Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...
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Una fossa comune scoperta sul campo della battaglia di<br />
Mohács<br />
assicurassero a Gritti un'influenza incrollabile. Ibraimo e<br />
il sultano pensarono di inviarlo a Vienna come<br />
«protettore dell'Ungheria» e «difensore e avvocato dei<br />
diritti del sultano» per portare a termine l'accordo con<br />
Ferdinando che andava per le lunghe. La sua persona<br />
divenne centro degli intrighi internazionali tessuti<br />
intorno alla Porta. Gli avversari degli Asburgo cercavano<br />
di guadagnare il suo intervento per far fallire il piano di<br />
Ferdinando; il papa Clemente voleva servirsi del suo<br />
aiuto per la conclusione di una pace generale.<br />
Gritti si adattava con duttilità non comune alla<br />
mentalità dei suoi vari interlocutori. Al delegato<br />
dell'imperatore propose addirittura un'alleanza<br />
antiturca; gli espose che Solimano stava concentrando<br />
le sue forze per la sua guerra persiana; quindi Carlo V<br />
ne avrebbe potuto approfittare per riconquistare la<br />
Grecia, stringendosi con la Francia e con Venezia.<br />
Proclamò la sua fede cristiana e offrì di marciare in<br />
Ungheria e soffocare con le armi la resistenza degli<br />
aderenti di re János.<br />
Nel giugno 1534 egli partì effettivamente per la<br />
Transilvania, accompagnato da un forte corpo turco,<br />
sotto il titolo di una missione affìdatagli dal sultano.<br />
Una carovana di carri e di muli carichi di sacchi pieni di<br />
denaro e di tesori d'oro e d'argento gli portava dietro<br />
tutto il suo patrimonio, quasi prevedesse di non tornare<br />
più a Costantinopoli, ma di stabilirsi definitivamente in<br />
Ungheria. I suoi fedeli cercavano inutilmente di farlo<br />
desistere dal proposito, prospettandogli l'atmosfera di<br />
ostilità ivi regnante. La venuta del «serpente» Gritti<br />
destò infatti una grande agitazione: sembrava<br />
confermare la voce diffusa che avrebbe cercato di<br />
sottrarre a re János il suo trono. Né il re s'illudeva della<br />
lealtà del suo governatore: fu pronto a sfruttare<br />
l'avversione diffusa contro Gritti e diede ordine al suo<br />
partigiano fedele Imre Czibak vescovo di Várad di<br />
organizzare la resistenza. Czibak, salito a grande<br />
autorità per la sua fama di irreprensibilità, si fece<br />
sentire pubblicamente per deplorare che il popolo<br />
magiaro si fosse ridotto schiavo del Turco e di un<br />
avventuriero italiano che si stava accaparrando le<br />
risorse del paese.<br />
Un errore fatale di Gritti fece scoppiare la tragedia.<br />
Il suo portavoce Della Valle volle dopo giustificare il suo<br />
padrone e attribuì la responsabilità al vescovo.<br />
Sosteneva nella sua biografìa che Czibak «aveva<br />
sollevato tutti i popoli di quella provincia, con pensiero<br />
quando noi fossimo in alcune montagne, di romperne e<br />
tagliarne a pezzi. Non seppe mai alcuno de nostri - egli<br />
continuava - pensarsi la causa che movesse esso<br />
vescovo a far sì triste operatione seno che spinto dalla<br />
trista natura de gl'Ongari / li quali mal volentieri<br />
veggono forestieri di sorte alcuna, ne grandi ne piccoli<br />
nel loro paese / vedesse anch'egli mal volentieri la<br />
grandezza dei Sig. Governatore...». [DKLLA VALLE, op. cit., p.<br />
38.]<br />
In realtà non fu Czibak ad attaccare Gritti, fu invece<br />
questi, irritato perché il vescovo non correva a<br />
salutarlo, a mandare nel suo campo un suo vecchio<br />
nemico János Dóczy per arrestarlo; Dóczy a sua volta,<br />
approfittando dell'opportunità, lo fece ammazzare. Con<br />
ciò il forestiero altezzoso si attirò lo sdegno vendicativo<br />
dei Transilvani. In pochi giorni diecimila uomini si<br />
schierarono sotto la bandiera di István Majlád, buon<br />
amico di Czibak, per vendicare l'assassinio. «Né mai più<br />
- scrive Giovio - natione alcuna per sua salute e per la<br />
pubblica dignità corse all'armi per difendersi<br />
dall'ingiurie, con più sollecita diligenza, con più grande<br />
empito, o con maggior prestezza». [GIOVIO, op. cit., t. II, p.<br />
<strong>14.</strong>5.]<br />
Gritti si chiuse nella fortezza di Medgyes, ma non<br />
poté resistere a lungo. Cadde nelle mani degli<br />
assedianti, i quali lo giustiziarono, sebbene li<br />
minacciasse con l'ira di Solimano. Il suo familiare Della<br />
Valle finì prigioniero del nipote di Czibak, ma con le sue<br />
suppliche riuscì ad aver salva la vita. Il signore lo<br />
qualificò ridendo un «italiano furbacchione», lo trattò<br />
bene e gli ridiede la libertà. Grazie all'intervento<br />
dell’arcivescovo di Kalocsa, egli poté finalmente<br />
rimpatriare.<br />
Il sultano non fece sentire a re Giovanni la sua<br />
disapprovazione per la morte violenta del suo favorito.<br />
È che nel frattempo anche la fortuna del grande<br />
protettore, il gran visir Ibraim era declinata: per il suo<br />
scacco in Persia era caduto in disgrazia e, secondo le<br />
tradizioni, dovette pagare con la vita. Correva voce che<br />
lo stesso destino sarebbe toccato a Gritti, fosse egli<br />
ritornato a Costantinopoli. János Szapolyai poté<br />
conservare i rottami del paese naufragato anche senza<br />
la sua ingerenza prepotente: Solimano aspettò la sua<br />
morte prima di impossessarsi effettivamente della sua<br />
conquista procurata col trionfo di Mohács.<br />
Bibliografia consultata:<br />
«Magyarország rövid története» di Hanák Péter, Gondolat,<br />
Budapest, 1986.<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010 95