80 Margaret Atwood - Il Racconto Dell_Ancella (Ita Libro)
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lanciate; hanno il capo scoperto, e i capelli mostrano tutta la loro cupa sessualità.<br />
Portano un rossetto color carminio, che sottolinea le umide cavità<br />
della bocca, come gli scarabocchi sulle pareti dei gabinetti nel tempo addietro.<br />
Smetto di camminare. Diglen si ferma, accanto a me, e so che neanche<br />
lei riesce a distogliere gli occhi da quelle donne. Siamo affascinate, ma anche<br />
disgustate. Paiono svestite. Ci è voluto poco tempo per mutare parere,<br />
su cose come queste. Poi penso: anch'io mi vestivo così. Così era la libertà.<br />
Si chiamava moda occidentale.<br />
I turisti giapponesi vengono verso di noi, cinguettanti, e noi distogliamo<br />
il capo troppo tardi: ci hanno viste in faccia. C'è un interprete, nel suo abito<br />
blu, con la cravatta a disegni rossi e la spilla. Si fa avanti, fuori dal gruppo,<br />
e ci blocca la strada. I turisti fanno capannello dietro di lui: uno di loro alza<br />
la macchina fotografica.<br />
«Scusatemi» dice l'interprete rivolto a noi due, abbastanza educatamente.<br />
«Stanno chiedendo se possono fotografarvi».<br />
Guardo in basso il marciapiede, scuoto il capo per dire No. Loro non devono<br />
vedere altro che le alette bianche, un tratto del viso, il mento e parte<br />
della bocca. Gli occhi no. Mi trattengo dal guardare l'interprete, perché si<br />
dice che quasi tutti facciano parte degli Occhi. Mi trattengo anche dal rispondere<br />
Sì. La modestia è nell'invisibilità, diceva Zia Lydia. Non scordatelo.<br />
Essere viste, viste (la voce le tremava), è essere penetrate. Voi ragazze,<br />
dovete essere impenetrabili.<br />
Ci chiamava ragazze.<br />
Accanto a me, anche Diglen sta in silenzio. Si è infilata le mani rossoguantate<br />
dentro le maniche, per nasconderle.<br />
L'interprete si volta verso il gruppo dei giapponesi, parla con loro scandendo<br />
le parole. So quello che dirà, l'ho già sentito altre volte. Dirà loro<br />
che qui le donne hanno costumi diversi, che fissarle attraverso le lenti di<br />
una macchina fotografica equivarrebbe per loro a un atto di violenza.<br />
Guardo in basso, sul marciapiede, attratta dai piedi delle donne. Una indossa<br />
sandali aperti in punta, ha le unghie dipinte di rosa. Ricordo l'odore<br />
dello smalto, che si arricciava quando ci si dava la seconda mano troppo<br />
presto, la pressione del collant liscio e aderente sulla pelle, la sensazione<br />
delle dita dei piedi spinte verso l'apertura dei sandali da tutto il peso del<br />
corpo. La donna con le unghie smaltate si appoggia prima su un piede poi<br />
sull'altro. Vorrei mettermi quei sandali, me li sento addosso. L'odore dello<br />
smalto dalle unghie mi ha dato una sensazione di avidità.