Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta
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precedenza. È vero che i poeti appena menzionati - tutti fiorentini o pistoiesi, tutti vissuti tra la fine<br />
del Duecento e l’inizio del Trecento - ebbero rapporti anche amichevoli tra <strong>di</strong> loro (proprio a<br />
Cavalcanti Dante de<strong>di</strong>ca la Vita nova, e con Cino Dante scambia lettere e sonetti); ed è vero che tra<br />
le loro poesie esistono analogie notevoli sia dal punto <strong>di</strong> vista ideologico sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />
formale. Ma il nome <strong>di</strong> stilnuovo, e l’unità della cosiddetta ‘scuola’ sono dedotti dai critici da ciò<br />
che Dante <strong>di</strong>ce nel De vulgari eloquentia, nella Vita nova e nella Comme<strong>di</strong>a. Con Cino, con<br />
Cavalcanti, con Lapo Gianni - scrive Dante - egli ha dato vita a un modo <strong>di</strong> far poesia del tutto<br />
nuovo (e migliore) rispetto <strong>alla</strong> ‘maniera antica’ <strong>di</strong> Guittone e degli altri toscani. L’esempio <strong>di</strong><br />
costoro è rifiutato in blocco, senza le <strong>di</strong>stinzioni che pure si potrebbero fare tra l’uno e l’altro<br />
autore: tra tutti, l’unico poeta italiano della precedente generazione che si salva, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dante,<br />
è Guido Guinizzelli: è lui l’autore che merita il titolo <strong>di</strong> iniziatore e padre del nuovo corso poetico.<br />
[Il ‘battesimo’ della scuola nel canto XXIV del Purgatorio] Con gli altri tre massimi poeti<br />
del Duecento, Giacomo da Lentini, Guittone e Bonagiunta, Dante fa i conti in un passo famoso<br />
della Comme<strong>di</strong>a che è anche quello in cui si afferma a chiare lettere l’assoluta superiorità del «dolce<br />
stil novo». Tra i golosi del sesto girone Dante incontra Bonagiunta, il quale riconosce in lui l’autore<br />
della canzone Donne ch’avete; perciò lo apostrofa: «Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore | trasse le<br />
nove rime, cominciando | Donne ch’avete intelletto d’amore» (‘Ma <strong>di</strong>mmi se io vedo qui colui che<br />
inaugurò un nuovo modo <strong>di</strong> far poesia con la lirica Donne ch’avete...’). La replica <strong>di</strong> Dante e la<br />
controreplica <strong>di</strong> Bonagiunta fanno due metà della poesia <strong>italiana</strong> del Duecento - prima e dopo<br />
Dante, prima e dopo lo stilnuovo (Pg. XXIV 52-57):<br />
... «I’ mi son un che, quando<br />
Amor mi spira, noto, e a quel modo<br />
ch’e’ <strong>di</strong>tta dentro vo significando».<br />
«O frate, issa vegg’io», <strong>di</strong>ss’elli, «il nodo<br />
che ’l Notaro e Guittone e me ritenne<br />
<strong>di</strong> qua dal dolce stil novo ch’i’odo!».<br />
[La semplificazione dello stile] Dal punto <strong>di</strong> vista della forma, lo stilnuovo porta con sé una<br />
semplificazione dello stile: lo sperimentalismo <strong>di</strong> Guittone e dei suoi seguaci cede il passo a una<br />
maniera più ‘regolare’, una maniera che in sostanza resterà dominante per buona parte della<br />
tra<strong>di</strong>zione letteraria <strong>italiana</strong>. Il trobar clus caro a Guittone e a Monte Andrea non trova che pochi ed<br />
episo<strong>di</strong>ci continuatori: Dante e i poeti della sua cerchia scelgono una maniera leu (= lieve, facile,<br />
comprensibile) contro l’oscurità dei predecessori. Una semplificazione analoga investe anche la<br />
metrica dei testi: i poeti guittoniani avevano lunghissime canzoni-trattato, e avevano mo<strong>di</strong>ficato la<br />
struttura del sonetto così come era stata co<strong>di</strong>ficata dai siciliani, aggiungendo dei versi nel corpo del<br />
testo o in coda: questa metrica ‘abnorme’ non trova eco tra gli stilnovisti.<br />
[La nuova ideologia amorosa] Dal punto <strong>di</strong> vista dei contenuti, la frattura rispetto <strong>alla</strong><br />
generazione passata è ancora più netta. Non per caso Bonagiunta, nel citato passo del Purgatorio,<br />
identifica in Donne ch’avete, una canzone d’amore, il testo emblematico dello stilnuovo. Guittone e<br />
i suoi contemporanei avevano usato la poesia in volgare anche e soprattutto per parlare <strong>di</strong> morale e<br />
<strong>di</strong> religione. Con lo stilnuovo, l’amore torna a essere il tema principale della poesia: per un certo<br />
periodo, probabilmente, e per certi autori, l’unico tema possibile. Ciò implica un atteggiamento del<br />
tutto <strong>di</strong>verso, rispetto a quello dei predecessori, <strong>di</strong> fronte al problema dell’amore tra uomo e donna.<br />
I moralisti come Guittone avevano descritto l’amore terreno come un male. Gli stilnovisti, al<br />
contrario, vedono nella donna un’immagine <strong>di</strong> Dio, un angelo inviato sulla terra per la salvezza<br />
degli uomini. Chi è innamorato entra nella cerchia degli eletti e gode <strong>di</strong> questa beatitu<strong>di</strong>ne<br />
semplicemente contemplando la bellezza della donna amata. Da questa prevalenza del visto sul<br />
vissuto e sullo sperimentato deriva, nei testi, il primato della descrizione - ossia della lode delle<br />
virtù fisiche e morali dell’amata - sul ‘narrato’; nel famoso sonetto dantesco Tanto gentil e tanto<br />
onesta pare, come in tante altre poesie contemporanee, l’amante limita il suo ruolo a quello <strong>di</strong><br />
semplice spettatore del miracolo.<br />
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