolgermi e mettermi al sicuro. Quando i miei<br />

piedi toccarono l’acqua, l’incantesimo di mutazione si<br />

spezzò automaticamente e tornai nelle mie sembianze<br />

originali. Alcuni omuncoli che mi erano rimasti<br />

avvinghiati, una volta sott’acqua, si trasformarono in<br />

bolle d’aria ed esplosero una volta in superficie. Sì<br />

sorellina, fate bene a sorridere. La mia poteva<br />

considerarsi una grande vittoria!<br />

Non ricordo bene il tragitto dal monte al paese. Vissi la<br />

via di ritorno come in un passaggio dal sogno al<br />

risveglio. Accade nella vita di un uomo di vivere<br />

incredibili avventure, e in questi casi la prima persona a<br />

dubitare della verità della storia è il protagonista stesso.<br />

Lasciatemi dire che io dubitai più di una volta della<br />

sirena, come vi ho ripetutamente accennato, e quella<br />

volta non poteva nemmeno considerarsi l’ultima. È<br />

come quando ti pigli una sbronza colossale qua,<br />

all’Osteria dell’Onda Infranta, e la sera ti sembra di fare<br />

chissà cosa ma il mattino dopo ti svegli sulla spiaggia<br />

dei sassolini con la bocca impastata, la testa che ti<br />

scoppia e un fiasco di vino rosso desolatamente vuoto.<br />

Rammento che in paese c’era un tumulto che manco<br />

alla festa del Santo Patrono! Stavano tutti con la testa<br />

in su come gli scemi a guardare. Tu che ridi tanto, là<br />

dietro, che non hai rispetto per gli anziani. Come ti<br />

chiami, Sergio? Beh Sergio, se non sbaglio tu sei il<br />

bisnipote di Lenzammugliata. Lo sai che a quel povero<br />

diavolo del tuo bisnonno era caduto il cappello per<br />

l’emozione? Un evento storico, nessuno ricordava<br />

l’ultima volta che era stato visto in giro senza il suo<br />

adorato cappello di paglia, il regalo di uno zio<br />

messicano, a quanto diceva lui. Secondo me neanche la<br />

moglie se lo ricordava senza quel dannato cappello, ha<br />

ha! Comunque… Un bicchiere di vino, qua, che la storia<br />

si fa interessante! Bene, bravissima. L’ho sempre detto<br />

che sei la ragazza più bella dell’isola. Non c’è bisogno di<br />

arrossire, tutti qua lo sanno. Vedi Sergio come sorride?<br />

È un bravo ragazzo, no? Vuol fare il dottore, da grande.<br />

Ma dov’ero rimasto?<br />

Allora, il cielo si era improvvisamente annuvolato e<br />

nessuno riusciva a spiegarsi perché, visto che fino a<br />

poco tempo prima non soffiava nemmeno un alito di<br />

vento e l’orizzonte era limpido che si riusciva a vedere il<br />

continente. C’erano della paranze per mare e quando il<br />

cielo sbottò a piovere, tutti noi uomini e ragazzi<br />

corremmo al porto per accendere il faro e portare<br />

soccorso se necessario. Mentre saltavo sulla mia vespa,<br />

infracigandomi d’acqua dal capo ai piedi, diedi<br />

un’occhiata al cielo: mi parve di vedere allora,<br />

illuminato dal fulgore di un lampo, il volto adirato di un<br />

gigante fra le nuvole. Lo vidi come nell’atto di gridare,<br />

ma nessuna parola venne fuori, soltanto un roboante<br />

tuono che fece esplodere finestre e bicchieri in tutta<br />

l’isola, compreso lo specchietto della mia povera vespa!<br />

In tutto questo il sole era quasi scomparso. Si era<br />

rimpicciolito a un piccolo punto luminoso, che<br />

combatteva per non spegnersi fra venti e acquazzone.<br />

Non volevo ingannarmi, ma quella piccola sagoma<br />

scura che vedevo appiccicata al sole sembrava la mia<br />

Elynn. Un attimo dopo, però, l’avevo persa di vista nel<br />

furore della tempesta.<br />

Altri erano arrivati prima di me al porto. Il vento era<br />

così forte che un altro po’ se li trascinava tutti in acqua,<br />

mentre le barche ormeggiate ondeggiavano e si<br />

urtavano fra di loro minacciando di affondare da un<br />

momento all’altro. Non si riusciva a vedere nulla a<br />

largo, mare e cielo si erano indistintamente confusi in<br />

una macchia di nero. Gridavamo i nomi dei pescatori<br />

sorpresi dalla bufera, ma invano. La sola risposta che ci<br />

tornava indietro era lo schioccare beffardo del vento sui<br />

nostri volti intirizziti dal gelo, perché improvvisamente<br />

la temperatura si era abbassata di molti gradi. Il faro<br />

era l’ultima speranza per i naufraghi, e quando lo<br />

accendemmo fu come gettare un’ancora di luce e<br />

speranza. In lontananza si intravedevano dei piccoli<br />

punti neri contro lo sfondo oscuro, tumultuoso del mare<br />

in tempesta. Sfidammo il vento, il gelo, invocando i<br />

nomi dei nostri fratelli, padri ed amici. Per noi non c’era<br />

altro da fare che sperare in un miracolo, e quella volta<br />

mi sentii così piccolo di fronte la furia scatenata,<br />

imprevedibile della natura, anche se sapevo che quella<br />

tempesta era opera del dio della pioggia.<br />

Pregavamo il mare affinché risparmiasse i nostri<br />

compagni, pregavamo a voce alta, perché il vento<br />

ululava selvaggio e impazzito e temevamo che le nostre<br />

preghiere non venissero udite. Qualcosa si mosse a<br />

largo. Sembrava che gli uomini, incuranti della forza<br />

della corrente, stessero nuotando verso la salvezza del<br />

faro. “Ma è impossibile’, ci dicevamo l’un altro,‘è<br />

impossibile nuotare con un mare così!!” La parola<br />

impossibile quel giorno aveva perso per me ogni<br />

significato. I naufraghi si stavano effettivamente<br />

avvicinando alla riva! Adesso che il fascio di luce li<br />

illuminava, distinguevamo le loro facce, sconvolte dalla<br />

stanchezza, con gli occhi semichiusi e lacrimosi di<br />

salsedine. Erano, insomma, distrutti dalla fatica,<br />

incapaci di compiere sforzi, figuriamoci di nuotare. E<br />

ciononostante avanzavano speditamente a pelo<br />

d’acqua, senza muovere né braccia né gambe, come se<br />

20<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010

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