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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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garantì la trasmissione e la conservazione dei suoi testi. Oggi noi misuriamo quel successo<br />

soprattutto col metro delle rime <strong>di</strong> corrispondenza. Guittone ci appare come una figura centrale<br />

nella società letteraria del secondo Duecento: i rimatori che si rivolgono a lui per consiglio o per<br />

elogio ne riconoscono apertamente il magistero poetico e morale. La sua poesia viene letta e<br />

cercata, le sue innovazioni formali hanno fortuna, la sua proposta <strong>di</strong> estendere il ‘poetabile’ ai<br />

campi dell’etica e della religione trova conferma imme<strong>di</strong>ata nella prassi dei suoi allievi. E vuoi<br />

dunque per ragioni <strong>di</strong> forma (il trobar clus, la ricercata complessità dello stile) vuoi per motivazioni<br />

ideologiche (la metamorfosi subìta d<strong>alla</strong> lirica per eccellenza laica una volta giunta tra le mani <strong>di</strong><br />

poeti ormai estranei <strong>alla</strong> realtà cortese, e più vicini a certa moralità cristiana incompatibile con la<br />

cortesia), sembra legittimo parlare <strong>di</strong> una scuola guittoniana <strong>di</strong>ffusa in tutto il comprensorio<br />

toscano.<br />

[Gli altri poeti pre-danteschi. Chiaro Davanzati e Monte Andrea] Mentre però molti rimatori<br />

minori ripetono senza grosse variazioni la lezione del maestro, alcuni altri si <strong>di</strong>stinguono per una<br />

personalità più originale. Insieme al fiorentino Chiaro Davanzati, il più prolifico dei rimatori<br />

duecenteschi dopo Guittone (circa sessanta canzoni, più <strong>di</strong> cento sonetti) merita <strong>di</strong> essere ricordato<br />

almeno un altro poeta della generazione <strong>di</strong> Chiaro, Monte Andrea. Anch’egli fiorentino, Monte<br />

ere<strong>di</strong>ta da Guittone soprattutto i suoi vezzi formali: ripete le strutture ‘espanse’ coniate dall’aretino<br />

(canzoni lunghe, sonetti ‘caudati’, ecc.) e, soprattutto, porta all’estremo la tecnica degli artifici<br />

metrico-retorici giungendo a risultati <strong>di</strong> quasi totale oscurità. Oltre che per la qualità espressiva del<br />

tutto peculiare, il suo canzoniere (un centinaio <strong>di</strong> sonetti, un<strong>di</strong>ci canzoni) si segnala per almeno altre<br />

due particolarità. In primo luogo le sue sono, per buona parte, rime <strong>di</strong> corrispondenza. Segno che si<br />

contrae, rispetto ai siciliani ma anche rispetto a Guittone, l’esperienza del ‘lirico’ e la poesia si fa<br />

sempre più spesso veicolo <strong>di</strong> comunicazione: ma una comunicazione artificiosa, visto che i testi <strong>di</strong><br />

tenzone sono anche quelli in cui l’oscurità e il preziosismo sono portati a un punto estremo: la<br />

poesia è qui occasione <strong>di</strong> esercizio retorico e <strong>di</strong> gioco, piuttosto che <strong>di</strong> autentico <strong>di</strong>alogo con i<br />

corrispondenti. In secondo luogo, Monte Andrea introduce nella poesia un tema ine<strong>di</strong>to per l’Italia.<br />

Anch’egli conosce il registro amoroso e quello morale; ma ad essi aggiunge, nel suo canzoniere, un<br />

lirismo personale che trae ispirazione d<strong>alla</strong> comune esperienza della vita; questo lamento sulla<br />

miseria anticipa per esempio - benché in forme drammatiche, non burlesche - le confessioni in versi<br />

<strong>di</strong> Cecco Angiolieri:<br />

Di ssotto son confitto ne le rote,<br />

polificato son d’ongne tesoro,<br />

ignudo tuto son d’argento e d’oro,<br />

e ancor d’amici, ch’è maggiore s-coppio.<br />

(‘Sono nel punto più basso della ruota della fortuna, non ho un soldo, né argento né oro né - ed è la cosa peggiore –<br />

amici’)<br />

Infine, così come nella poesia <strong>di</strong> Guittone, vi è in quella <strong>di</strong> Monte una componente politica.<br />

Tuttavia, a causa <strong>di</strong> quella vocazione sociale e non lirica <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ceva, per le sue <strong>di</strong>chiarazioni<br />

politiche Monte non si serve più della forma ‘soggettiva’ della canzone ma cerca invece il <strong>di</strong>alogo,<br />

il contrad<strong>di</strong>ttorio con altri poeti: e resta uno dei ‘macrotesti’ più interessanti e atipici della<br />

letteratura <strong>italiana</strong> del Me<strong>di</strong>oevo la tenzone composta da <strong>di</strong>ciassette sonetti che oppone il guelfo<br />

Monte ad altri rimatori fiorentini <strong>di</strong> parte ghibellina sul tema della prossima <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> Carlo I<br />

d’Angiò in Italia.<br />

[Bonagiunta Orbicciani] L’‘altra’ tra<strong>di</strong>zione lirica, quella che resta fedele, pur innovando,<br />

<strong>alla</strong> lezione dei siciliani, ha in Bonagiunta Orbicciani e in Guido Guinizzelli i suoi massimi<br />

esponenti. Coetaneo, se non più vecchio <strong>di</strong> Guittone, Bonagiunta è stato definito «l’autentico<br />

trapiantatore dei mo<strong>di</strong> siciliani in Toscana» (Contini). Egli è piuttosto refrattario alle innovazioni<br />

formali e tematiche che vengono proposte, <strong>alla</strong> metà del Duecento, da Guittone e dai suoi allievi.<br />

Scrive, sì, alcuni sonetti moraleggianti sul tema della fortuna o della modestia o della cautela nei<br />

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