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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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L’amore dei trovatori e dei poeti del Duecento era un sentimento recitato in pubblico, una sorta <strong>di</strong><br />

rappresentazione delle convenzioni cortesi in cui i sentimenti e i pensieri dell’autore avevano poca<br />

parte. Petrarca interpreta invece la lirica d’amore nel modo che ancor oggi ci è familiare: si<br />

confessa, narra una reale esperienza d’amore in totale solitu<strong>di</strong>ne, senza porsi il problema del<br />

pubblico e limitando al massimo la ripetizione dei clichés cortesi. Si può <strong>di</strong>re che grazie a lui si<br />

verifichi una conversione dall’oggettività <strong>alla</strong> soggettività. L’in<strong>di</strong>viduo che ama e desidera viene ad<br />

occupare quello spazio che nel passato era riservato <strong>alla</strong> rappresentazione della donna, ai rituali del<br />

corteggiamento, all’analisi oggettivante dell’amore: l’io del poeta-amante è ora al centro della<br />

scena. Questa chiusura nei confronti del contesto sociale, questo ripiegamento dell’io su se stesso,<br />

«che a prima vista può sembrare un impoverimento, nei secoli si rivelerà un territorio sconfinato. È<br />

anche grazie a questa scelta che Petrarca <strong>di</strong>venterà il caposcuola della poesia moderna. Egli ha<br />

sottratto il <strong>di</strong>scorso amoroso ai con<strong>di</strong>zionamenti storici, alle trasformazioni dei contesti sociali e<br />

culturali e ne ha fatto una zona franca, capace <strong>di</strong> rigenerarsi con il trascorrere del tempo [... Tale<br />

scelta] definisce la moderna poesia erotica come spazio dell’io e delle sue contrad<strong>di</strong>zioni»<br />

(Santagata).<br />

[La lingua] Il classicismo petrarchesco riguarda, in secondo luogo, il linguaggio della lirica.<br />

Coll’avvento del petrarchismo non ci sarà più spazio per gli sperimentalismi, le audacie formali, i<br />

giochi verbali che avevano avuto largo corso nel Duecento. La lingua <strong>di</strong> Petrarca è omogenea,<br />

compatta nei toni. Da un lato, pur essendo ricca <strong>di</strong> riferimenti colti <strong>alla</strong> tra<strong>di</strong>zione non soltanto<br />

volgare (nei testi del Canzoniere sono frequenti le allusioni <strong>alla</strong> Bibbia, ai classici latini, ai padri<br />

della Chiesa), essa evita i tecnicismi che avevano adoperato i poeti-retori come Guittone d’Arezzo<br />

nel Duecento; dall’altro, pur essendo limpida, comprensibile, lontana <strong>dalle</strong> complicazioni del trobar<br />

clus, essa non fa alcuna concessione al linguaggio ‘parlato’: è su questa norma <strong>di</strong> me<strong>di</strong>etas<br />

(‘me<strong>di</strong>età’) che Petrarca costruisce quello che è il modello linguistico a cui per secoli si<br />

adegueranno i poeti italiani.<br />

5.5 La fortuna<br />

Il genio <strong>di</strong> Petrarca fu imme<strong>di</strong>atamente riconosciuto dai contemporanei. Da un lato la sua<br />

grande cultura classica, dall’altro la laurea poetica, ricevuta prima dei quarant’anni, fecero <strong>di</strong> lui il<br />

letterato più noto e ammirato dei suoi tempi, non solo in Italia ma in tutta Europa. La sua prima<br />

biografia venne scritta, da Boccaccio, quando non aveva ancora compiuto il cinquant’anni: è il De<br />

vita et moribus domini Francisci Petracchi de Florentia. A contare, qui, è soprattutto lo scrittore <strong>di</strong><br />

prosa e <strong>di</strong> poesia latina, e tale sarà la tendenza anche nel secolo successivo, quando, per i suoi<br />

ritrovamenti e i suoi stu<strong>di</strong>, gli umanisti lo celebreranno come un caposcuola: il vero erede della<br />

rinata tra<strong>di</strong>zione classica. Solo nel Cinquecento – quando la filologia classica avrà assimilato e<br />

superato le scoperte petrarchesche – la tendenza si invertirà e l’interesse dei lettori e degli stu<strong>di</strong>osi si<br />

concentrerà sul Petrarca volgare. Pietro Bembo prima curerà la stampa del Canzoniere presso Aldo<br />

Manuzio, il migliore stampatore del tempo (1502); poi, nelle Prose della volgar lingua, in<strong>di</strong>cherà<br />

nella lingua poetica <strong>di</strong> Petrarca il modello da seguire per tutti i poeti volgari.<br />

[La fortuna del Canzoniere] Di qui in poi, la fortuna del Canzoniere sarà tale da non avere<br />

paragoni in tutta la letteratura occidentale. Per secoli, anche dopo il periodo dell’imitazione più<br />

pedestre, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento (definita appunto l’età del<br />

petrarchismo), i lirici europei continueranno a trarre ispirazione <strong>dalle</strong> liriche petrarchesche sui due<br />

piani della forma e del contenuto. Per quanto riguarda la forma, Petrarca imporrà <strong>alla</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />

<strong>italiana</strong> un lessico estremamente selezionato e ‘alto’, ben lontano d<strong>alla</strong> lingua dell’uso (perciò,<br />

leggendo un poeta dell’Ottocento, la sua lingua ci appare così <strong>di</strong>stante d<strong>alla</strong> nostra: da Petrarca in<br />

poi la lingua poetica è rimasta un ‘sistema’ sostanzialmente, e artificialmente, stabile, senza grosse<br />

variazioni rispetto a quella del modello). Per quanto riguarda il contenuto, <strong>di</strong>venterà un fatto<br />

normale, nei due secoli successivi, raccontare attraverso le poesie, cioè raccogliere le proprie rime<br />

in canzonieri dotati, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>rezione e <strong>di</strong> un senso complessivo: l’uso ‘narrativo’ della<br />

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