80 Margaret Atwood - Il Racconto Dell_Ancella (Ita Libro)
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ustionato.<br />
Abbasso gli occhi, le passo silenziosamente accanto, sperando di essere<br />
invisibile, sapendo che verrò ignorata. Ma questa volta mi sono sbagliata.<br />
«Difred!»<br />
Mi fermo, incerta.<br />
«Sì, tu».<br />
Volto la testa verso di lei e la guardo, gli occhi seminascosti dalle alette<br />
bianche.<br />
«Vieni, ho bisogno di te».<br />
Cammino sull'erba e mi fermo lì davanti a lei, con gli occhi bassi.<br />
«Siediti. Ecco, prendi il cuscino. Tienimi la matassa». Ha in mano una<br />
sigaretta, il portacenere è sull'erba accanto a lei, insieme a una tazza di<br />
qualcosa, tè o caffè. «Maledizione, c'è un'aria soffocante lì dentro. Si sente<br />
il bisogno di stare un po' all'aperto» dice. Mi siedo, poso il paniere dove<br />
anche oggi ci sono fragole e pollo, e prendo mentalmente nota dell'imprecazione.<br />
È una novità. Serena dispone la matassa di lana sulle mie mani e<br />
comincia a dipanarla. Sono al guinzaglio, ammanettata, o meglio presa<br />
nella ragnatela. La lana è grigia e ha assorbito l'umidità dall'aria, è come la<br />
coperta di un bambino che si è bagnata e odora un po' di pecora umida.<br />
Almeno mi si ungeranno le mani di lanolina.<br />
Serena dipana la matassa, tiene a un angolo della bocca la sigaretta, che<br />
brucia lentamente in una nuvola di fumo tentatore. Dipana adagio e con<br />
difficoltà, perché l'artrite le va deformando le mani, ma ci mette una certa<br />
ostinazione, forse lavorare a maglia le richiede uno sforzo di volontà; forse<br />
le fa perfino male alle dita. Forse le è stato prescritto dal medico: dieci ferri<br />
al giorno a punto dritto, dieci a punto rovescio. Ma lei ne fa ben di più.<br />
Vedo quegli intarsi di alberi sempreverdi e di ragazzi e ragazze dalle sagome<br />
geometriche, in una luce diversa, come una testimonianza della sua<br />
testardaggine, che non va disprezzata.<br />
Mia madre non lavorava a maglia, non le piacevano le occupazioni<br />
femminili, ma ogni volta che tornava con qualcosa dalla tintoria, le sue<br />
camicette migliori, gli abiti invernali, metteva da parte le spille da balia e<br />
ne faceva una catena che poi appendeva da qualche parte, al letto, al cuscino,<br />
allo schienale di una poltrona, a un guanto da cucina, per non perderle.<br />
Poi se ne dimenticava e io le trovavo qua e là per la casa, per le case; tracce<br />
inconfondibili della sua presenza, resti di qualche intenzione perduta,<br />
come segnali lungo una strada che alla fine non porta da nessuna parte.