Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...
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Strade sale, a me il bercio sincero.<br />
Di libagioni è mesto il pensiero<br />
E nefanda baldoria m'addolora.<br />
Temo che sia il vero:<br />
II Natale affiora.<br />
[...]<br />
<strong>–</strong> stanze da sei endecasillabi e quattro settenari<br />
variamente disposti ed assonanzati (Inno alla passione):<br />
Voglio danzar sull'onda<br />
Come un derviscio folle,<br />
Voglio seminarmi in un etere<br />
Cosparso dalle zagare,<br />
Via da plumbei confini!<br />
Via da plumbei confini!<br />
Ma l'uomo non racchiude l'infinito,<br />
E perso nel mondo e solo fra cose<br />
Mortali in un decorso<br />
D'oblio che si agita senza fondo.<br />
[...]<br />
<strong>–</strong> endecasillabi in terza rima (Il Canto a Cassano delle<br />
Murge):<br />
Colle mio, che ti levi fra distese<br />
E fra selve ti tessi isolato,<br />
Ricordi quando cielo e paese<br />
Miravamo assieme dal rado lato?<br />
Ricordi forse tuttora di quando<br />
Al vespro eravamo teco al velato<br />
Della lisa quercia e tratteggiando<br />
L'avvenire, le spemi, i miraggi<br />
A noi segreti e interrogando<br />
Sul nostro domani fievoli raggi,<br />
Scevri di malo e pueri innocenti,<br />
Disegnavam di attese retaggi,<br />
Da ombre e crepuscoli intenti,<br />
Ci tendevamo lieti e sinceri<br />
Noi, protetti da infiniti venti?<br />
[...]<br />
<strong>–</strong> endecasillabi posti in uno schema assai originale e<br />
complesso (Il canto del bombo e dell’usignolo):<br />
Sei libero da catene del ciclo?<br />
Che senso ha quest'intimo nulla?<br />
E queste viti? A che questo stame?<br />
Già la notte adagia il nero velo<br />
Stellato e si semina ostro sulla<br />
Luna che di gelo sparge le lame<br />
Dirai e posa il mondo muto e infame.<br />
IO dalla laterba sporto il pondo<br />
Laido e stanco ch'amen fa stamberga,<br />
Ma si agogna mentre in tana s'alberga<br />
Una posa di pace nel profondo<br />
Oblio della notte che ai mortali<br />
Il sonno rende e a me vita consuma,<br />
Che i rotti sospiri asconde la bruma<br />
Ed un soffio di vita fra i mali<br />
Io èmpio e i lai la nobile terra<br />
E lo scèmpio entro il seno afferra.<br />
Un sogno dall'eco di sbatter d'ali<br />
Consunto nel giorno appena dimesso,<br />
Ma fuggendo in ciel avrò sol me stesso.<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010 39<br />
[...]<br />
Il linguaggio poetico è ricercato e magnificamente<br />
<strong>letterario</strong> con eccellente senso estetico; degno di essere<br />
chiamato l’erede contemporaneo del Leopardi. Il<br />
contenuto di ciascuna composizione <strong>–</strong> con la dedicatoria<br />
inclusa <strong>–</strong> è profondo, appassionato, colto. La forma e<br />
l’espressione sono in una bell’armonia. Come nel caso<br />
del Leopardi, così anche nell’opera del giovane Latrofe<br />
si percepisce una specie di reinvenzione delle immagini<br />
per convivere l’elemento classico con lo spirito<br />
contemporaneo e adottandolo a strumento della propria<br />
ricerca filosofica.<br />
È piacevole leggere e scandire le composizioni anche<br />
ad alta voce: il suono della melodia dei versi<br />
confermano la bellezza della versificazione classica.<br />
Sono canzoni lavorate fino all’estremo che rispecchia<br />
l’alma, personalità del poeta.<br />
La citazione introduttiva di William Blache <strong>–</strong><br />
«L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’essenza<br />
stessa dell’esistenza umana» <strong>–</strong> è emblematica, è un<br />
avviso <strong>–</strong> come Maffai dice nella Prefazione <strong>–</strong> «per<br />
metterci subito in guardia, per riferirci come il giovane<br />
poeta vede le cose della vita. E in effetti Blake sintetizza<br />
la poetica di vincenzo in modo perfetto, a cominciare da<br />
L’ultimo sussulto di Francesco Petrarca fino a La mia<br />
notte».<br />
Ho la sensazione di trovare nel nostro giovane poeta<br />
l’anima gemella di Giacomo Leopardi. Percepisco nei<br />
canti di Vincenzo Latrofa <strong>–</strong> come nelle liriche del<br />
Grande Cantore di Recanati <strong>–</strong> un modo di essere<br />
classicista per l’intima corrispondenza tra il contenuto e<br />
la forma, per le immagini elette, la vaghezza del<br />
colorito, la purezza della lingua, l’armonia del verso; e<br />
nello stesso romantico per l’originalità della materia<br />
rinverdita, per il sentimento tutto personale di cui<br />
anima le sue composizioni per la realtà a cui s’ispira,<br />
per la semplicità e la naturalezza a cui si attiene. E se<br />
ricordiamo anche la vita del Leopardi, pure nella vita del<br />
nostro Latrofa di grande talento troviamo circostanze<br />
simili: basti pensare l’approccio di entrambi i due poeti<br />
alla lettura, alla letteratura, all’arte poetica, alla cultura<br />
in generale.<br />
Concordo perfettamente con le affermazioni di Dante<br />
Maffia, espresse nella Presentazione: «Vincenzo Latrofa<br />
è uno dei rarissimi giovani che sanno ancora costruire il<br />
verso, che conoscono la metrica, la stilistica e l'estetica.<br />
Infatti ogni composizione si avvale di strutture organizzate,<br />
curate nei minimi dettagli, e il risultato è una<br />
compostezza che rasenta la perfezione, che si<br />
contrappone allo straordinario impeto passionale ed<br />
emotivo delle poesie, con la rara capacità di far nascere<br />
nel lettore emozioni e sensazioni tramite una fusione<br />
perfetta di immagini e di pensiero. Si avverte subito che<br />
Vincenzo non è un improvvisatore, che ha studiato con<br />
voracità i classici, che se ne è abbeverato e ne ha tratto<br />
linfa per proporre un suo mondo personale e originale<br />
che non accetta lo sbracamento attuale e si rifà agli