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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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d<strong>alla</strong> vita popolare fiorentina. Di fatto, gran parte dei personaggi sacchettiani sono presi<br />

<strong>di</strong>rettamente d<strong>alla</strong> realtà, e citati per nome e cognome, così da dare luogo a una cronaca giocosa e<br />

pettegola piuttosto che a una vera e propria opera d’invenzione. Scrive infatti Sacchetti nella<br />

premessa al libro: «E perché molti [...] forse <strong>di</strong>ranno, come spesso si <strong>di</strong>ce: “Queste son favole”: a<br />

ciò rispondo che ce ne saranno forse alcune, ma nella verità mi sono ingegnato <strong>di</strong> comporle. Ben<br />

potrebbe essere, come spesso incontra [‘càpita’], che una novella sarà intitolata a Giovanni, e uno<br />

<strong>di</strong>rà: “ella intervenne a Piero”; questo sarebbe piccolo errore, ma non sarebbe che la novella non<br />

fosse stata».<br />

[Gli scrittori religiosi] Infine, una spinta decisiva a favore dell’uso del volgare venne dagli<br />

scrittori <strong>di</strong> religione. Non che il volgare venisse adoperato nella liturgia o nelle <strong>di</strong>scussioni<br />

teologiche, dove il latino regnerà ancora incontrastato; ma nella pre<strong>di</strong>cazione, nella preghiera, nei<br />

trattati spirituali la volontà <strong>di</strong> farsi comprendere da un pubblico più ampio <strong>di</strong> quello dei soli<br />

‘letterati’ porta gli autori ad adottare la lingua della comunicazione quoti<strong>di</strong>ana, oppure a<br />

volgarizzare scritti religiosi sino ad allora accessibili soltanto in latino: tipico il caso delle leggende<br />

legate <strong>alla</strong> figura <strong>di</strong> san Francesco. Anche in questo caso è la Toscana il centro del rinnovamento.<br />

Qui il domenicano Giordano da Pisa (prima metà del secolo) compone e pronuncia più <strong>di</strong><br />

settecento pre<strong>di</strong>che in volgare, rivolte non ai confratelli ma <strong>alla</strong> borghesia mercantile delle città, e<br />

perciò scritte nella sua lingua e su temi che più da vicino la riguardano: il lusso, i costumi delle<br />

donne, l’usura, la corruzione. E qui Domenico Cavalca, anch’egli pisano (1270-1342), svolge<br />

un’importante opera <strong>di</strong> volgarizzamento <strong>di</strong> trattati latini relativi <strong>alla</strong> <strong>di</strong>sciplina del buon cristiano e<br />

ai sacramenti: lo Specchio dei peccati, lo Specchio <strong>di</strong> croce, il Pungilingua. Qui, infine, il<br />

domenicano fiorentino Iacopo Passavanti (morto nel 1357) compone, oltre a vari sermoni latini, il<br />

trattato Specchio <strong>di</strong> vera penitenza, una (incompiuta) rassegna dei vizi e delle virtù scritta sul<br />

modello dei manuali de poenitentia ma, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> questi ultimi, a beneficio del pubblico ignaro<br />

<strong>di</strong> latino: il quale pubblico – ed è questo il fatto cruciale, destinato a sviluppi d’incalcolabile<br />

importanza nell’età della Riforma e dopo – entra così in contatto <strong>di</strong>rettamente, senza la me<strong>di</strong>azione<br />

dei sacerdoti, con testi <strong>di</strong> carattere religioso.<br />

4. Dante Alighieri<br />

4.1 La vita<br />

[La giovinezza] Dante nasce nel 1265 a Firenze. All'epoca, la città è il principale centro<br />

economico e finanziario della Toscana, ma è anche segnata <strong>dalle</strong> <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e e <strong>dalle</strong> lotte tra le<br />

fazioni: così come altrove nel centro-nord della penisola <strong>italiana</strong>, i partigiani dell'Impero (ghibellini)<br />

e i partigiani del Papato (guelfi) si contendevano la supremazia, il che significava, <strong>di</strong> volta in volta,<br />

la strage e l'esilio della parte avversa. Dante appartiene a una famiglia della piccola nobiltà. Stu<strong>di</strong>a<br />

certamente a Firenze, nelle «scuole de li religiosi» (Convivio, II xii 7): ossia in quegli Stu<strong>di</strong>a<br />

ecclesiastici cui, a quel tempo, potevano accedere anche i laici. Integra questa istruzione ‘regolare’<br />

con la lettura dei filosofi antichi e col <strong>di</strong>alogo con gli intellettuali della sua generazione (come i<br />

poeti Cavalcanti e Cino da Pistoia) e <strong>di</strong> quella precedente: su tutti riconoscerà come maestro il poeta<br />

e retore Brunetto Latini.<br />

[Gli anni della maturità a Firenze] La superiore cultura e l'appartenenza a una famiglia non<br />

registrata tra quelle magnatizie (famiglie, queste ultime, cui per volontà del popolo minuto erano<br />

state precluse le cariche pubbliche) fanno sì che, a metà degli anni Novanta, Dante possa<br />

partecipare in prima persona al governo del Comune. Per Firenze, questo è un periodo<br />

particolarmente burrascoso a causa delle lotte tra le fazioni dei guelfi Bianchi - riuniti attorno <strong>alla</strong><br />

famiglia dei Cerchi - e dei guelfi Neri, che fanno capo <strong>alla</strong> famiglia Donati. Coi primi, <strong>di</strong>fensori del<br />

popolo minuto e delle magistrature citta<strong>di</strong>ne, si schiera Dante. All’inizio è uno fra i tanti, nelle<br />

assemblee che affiancano il Capitano del Popolo e i Priori; poi, crescendo il suo prestigio, riceve<br />

incarichi più importanti. Nel 1300 è eletto priore. Nel 1301 ha un compito molto delicato. Papa<br />

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