Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta
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spesa «in ambasciarie e in consigli de’ signori e delle comunanze e in sapere componere una lettera<br />
bene <strong>di</strong>ttata». Quella che ne deriva, nonostante il <strong>di</strong>slivello stilistico tra la lunga glossa <strong>di</strong> Brunetto e<br />
il testo tradotto, che ha l’appoggio del perfetto latino ciceroniano, è un’opera compatta, tanto più<br />
interessante e vivace quanto più si allontana, nel commento, d<strong>alla</strong> traccia del modello. Da un lato,<br />
c’è un ricco apparato <strong>di</strong>dascalico che svolge e chiarifica la terminologia tecnica - dai vari genera in<br />
cui si sud<strong>di</strong>vide la retorica <strong>alla</strong> classificazione delle controversie, alle partizioni della lettera e del<br />
<strong>di</strong>scorso forense - attingendo soprattutto al commento <strong>di</strong> Boezio; dall’atro lato, c’è in Brunetto la<br />
capacità <strong>di</strong> rendere meno astratta l’arte retorica inserendola nel vivo della realtà contemporanea.<br />
Non solo quin<strong>di</strong> il libro mira esplicitamente a uno scopo pratico, cioè <strong>alla</strong> formazione intellettuale<br />
<strong>di</strong> chi andrà a ricoprire cariche pubbliche, ma gli stessi esempi introdotti nel commento a beneficio<br />
del lettore sono tratti in più <strong>di</strong> un’occasione d<strong>alla</strong> cronaca comunale: «Verbigrazia. Il comune <strong>di</strong><br />
Firenze...» (e segue un episo<strong>di</strong>o ‘locale’ che illustra il precetto retorico appena <strong>di</strong>scusso nel trattato).<br />
[La riflessione sulla poesia] Appare dunque coerente con questa estensione della retorica ad<br />
ogni aspetto della vita citta<strong>di</strong>na l’importante paragrafo sulla poesia. Su questo argomento,<br />
naturalmente, Cicerone tace, limitandosi a fissare le regole della controversia giuri<strong>di</strong>ca. Ma - scrive<br />
Brunetto - che cos’è uno scambio epistolare se non un particolare tipo <strong>di</strong> controversia (una<br />
«tencione tacita») nella quale, proprio come nel <strong>di</strong>scorso forense, ogni lettera è arricchita con<br />
«parole ornate e piene <strong>di</strong> sentenzia e <strong>di</strong> fermi argomenti»? E che cosa sono le canzoni d’amore se<br />
non tipi particolari <strong>di</strong> epistole, petizioni in verso <strong>alla</strong> dama «in modo <strong>di</strong> tencione o tacita o<br />
espressa»? Col che la lirica è riportata sotto l’ombrello della retorica: intuizione fondamentale che<br />
in<strong>di</strong>vidua con chiarezza uno dei caratteri più tipici della poesia delle origini.<br />
[Il Tresor] L’altra opera maggiore <strong>di</strong> Brunetto, il Tresor [‘Tesoro’], scritta in francese<br />
durante l’esilio, merita <strong>di</strong> entrare in un sommario <strong>di</strong> letteratura <strong>italiana</strong> anzitutto perché ebbe vasta<br />
<strong>di</strong>ffusione presso gli intellettuali toscani del tempo (non a caso è ad essa che Dante consegna il<br />
ricordo del maestro in Inf. XV: «Sieti raccomandato il mio Tesoro, | nel qual io vivo ancora»), e in<br />
secondo luogo perché il francese è, anche nell’Italia del Duecento, lingua raccomandata per la prosa<br />
soprattutto in ragione della sua <strong>di</strong>ffusione internazionale: in francese Martin da Canal scriverà la sua<br />
storia <strong>di</strong> Venezia, e il pisano Rustichello, sulla base dei racconti del veneziano Marco Polo, Il<br />
Milione. Diviso in tre lunghi libri, il Tresor è il rappresentante più insigne, in una lingua volgare, <strong>di</strong><br />
quella tra<strong>di</strong>zione enciclope<strong>di</strong>ca che sino ad allora non era uscita dai binari del latino scolastico. Il<br />
primo libro è un’ampia raccolta <strong>di</strong> nozioni in materia <strong>di</strong> teologia, storia, fisica, geografia,<br />
architettura, storia naturale, zoologia. Il secondo associa a una lunga sezione sui vizi e sulle virtù<br />
una traduzione parziale e un commento dell’Etica <strong>di</strong> Aristotele. Nel terzo libro, il Tresor raggiunge<br />
la sfera d’interessi della Retorica; paragrafi sulla retorica, appunto, e paragrafi sulla politica<br />
coronano il trattato in<strong>di</strong>rizzandosi a quel lettore cui l’opera intera può <strong>di</strong>rsi idealmente de<strong>di</strong>cata:<br />
l’uomo <strong>di</strong> stato.<br />
[Ristoro d’Arezzo, La composizione del mondo: struttura] Così come la filosofia, anche la<br />
scienza, <strong>di</strong>sciplina ‘internazionale’ che vive quasi esclusivamente nelle Università, parlerà latino<br />
sino a tempi relativamente recenti. Tra le rare opere scientifiche scritte nel Me<strong>di</strong>oevo in un volgare<br />
romanzo, La composizione del mondo <strong>di</strong> Ristoro d’Arezzo è probabilmente quella più estesa e più<br />
impegnativa. L’autore, forse un frate, certo un intellettuale che opera a stretto contatto con lo<br />
Stu<strong>di</strong>um aretino, non attinge a un unico modello ma contamina fonti <strong>di</strong>verse: Tolomeo, gli<br />
enciclope<strong>di</strong>sti me<strong>di</strong>evali, i filosofi arabi - Averroè, Avicenna - letti nelle recenti traduzioni latine e,<br />
soprattutto, Aristotele. E da Aristotele deriva la categoria concettuale che informa tutto il libro,<br />
quella della <strong>di</strong>alettica degli opposti: categoria applicata da Ristoro con tanto rigore da risultare a<br />
volte goffa e irragionevole. Poiché - così sostiene Ristoro - ogni cosa esiste in virtù dell’esistenza<br />
del suo contrario, nulla è considerabile separatamente, senza il suo opposto che lo spiega e<br />
giustifica: perciò ciascun segno zo<strong>di</strong>acale si definisce nel suo influsso in rapporto ad un segno<br />
contrario, e lo stesso va detto per i quattro elementi naturali (aria, terra, fuoco, acqua), per la destra<br />
e la sinistra, ecc. E poiché «il mondo dea èssare composto da cose oposite», è giusto che anche<br />
questa regola patisca un’eccezione e contempli insomma il suo contrario, vale a <strong>di</strong>re che «il mondo<br />
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