Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...
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compiere lo stesso percorso e andare contro il tempo<br />
convenzionale?<br />
La scienza dice no. Il tempo passato è passato, il<br />
presente è adesso, il futuro non esiste è ipotetico; una<br />
realtà non avvenuta e ancora in potenza. Nel frattempo<br />
i fisici moderni hanno fatto molti progressi e sembra<br />
attuale il momento di rimettere in discussione le<br />
concezioni del passato fra materia, mente e spirito.<br />
Questo universo oltre alla sua natura misteriosa,<br />
avrebbe altre particolarità sconvolgenti. Secondo Bohm<br />
(Fisico dell’Università di Londra), oltre agli atomi, anche<br />
il percorso delle particelle subatomiche mostrerebbe un<br />
livello di realtà del quale siamo inconsapevoli. La loro<br />
separazione parrebbe apparente e questo potrebbe<br />
significare che ad un livello ancora più profondo tutte le<br />
cose siano collegate infinitamente e gli elettroni di un<br />
atomo di carbonio del cervello umano, potrebbero<br />
essere connesse con le particelle subatomiche di un<br />
pesce che nuota, di un cuore che batte, di un astro che<br />
brilla in cielo. Tutto compenetra tutto e la natura è<br />
un'immensa rete collegata. Nell’infinitamente piccolo,<br />
l’atomo si rompe insieme a tutte le particelle che lo<br />
compongono. Le particelle subatomiche incontrandosi<br />
ad alta energia spariscono senza un perché, altre,<br />
appaiono senza un senso logico (Premio Nobel Rubbia).<br />
Nel mondo sconosciuto l’infinitamente piccolo diventa<br />
immenso. E’ sorprendente scoprire che nell’ aria ci sono<br />
milioni di miliardi di miliardi di atomi. La mente umana<br />
si confonde, come quando con il naso all’insù e lo<br />
sguardo incollato al cielo cerchiamo di contare i miliardi<br />
di stelle. Davanti a quel cielo noi esseri umani siamo il<br />
nulla, eppure all’infinitesimo, le particelle atomiche e<br />
subatomiche che lo compongono è infinitamente<br />
grande. In un battito di cuore milioni di miliardi di<br />
miliardi di atomi diffondono la loro energia che<br />
nell’uomo si trasformerà in vita e pensiero. In un cielo<br />
puntellato di stelle che sembrano tutte uguali, come<br />
immagini di mondi lontani e sconosciuti, troviamo<br />
l’atomo del carbonio, dell’azoto, dell’idrogeno,<br />
dell’ossigeno. L’atomo, nelle sostanze viventi è<br />
alimento, zucchero nella frutta ingerita dall’uomo,<br />
fluisce nel suo sangue fino a raggiungere la cellula<br />
nervosa e si trasformerà in pensiero in un lontano<br />
ricordo, oppure, uscirà dai nostri polmoni di nuovo<br />
libero nell’aria mentre respiriamo. Viviamo dell’energia<br />
del sole, continuamente trapassati dalla sua luce,<br />
sfiorati dalla sua energia come i microrganismi, la<br />
formica, il leone e l’elefante. La natura, immersa nelle<br />
sue tante elaborazioni ci stupisce in silenzio e sotto la<br />
diretta complicità della luce degli atomi compie le sue<br />
trasformazioni, non esclude l’uomo; un curioso<br />
individuo con un’anima che si muove su un insieme di<br />
miliardi di miliardi di atomi che allineati in modo unico<br />
ed irripetibile mettono in moto la sua fantasia ed il suo<br />
pensiero. L’uomo in futuro farà ancora molte scoperte e<br />
chissà se mai attraverserà l’antro della conoscenza<br />
totale di ogni cosa mentre si muove nel mondo tra<br />
l’arte, la scienza, la cultura e la fede.<br />
Carina Spurio<br />
- Teramo -<br />
LIBRETTI II.<br />
La maga Circe<br />
È definita “farsa in un atto”<br />
l’anonimo libretto musicato da<br />
Pasquale Anfossi nel 1788 con titolo<br />
“La maga Circe”. Il compositore<br />
fece di questa breve opera un<br />
capolavoro. Gli ingredienti della<br />
commedia tradizionale ci sono tutti, ma la mescolanza<br />
dei temi (il mito con la quotidianità) e dei personaggi<br />
(la “seria” maga tragica e misteriosa Circe e la “buffa”<br />
serva scaltra e innamorata Lindora) fa dello spartito di<br />
Anfossi (1727-1797) un discreto “rivale” del teatro di<br />
Mozart, in quegli anni alle prese con il ben più<br />
complesso “Don Giovanni”. Il finale è lieto: la magia è<br />
sconfitta, e il “naturale” vince sul “sovrannaturale”. Fa<br />
sorridere, non ridere: sui personaggi da opera buffa<br />
s’innalza Circe, corpo estraneo, drammatico, complesso,<br />
antico e moderno al contempo. Questa è la vicenda<br />
descritta nel libretto. In un “luogo orrido e sassoso, con<br />
monte in lontano, e il mare a parte” giungono Circe e la<br />
sua piccola corte: la cameriera Lindora e il servo<br />
Brunoro. “Ah perché mai signora / volete qui restar?”<br />
chiedono i due sottoposti, incapaci di trovare uno<br />
scorcio di bellezza in tale luogo. Circe non si scompone:<br />
“Qui troverò riposo, / o fidi miei, tacete: / la mia virtù<br />
vedrete; / vedrete il mio poter”. Infatti, agitando la<br />
bacchetta magica e invocando gli “Spirti dell’Erebo” si<br />
avverte un intenso tremore e il sito si trasforma in un<br />
paradiso terrestre, tanto che i tre lo paragonano alla<br />
“sede del Dio d’amor”. Notevole, nel linguaggio, è la<br />
separazione tra i censi: Circe, la donna del mito, usa<br />
spesso una terminologia mitologica. Gli altri due,<br />
persone semplici, parlano semplice e schietto. Brunoro,<br />
dopo l’incantesimo, durante la reazione stupita della<br />
cameriera, mormora che “ha gran dimestichezza co’<br />
diavoli costei”. E quando chiedono alla maga dove sono<br />
ed ella risponde “in Italia”, Brunoro commenta: “Non so<br />
che bestia sia”. Maliziosa, però, è l’osservazione della<br />
pungente Lindora: “E voi, avvezzata al gran mondo, /<br />
padroncina, potrete / viver sola con noi, senza gli<br />
amanti?”. Circe lo sa: “ne verranno tanti” e poi “vedrai /<br />
cara Lindora mia, / un infinito numero di servi / pronti<br />
in nostra difesa”. Nella seconda scena Lindora e<br />
Brunoro, soli, si confidano quanto sarebbe bello<br />
piantare in asso la padrona, la “strega” come osa dire<br />
lui. Hanno paura di “esser trasformati in lupo o in<br />
gatto”, quindi il coraggio, almeno ora, scarseggia. E qui<br />
Lindora dà il meglio di sé: la magia? Tutte bazzecole.<br />
Con piglio disincantato e illuminista, la cameriera<br />
sveglia spiega, nella prima aria, qual è l’unica magia<br />
che funzioni: “Quasi in tutte le ragazze naturale e la<br />
magia: / lo diceva mamma mia ch’era piena di bontà. /<br />
Mi diceva che i nostri occhi / vibran dardi più di mille; /<br />
che sono maghe le pupille e che maga è la beltà. / Io<br />
modesta gli occhi abbasso, / ma guardar non sono<br />
audace / ma se incontro chi mi piace / vo’ incantarlo,<br />
come va”. Tale è il preludio all’ingresso di due nuovi<br />
personaggi, due viaggiatori: il Barone di Nocesecca,<br />
napoletano, e Monsieur Petit, francese. Approdati<br />
nell’isola, i due si stupiscono di quanto sia bella. Ma se<br />
per Petit “il sito è assai giocondo / e amabile e<br />
sciarmante e saporito”, per il Barone, preoccupato di<br />
OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010 87