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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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Ne la stia mi par esser col leone<br />

quando a Lutier son presso ad un migliaio,<br />

ch’e’ pute più che ’nfermo uom <strong>di</strong> pregione<br />

o che nessun carname o che carnaio.<br />

Li suo’ cavegli farian fin buglione<br />

e la cuffia faria ricco un oliaio<br />

(‘Mi sembra d’essere in gabbia con un leone, quando arrivo ad un miglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza da Lotario, perché puzza più <strong>di</strong> un<br />

carcerato ammalato o <strong>di</strong> un mucchio <strong>di</strong> carne putrefatta, o <strong>di</strong> una fossa comune; coi suoi capelli si farebbe un bel brodo,<br />

e il cappello (una volta strizzato) farebbe ricco un mercante d’olio’).<br />

[La letteratura religiosa. La prevalenza del latino nella prosa religiosa] La prosa<br />

d’argomento religioso, che darà frutti splen<strong>di</strong><strong>di</strong> nel Trecento con le pre<strong>di</strong>che del Passavanti, gli<br />

scritti del Cavalca e, soprattutto, con l’epistolario <strong>di</strong> Santa Caterina, tutte opere in volgare, si<br />

esprime nel Duecento quasi esclusivamente in latino. Benché la pre<strong>di</strong>cazione avesse certamente<br />

luogo anche, e forse prevalentemente, in volgare, tutto ciò che rimane <strong>di</strong> essa sono i 22 Sermoni<br />

subalpini, composti all’inizio del Duecento e localizzabili in area piemontese: non a caso in<br />

prossimità della Francia, dove la registrazione per iscritto delle pre<strong>di</strong>che volgari era da più <strong>di</strong> un<br />

secolo pratica comune. Anche la letteratura francescana - i Fioretti, le biografie del Santo - furono<br />

concepite in latino e solo in un secondo tempo, nel Trecento, volgarizzate. La poesia <strong>di</strong> contenuto<br />

religioso, al contrario, fiorì prestissimo nel Duecento in numerose regioni italiane, anche in quelle<br />

nelle quali mancava del tutto una tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> lirica d’arte, e fu coltivata da alcuni dei massimi<br />

poeti del secolo, come Guittone e Iacopone da To<strong>di</strong>.<br />

[Francesco d’Assisi. La vita] Tra i testi primo-duecenteschi <strong>di</strong> carattere sacro prodotti<br />

nell’Italia centrale, il cosiddetto Cantico <strong>di</strong> frate Sole è certo il più importante per qualità letteraria e<br />

per significato storico; il suo autore, Francesco d’Assisi, rappresenta inoltre, com’è noto, una delle<br />

figure car<strong>di</strong>nali per la spiritualità cristiana me<strong>di</strong>evale. Nato in una famiglia della me<strong>di</strong>o-alta<br />

borghesia commerciale, dopo una giovinezza trascorsa tra gli agi e le avventure militari, Francesco<br />

adotta nel 1205 una rigida <strong>di</strong>sciplina cristiana: abbandona la famiglia, rinuncia all’ere<strong>di</strong>tà paterna e<br />

con un piccolo gruppo <strong>di</strong> seguaci comincia a pre<strong>di</strong>care il Vangelo in assoluta povertà. Dopo un<br />

lungo soggiorno in Egitto e in Terrasanta, speso nel tentativo <strong>di</strong> convertire gli infedeli, Francesco<br />

rientra in Italia nel 1220; qui l’Or<strong>di</strong>ne - approvato prima solo verbalmente da papa Innocenzo III,<br />

poi ufficialmente da papa Onorio III - conta ormai adepti a migliaia; a loro uso, Francesco elabora<br />

una Regula prima in 23 capitoli quin<strong>di</strong>, nel 1223, un compen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quella, la Regula secunda, che<br />

cerca <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are tra le esigenze <strong>di</strong> ortodossia imposta d<strong>alla</strong> Chiesa <strong>di</strong> Roma e la vocazione<br />

francescana <strong>alla</strong> povertà. Muore nell’eremo della Porziuncola, presso Assisi, nel 1226.<br />

[Il Cantico <strong>di</strong> frate Sole] Francesco fu autore <strong>di</strong> varie opere e<strong>di</strong>ficanti, quasi tutte in latino.<br />

Negli ultimi anni della sua vita, secondo la tra<strong>di</strong>zione, compose il Cantico <strong>di</strong> frate Sole (o Laudes<br />

creaturarum). Il breve testo (una trentina <strong>di</strong> ‘versi’) non segue un preciso schema metrico: quelli<br />

che si definiscono in genere versi <strong>di</strong> ineguale lunghezza assonanzati, e che si avvicinano a quelli<br />

delle sequenze paraliturgiche me<strong>di</strong>olatine, possono altrettanto bene essere interpretati come prosa<br />

ritmica, certo destinata a essere musicata e salmo<strong>di</strong>ata. In una forma molto imme<strong>di</strong>ata, senza<br />

complicazioni <strong>di</strong> stile, il Cantico ripete per otto volte la lode a Dio in ragione <strong>di</strong> altrettante sue<br />

creature giu<strong>di</strong>cate intimamente buone: il sole, la luna e le stelle, il vento, l’acqua, il fuoco, la terra,<br />

gli uomini virtuosi, la stessa «<strong>morte</strong> corporale», tenuta <strong>di</strong>stinta da quella «<strong>morte</strong> secunda», <strong>morte</strong><br />

dell’anima, che non ha potere su chi rispetta le «sanctissime voluntati» <strong>di</strong> Dio. Del testo, letto <strong>di</strong><br />

solito come documento <strong>di</strong> una religiosità spontanea, tanto più accattivante quanto più sciolta da<br />

preoccupazioni dottrinali, la critica recente ha messo in luce i possibili sottintesi anti-ereticali.<br />

L’elogio della creazione fatto da Francesco reagiva forse – si sostiene - al dualismo professato,<br />

nell’Italia <strong>di</strong> primo Duecento, da sette come quella dei catari: i quali, contro il dogma cristiano,<br />

separavano nettamente la sfera spirituale, emanazione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Dio, da quella mondana e corporea,<br />

ritenuta creazione <strong>di</strong> Satana.<br />

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