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80 Margaret Atwood - Il Racconto Dell_Ancella (Ita Libro)

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certi limiti, naturalmente».<br />

Non dice altro per un po', e neppure io. È una scommessa, a chi riesce a<br />

tacere più a lungo.<br />

Cedo io, per prima. «Forse potresti spiegarmi una cosa che non sono riuscita<br />

a capire».<br />

«Che cosa può essere?» chiede, interessato.<br />

Sto entrando in una zona pericolosa, ma non riesco a fermarmi.<br />

«È una frase che ho visto da qualche parte». Meglio non dire dove.<br />

«Credo che sia in latino, e ho pensato che forse...» So che lui ha un dizionario<br />

latino. Ha dizionari di diversi tipi, sull'ultimo scaffale a sinistra del<br />

camino.<br />

«Ti ascolto». È tranquillo, ma vigile, o sono io a immaginarlo?<br />

«Nolite te bastardes carborundorum» dico.<br />

«Come?»<br />

Non l'ho pronunciata correttamente, non ne sono capace. «Potrei ripeterla<br />

lettera per lettera» dico. «O metterla per scritto».<br />

Esita. Non ho mai preso in mano una penna o una matita, in questa stanza,<br />

nemmeno per sommare i punti dello Scarabeo. «Le donne non sanno<br />

l'aritmetica» aveva osservato una volta, scherzosamente. Quando gli avevo<br />

chiesto che cosa voleva dire, mi aveva risposto: «Per loro, uno più uno più<br />

uno più uno non è uguale a quattro».<br />

«E a che cosa è uguale?» Mi ero aspettata che dicesse cinque o tre.<br />

«Semplicemente a uno più uno più uno più uno» aveva detto.<br />

Ma adesso dice: «Va bene» e mi porge la sua penna a sfera attraverso la<br />

scrivania, quasi come ad accettare una sfida. Mi guardo attorno in cerca di<br />

qualcosa su cui scrivere e lui mi dà il blocchetto per segnare i punti dello<br />

Scarabeo, un blocchetto da tavolo con una faccina tonda che sorride stampata<br />

in cima al foglietto. Si fanno ancora oggetti come questo.<br />

Scrivo con attenzione la frase in stampatello, così come mi è rimasta<br />

impressa nella testa, da quando l'ho letta, nell'armadio. Nolite te bastardes<br />

carborundorum. Qui, in questo contesto, non è né preghiera, né comando,<br />

ma un triste graffito, scarabocchiato tempo addietro, abbandonato. La penna<br />

tra le mie dita si anima, diventa quasi viva, ne sento la forza, sento la<br />

forza delle parole che contiene. La penna è invidia, diceva Zia Lydia, citando<br />

il motto di un altro Centro, per ammonirci a stare lontane da simili<br />

oggetti. E aveva ragione, è invidia. <strong>Il</strong> solo tenerla in mano è invidia. Invidio<br />

al Comandante la sua penna. È un'altra cosa in più che mi piacerebbe<br />

rubare. <strong>Il</strong> Comandante mi prende la pagina di mano e la guarda. Poi co-

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