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Osservatorio letterario ANNO 14. – NN. 73/74 MARZ.-APR./MAGG ...

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sloveni, croati e bosniaci non erano incoraggiati ad<br />

occuparsi del passato absburgico, se non<br />

deterministicamente, essendo il fine teleologico<br />

dell'interpretazione storica la costruzione dello Stato<br />

degli slavi del sud. I ruteni subcarpatici e gli ucraini<br />

della Galizia, ai quali fu a lungo negata<br />

l'autodeterminazione nazionale a vantaggio di polacchi<br />

e russi, hanno messo mano all'opera di studio<br />

dell'esperienza absburgica dalla loro indipendenza,<br />

acquisita nei primi anni Novanta del XX secolo.<br />

Che dire poi dei polacchi e dei cechi? I primi,<br />

malgrado nel regno di Galizia-Lodimiria avessero<br />

goduto di ampia autonomia e del dominio sulle masse<br />

di contadini ucraini, non potevano non applaudire alla<br />

fine della Monarchia che aveva contribuito alle<br />

spartizioni settecentesche del loro paese. La<br />

dissoluzione della Duplice Monarchia era stata anche<br />

determinante per la costruzione del nuovo Stato<br />

polacco nel 1919-20: anche se dai polacchi 'absburgici'<br />

era giunto un contributo importante per la rifondazione<br />

della Polonia indipendente, le rivolte dei connazionali<br />

sottoposti al potere zarista nel XIX secolo hanno<br />

imposto il primato storiografico della 'questione polacca'<br />

nella Polonia russa, ponendo nettamente in secondo<br />

piano l'esperienza della Galizia absburgica. I cechi, o<br />

perlomeno la parte più significativa della loro<br />

intellettualità politica in esilio durante gli anni della<br />

Grande Guerra, riunita attorno alla figura carismatica di<br />

Tomáš Garrigue Masaryk, avevano fortemente voluto la<br />

fine della Monarchia degli Absburgo, preludio della<br />

sospirata indipendenza nazionale. La loro storiografia<br />

tra le due guerre e nel periodo comunista dal 1948 alla<br />

'rivoluzione sul velluto' del 1989 non era interessata a<br />

considerare più obiettivamente quella che agli occhi<br />

della cultura nazionale era stata una dominazione<br />

straniera.<br />

Gli slovacchi, che avevano subito il peso di una<br />

costante pressione magiarizzatrice dal 1867 al 1918,<br />

non si trovarono in condizioni diverse dai loro partner<br />

cechi, anche perché la difesa dell'identità nazionale<br />

nello Stato cecoslovacco assunse valore prioritario<br />

rispetto ad una ricostruzione meno manichea della loro<br />

esperienza nel contesto statuale ungherese.<br />

Per i romeni di Transilvania e della parte di Banato<br />

assegnata alla Romania dal trattato di pace del Trianon<br />

(N.d.R.: 4 giugno 1920), il passato absburgico e l'epoca<br />

dualista ungherese sono stati oggetto di studio<br />

condizionato dal nazionalismo, prima nel periodo tra le<br />

due guerre, poi sotto la dittatura comunista e<br />

nazionalista di Nicolae Ceauçescu: soltanto dopo la<br />

rivoluzione del dicembre 1989 e la caduta del<br />

comunismo gli storici di nuova generazione hanno<br />

cominciato a rivedere i dogmi del recente passato.<br />

In Ungheria le ricerche sul lungo rapporto del paese<br />

con gli Absburgo hanno fatto passi da gigante già in<br />

epoca comunista, dopo la rivoluzione del 1956 e<br />

l'attenuarsi del clima di repressione politica che seguì<br />

l'ottobre ungherese, abbandonando il vittimismo e la<br />

retorica anti-absburgica che avevano contraddistinto<br />

l'elaborazione della memoria sul tema dal 1918. Il vero<br />

ostacolo alla diffusione dei risultati della ricerca è stato<br />

in parte la cortina di ferro, in parte la lingua, che solo<br />

una manciata di studiosi di fama del mondo occidentale<br />

poteva dire di conoscere bene fino al 1989.<br />

Se si prescinde da pochi studi seri e da molta<br />

nostalgia filoabsburgica nei territori dell'ex Litorale<br />

austriaco e ungherese, nemmeno in Italia la Monarchia<br />

degli Absburgo è stata studiata approfonditamente, fino<br />

all'equivoco di estendere arbitrariamente la nozione di<br />

'Austria' a comprendere anche l'Ungheria storica. La<br />

conoscenza della complessa realtà ungherese nella<br />

Monarchia è a lungo dipesa dalle poche monografie<br />

disponibili di produzione occidentale, soprattutto dai<br />

lavori di A. May e C. A. Macartney, soltanto il secondo<br />

dei quali dominava le fonti in lingua magiara. Per gli<br />

italiani l'Austria rimaneva il grande nemico del<br />

Risorgimento, ma la storiografia nazionale ha trovato<br />

molto più stimolante occuparsi dei grandi problemi della<br />

costruzione dell'unità d'Italia e del suo seguito, e non<br />

ha affrontato comparativamente lo studio dell'Austria<br />

imperiale, anche per la relativamente scarsa<br />

conoscenza delle fonti in lingua tedesca: un ostacolo<br />

che non condiziona le giovani leve di ricercatori e<br />

studiosi del nostro tempo.<br />

Lo scrivente ha dedicato alla fine dell'Austria-<br />

Ungheria un proprio contributo, per rigettare ogni teoria<br />

di estinzione predeterminata o di condanna 'storica'<br />

della Monarchia.<br />

Antonio Sciacovelli chiude la rassegna di saggi sulla<br />

fine della Monarchia absburgica con la letteratura,<br />

offrendo all'attenzione del lettore Harmonia Caelestis di<br />

Péter Esterházy. Il romanzo ungherese dell'antinostalgia<br />

austro-ungarica viene proposto nello stile brillante che è<br />

congeniale all'autore quale contrappeso ideale al<br />

lamento rievocativo e assolutorio che ha accompagnato<br />

la letteratura sull'argomento nei paesi successori della<br />

Monarchia a partire dai giorni stessi della sua fine.<br />

In conclusione i contributi che trovano spazio nel<br />

volume rappresentano qualcosa di più del semplice<br />

partecipare dei loro autori alla stesura degli atti delle<br />

due giornate triestine di convegno e studio organizzate<br />

dall'Associazione culturale italo-ungherese del Friuli<br />

Venezia Giulia «Pier Paolo Vergerio»: si aprono invece<br />

alla ricerca storica e letteraria, per rivedere dove<br />

opportuno le interpretazioni del passato e portare alla<br />

ribalta della discussione culturale temi e problemi a<br />

lungo dimenticati. Lungi dall'essere canti nostalgici nei<br />

confronti della Monarchia degli Absburgo, si collocano<br />

in stretta relazione con lo spazio geopolitico che si suole<br />

ancora, anche se impropriamente, definire della<br />

Mitteleuropa, alla quale non possono non afferire la<br />

stessa Italia, i paesi balcanici e la Russia, per la fitta<br />

trama di rapporti storici che all'Europa centrale li ha<br />

tenuti avvinti. (Dalla Prefazione/Un lungo secolo breve -<br />

L’Ottocento europeo 1848-1918 di Gianluca Volpi)<br />

Link correlati: Adriano Papo presenta Ungheria Contemporanea<br />

parte 1-10 (http://www.youtube.com/watch?v=aI0MbNt19Bc )<br />

“IL TERRORISMO” di Antonella Colonna Vilasi<br />

Il 10 febbraio ed il 5 marzo il libro è stato presentato in<br />

Campania, rispettivamente a Salerno e a Napoli, mentre<br />

il 27 febbraio è stata la volta della Calabria con un<br />

primo appuntamento a Catanzaro.<br />

52<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> XIV <strong>–</strong> <strong>NN</strong>. <strong>73</strong>/<strong>74</strong> <strong>MARZ</strong>.-<strong>APR</strong>./<strong>MAGG</strong>.-GIU. 2010

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