Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta
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Guittone demistifichi la finzione cortese <strong>di</strong>mostrando come essa sia soltanto un tenue velo che cela<br />
il desiderio del possesso fisico. Nel ‘canzoniere’ suddetto, il lessico e lo stile della cortesia sono<br />
contraddetti dai toni spicci dell’autore-personaggio, che nel suo corteggiamento mira ad una cosa<br />
sola: «Ca, per averti a tutto meo desire, / non t’ameria un giorno per amore; / ma chesta t’ò<br />
volendoti covrire» (‘Non ti amerei neanche un giorno <strong>di</strong> vero amore, anche a patto che poi potessi<br />
<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> te a mio piacimento: volevo solo portarti a letto’).<br />
[Il ‘manuale del libertino’] In un più breve ciclo <strong>di</strong> sonetti guittoniano cade anche l’ultima<br />
finzione, e l’ideologia cortese (il paradosso della lontananza, del desiderio necessariamente<br />
insod<strong>di</strong>sfatto, ecc.) viene capovolta in quella che è stata definita un’ars aman<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>calmente antiidealista,<br />
ovvero un ‘manuale del libertino’. In 24 sonetti, Guittone percorre l’intera trafila del<br />
corteggiamento: si cominci col guadagnare la fiducia della donna attraverso un conoscente comune<br />
(«faccia che conto de la donna sia | o vero d’omo alcun <strong>di</strong> suo legnaggio»); le si scriva lodandola<br />
per la bellezza del suo corpo e del suo animo; si sfruttino abilmente le assenze del marito e dei<br />
familiari; si arriverà finalmente, attraverso menzogne, simulazioni e lusinghe, allo scopo che ogni<br />
amante si prefigge: il possesso dell’oggetto amato, la sod<strong>di</strong>sfazione sessuale.<br />
[Le rime morali e religiose] Dopo i primi anni Sessanta, resta ferma la polemica anticortese<br />
ma cambiano le motivazioni. Nel 1265 Guittone entra nell’Or<strong>di</strong>ne dei Cavalieri <strong>di</strong> Santa Maria,<br />
detti Frati Godenti: un or<strong>di</strong>ne ‘mondano’ al quale era possibile accedere anche se maritati, e senza<br />
abbracciare la vita claustrale. Una simile scelta <strong>di</strong> vita sarà stata preceduta d<strong>alla</strong> ‘conversione’ a un<br />
cristianesimo più rigido e più me<strong>di</strong>tato, perciò anche, presumibilmente, d<strong>alla</strong> rinuncia <strong>alla</strong> poesia<br />
d’amore. Ma mentre per molti intellettuali del tempo - per esempio per molti trovatori ‘convertiti’<br />
<strong>alla</strong> fine della giovinezza - l’entrata in convento significava la <strong>morte</strong> all’arte, il silenzio poetico,<br />
Guittone continua a scrivere cambiando maniera. Con la canzone su Montaperti egli aveva fondato,<br />
qualche tempo prima, una tra<strong>di</strong>zione poetica civile che rappresenterà a lungo, per i nostri autori, un<br />
valido modello alternativo al ‘canto per amore’. La ‘seconda maniera’, quella successiva <strong>alla</strong><br />
conversione, è connotata in senso cristiano: le forme metriche della lirica laica (sonetto e canzone)<br />
vengono usate come veicoli per contenuti etico-religiosi. Nascono così le gran<strong>di</strong> canzoni ascetiche<br />
(Onne vogliosa d’omo infermitate, che esorta a vincere le tentazioni della carne; O cari frati miei,<br />
con malamente, ai confratelli sul peccato e la grazia) e militanti (Altra fiata aggio già, donne,<br />
parlato - lunga esortazione alle donne perché si conservino caste e virtuose); e nascono testi<br />
dall’ancora più forte coloritura cristiana: le lau<strong>di</strong>.<br />
[Lo stile e la metrica] Si deve soprattutto a Guittone, al suo esempio, la vena sperimentale<br />
che percorre, nel settore dello stile e in quello della metrica, la poesia toscana della seconda metà<br />
del Duecento. Nel dettaglio: la grande varietà delle forme assunte d<strong>alla</strong> canzone e dal sonetto (la<br />
canzone allungata sino a raggiungere le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un piccolo trattato in versi, e complicata nello<br />
schema metrico e nel tracciato delle rime; il sonetto spesso mo<strong>di</strong>ficato rispetto al suo schema<br />
originario con l’aggiunta <strong>di</strong> farciture o code); la proliferazione <strong>di</strong> forme metriche ibride o<br />
eccentriche che verranno abbandonate già dagli autori della generazione successiva; l’adozione <strong>di</strong><br />
un linguaggio volutamente complesso, allusivo e - il riferimento è al trobar clus provenzale -<br />
‘chiuso’, che ci appare tanto più inaspettato in quanto si associa a contenuti, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong><br />
interesse pubblico come la politica e la morale, e dunque si rivolge, almeno in teoria, ad un più<br />
ampio bacino <strong>di</strong> lettori.<br />
[‘Macrotesti’] Alla complessità del <strong>di</strong>scorso morale occorrono spazi <strong>di</strong>latati. Oltre ad<br />
ampliare le <strong>di</strong>mensioni delle canzoni e dei sonetti, Guittone inventa così il ‘macrotesto’ composto<br />
da sonetti. Se bisogna portare in poesia temi come la morale e la fede, allora conviene imitare,<br />
almeno nella struttura, il trattato in prosa, e fare <strong>di</strong> ogni sonetto un paragrafo del <strong>di</strong>scorso: è quanto<br />
avviene nelle corone <strong>di</strong> sonetti sui vizi e le virtù, o nel cosiddetto Trattato d’Amore, nel quale il<br />
mito dell’amore cortese è aspramente condannato <strong>alla</strong> luce dell’etica cristiana<br />
[Il ruolo <strong>di</strong> Guittone nel panorama poetico contemporaneo] Il canzoniere <strong>di</strong> Guittone è il più<br />
vasto tra quelli dei poeti del Duecento: sonetti, canzoni, b<strong>alla</strong>te-laude per un totale <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />
duecento componimenti. Ciò è in<strong>di</strong>ce sia <strong>di</strong> una notevole prolificità sia <strong>di</strong> un successo fulmineo che<br />
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