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Programma - Regione Emilia-Romagna

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Fukushima, l’Europa stenta a ritrovare la strada della crescita ed anzi rallenta e sta ricadendo<br />

nella recessione, sia pure in misura diversa da paese a paese.<br />

I vantaggi della moneta unica sono stati messi a dura prova dalla mancanza di una comune<br />

politica fiscale e di bilancio. Gli squilibri interni non sono stati superati e la crisi ha anzi<br />

accentuato le derive nazionaliste. Le politiche intergovernative hanno preso il sopravvento<br />

sulla politica della Commissione e del Parlamento. In breve, i paesi europei hanno finora<br />

risposto alla crisi con meno Europa invece che con più Europa.<br />

Nei principali Governi e nell’opinione pubblica stenta a farsi strada la consapevolezza che le<br />

economie avanzate sono immerse in una crisi strutturale e non congiunturale e che non<br />

basterà mettere in ordine i conti pubblici e riaffidarsi alla spontaneità dei mercati per aprire<br />

una nuova e duratura fase di tranquillità e di benessere. Tantomeno basterà chiudersi dentro<br />

i propri confini.<br />

La maggiore libertà di circolazione delle merci, delle persone e soprattutto dei capitali, che<br />

caratterizza la cosiddetta globalizzazione, ha permesso a grandi nazioni, come la Cina,<br />

l’India, il Brasile, la Turchia e la Russia, e ad altre economie sparse in tutti i continenti di<br />

entrare da protagoniste nella economia mondiale.<br />

La stessa frequente evoluzione degli acronimi – prima BRICS, poi BRICST, ora MICT… fra<br />

un po’ vedremo – segnala la profondità e la velocità delle trasformazioni, che fanno smottare<br />

vecchie consuetudini e certezze e sottopongono a forti tensioni i nostri equilibri economici e<br />

sociali.<br />

Si sono aperti nuovi mercati di sbocco per le merci prodotte in occidente, ma al tempo stesso<br />

è aumentata la concorrenza imperniata sulla minore incidenza dei costi del lavoro e della<br />

protezione sociale sulle produzioni di massa. Non solo: i paesi emergenti investono<br />

massicciamente per uscire dalla dipendenza tecnologica e sono proiettati verso le nuove<br />

frontiere della scienza e della tecnologia.<br />

La finanza si è via via staccata dall’economia reale. E se si può dire che il mercato ha in<br />

genere la vista corta, la finanza ha dimostrato di sicuro di averla cortissima. Non è ai mercati<br />

finanziari che si possono affidare le valutazioni strategiche sulle future trasformazioni<br />

economiche.<br />

La distribuzione dei redditi è peggiorata a danno delle classi medie e ciò ha inciso e sta<br />

incidendo sia sulla quota dei consumi della domanda aggregata sia sul livello dei risparmi.<br />

Negli Sati Uniti il calo dei redditi delle classi medie è stato surrogato, con gli effetti che si<br />

sono visti, dall’indebitamento privato. In Europa ha portato ad una erosione dei risparmi delle<br />

famiglie, ad un appesantimento della spesa sociale e al peggioramento delle condizioni fiscali<br />

del suo finanziamento.<br />

Tuttavia l’esplosione del debito pubblico nei principali paesi europei non si può imputare al<br />

costo del welfare. In Irlanda e Spagna e Gran Bretagna è stata provocata dai costi del<br />

salvataggio degli istituti di credito. In Grecia il credito estero ha finanziato le importazioni dagli<br />

altri paesi europei. In Italia il debito è figlio delle distorsioni corporative del welfare, di politiche<br />

populiste, di inefficienze della pubblica amministrazione e di un livello di evasione fiscale e<br />

contributiva nettamente superiore alla media della zona euro.<br />

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