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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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sia una cosa sola», senza opposto. Considerazione che porta ad affermare, <strong>alla</strong> fine del trattato<br />

(II.8.24), che l’uomo è solo nell’universo: «non trovamo altro mondo che questo».<br />

[Temi] La prima parte dell’opera, in 24 capitoli, è de<strong>di</strong>cata <strong>alla</strong> cosmologia e alle scienze<br />

naturali: stelle, pianeti, segni zo<strong>di</strong>acali, geografia terrestre, flora e fauna, climi e stagioni. La<br />

seconda (94 capitoli) prosegue con osservazioni analitiche sui pianeti e sullo zo<strong>di</strong>aco (senz’altro<br />

l’argomento che sta più a cuore a Ristoro, che crede ciecamente all’influenza delle stelle sulla vita<br />

umana), quin<strong>di</strong> passa in rassegna le regioni terrestri, i fenomeni naturali e atmosferici (il terremoto,<br />

le comete, l’arcobaleno, ecc.). Nel finale, l’andamento abbastanza lineare del trattato si spezza, e<br />

l’autore si pronuncia su questioni minori che hanno poco a che vedere con la trama generale del<br />

<strong>di</strong>scorso: la genesi dell’amore, la ragione per cui il fiato può essere insieme freddo e caldo (ma già<br />

in precedenza le osservazioni naturalistiche erano state interrotte da <strong>di</strong>gressioni sulla virtù dei saggi<br />

[I.21] o sulla bellezza dei vasi antichi [II.8.4bis]).<br />

[L’interpretazione del mondo naturale] Tipica della mentalità <strong>di</strong> Ristoro e della sua tecnica<br />

espositiva è l’interpretazione organicistica della natura: «Questo mondo rascionevelemente lo<br />

potemo asimelliare ad una casa o ad un regno». Stante questa equazione tra cosmo e regno, tutto<br />

l’universo non è che un grande co<strong>di</strong>ce obbe<strong>di</strong>ente a poche leggi fondamentali, e ciò che è nel cielo<br />

trova precisa corrispondenza nel mondo degli uomini. I pianeti sono ‘figura’ delle classi sociali<br />

(Saturno, il più <strong>di</strong>stante, è l’astro dei lavoratori della terra, il Sole, il più luminoso, è l’astro dei re, e<br />

così via), e intervengono attivamente a mo<strong>di</strong>ficare i destini umani: «E li savi s’acordano tutti che li<br />

corpi che sono de qua de sotto so’ retti e dominati da quelli de sopra». Un passo più in là, e la teoria<br />

dell’influenza dei corpi celesti fa posto a quella che negli animali e negli oggetti terrestri vede il<br />

semplice riflesso <strong>di</strong> immagini fissate per sempre nella conformazione dei pianeti e delle stelle: «e<br />

questa similitu<strong>di</strong>ne recevono dal cielo tutte le cose che so’ engenerate de li elementi, emperciò che<br />

la meno nobele cosa dea recevare similitu<strong>di</strong>ne da la più nobele»: così, per esempio, le macchie<br />

lunari «so’ desegnate a similitu<strong>di</strong>ne del viso umano, secondo quello che vegono e ponono li savi», e<br />

il tracciato delle costellazioni prefigura le fattezze <strong>di</strong> certi animali e cose del nostro mondo: il carro,<br />

la bilancia, l’aquila, la nave, e così via.<br />

[Guido Faba: le istruzioni su come scrivere] Come abbiamo visto accennando all’opera <strong>di</strong><br />

Brunetto, l’istruzione nel campo della retorica ha nel Me<strong>di</strong>oevo un peso <strong>di</strong>fficile da sopravvalutare.<br />

La domanda su «che cosa scrivere?» passa quasi ovunque in secondo piano rispetto ad un’altra che<br />

sembra stare molto più a cuore agli intellettuali del tempo: «come scrivere?». I trattatisti insegnano<br />

a mettere insieme un’orazione, un poema, una lettera. Generalmente, questa precettistica è in latino<br />

e si rivolge a scriventi in latino. In quanto opera insieme storico-critica e prescrittiva, il De vulgari<br />

eloquentia sarà a suo modo un manuale <strong>di</strong> questo tipo, ad uso dei poeti italiani. Ma nel corso del<br />

XIII secolo il volgare prese piede in ambienti che in passato gli erano rimasti preclusi: i tribunali, le<br />

cancellerie, persino la Chiesa. Non stupisce, dunque, che Brunetto, Bono e Guidotto da Bologna<br />

volgarizzino e commentino per un pubblico più vasto <strong>di</strong> quello degli specialisti gli antichi trattati <strong>di</strong><br />

retorica. E non stupisce che la storia della prosa ‘<strong>di</strong> scuola’ in volgare si apra con i protocolli <strong>di</strong><br />

Guido Faba.<br />

[La Gemma purpurea e i Parlamenti et epistole] Come altri retori del suo tempo (i toscani<br />

Bene da Firenze e Boncompagno da Signa) Guido insegna all’Università <strong>di</strong> Bologna, massimo<br />

centro europeo per gli stu<strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>ci, e compone in latino una Summa <strong>di</strong>ctaminis (che potremmo<br />

tradurre come ‘Arte dello scrivere lettere e documenti’) ad uso dei suoi studenti. Negli anni<br />

Quaranta scrive le sue opere maggiori, la Gemma purpurea, un trattato <strong>di</strong> epistolografia <strong>di</strong>viso in<br />

una sezione <strong>di</strong> precetti e in una <strong>di</strong> esempi (formule <strong>di</strong> poche righe da impiegare nelle scritture<br />

pubbliche - preghiere a un superiore, ingiunzioni a alleati o nemici - o private - lettere d’amore o<br />

d’amicizia); e i Parlamenti et epistole, brevi modelli <strong>di</strong> orazioni che illustrano gli accorgimenti<br />

retorici utili per confezionare un <strong>di</strong>scorso elegante (i modelli riguardano in genere l’attività<br />

podestarile, ma ci sono anche esempi <strong>di</strong> orazioni fittizie come il contrasto tra la Quaresima e il<br />

Carnevale, uno dei luoghi comuni della letteratura me<strong>di</strong>olatina). Ebbene, all’interno dei Parlamenti<br />

Guido raccoglie anche modelli <strong>di</strong> orazioni in volgare; e nella Gemma purpurea - dopo il prologo, la<br />

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