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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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vi 11). Sempre più sfiduciato circa la possibilità che l’Italia avesse <strong>di</strong> trovare da sola un equilibrio<br />

politico, confida, come Dante (e come Dante invano), nell’azione dell’imperatore: e nel 1351 scrive<br />

a Carlo IV <strong>di</strong> Boemia invitandolo a scendere, da pacificatore, nella penisola. Già da questi brevi<br />

cenni è evidente la reputazione non soltanto artistica ma anche politica <strong>di</strong> cui Petrarca gode presso i<br />

contemporanei: ben pochi saranno, dopo <strong>di</strong> lui, gli intellettuali che potranno <strong>di</strong>alogare con papi e<br />

imperatori con la certezza <strong>di</strong> essere ascoltati.<br />

[Il conflitto interiore] La modernità <strong>di</strong> Petrarca sta, tra l’altro, nella sua complessità<br />

spirituale, e nella quantità <strong>di</strong> dubbi, ripensamenti, pentimenti che la sua opera – e i suoi epistolari in<br />

particolare – rispecchia. Vi è sempre, in lui, il sentimento <strong>di</strong> una contrad<strong>di</strong>zione tra il corpo e<br />

l’anima, tra il desiderio della gloria terrena e l’ascesi, tra l’intenzione <strong>di</strong> isolarsi dal mondo e il<br />

continuo vagare da una corte all’altra e da una città all’altra. In una delle sue lettere più celebri<br />

Petrarca narra l’ascesa al monte Ventoso, vicino a Carpentras, effettuata insieme al fratello<br />

Gherardo nell’aprile del 1336. Arrivato in cima al monte, apre a caso le Confessioni <strong>di</strong><br />

sant’Agostino, e la pagina che gli si offre recita: «E gli uomini vanno ad ammirare le altezze dei<br />

monti e l’immensità dell’oceano e il corso delle stelle, e trascurano se stessi». Reale o inventato che<br />

sia, l’episo<strong>di</strong>o ha una chiara funzione simbolica: in<strong>di</strong>ca al poeta la necessità <strong>di</strong> una conversione, <strong>di</strong><br />

un ritiro dal mondo. Questo proposito non farà che rafforzarsi nel corso degli anni, soprattutto dopo<br />

che Gherardo sarà <strong>di</strong>ventato monaco certosino (1343): le opere ‘autobiografiche’ della maturità (il<br />

Canzoniere compreso) riflettono questa contrad<strong>di</strong>zione e questa aspirazione a una vita<br />

autenticamente cristiana.<br />

[Gli ultimi anni] Il 1348 è, per l’Europa e per Petrarca, un anno fatale. La peste nera decima<br />

la popolazione del continente. Muore Giovanni Colonna e muore, secondo quanto afferma Petrarca,<br />

anche Laura. Nel 1350 incontra a Firenze, per la prima volta, Giovanni Boccaccio: ne nasce<br />

un’amicizia che durerà fino <strong>alla</strong> <strong>morte</strong> del poeta, con il più autorevole Petrarca sempre nel ruolo <strong>di</strong><br />

guida e maestro, Boccaccio in quello <strong>di</strong> allievo. Nel 1353 lascia per sempre Valchiusa e si stabilisce<br />

in Italia. Le città e le corti del nord Italia si contendono quello che era ormai per consenso comune il<br />

maggiore intellettuale europeo. Per alcuni anni è a Milano, segretario e ambasciatore dei Visconti;<br />

quin<strong>di</strong> a Venezia, poi a Padova presso i Carraresi. Vicino a Padova, ad Arquà sui Colli Euganei,<br />

trascorre l’ultimo periodo della sua vita: e qui muore nel luglio del 1374. Buona parte della sua<br />

ricchissima biblioteca, già promessa <strong>alla</strong> Repubblica veneziana, passa invece ai Carraresi, poi ai<br />

Visconti come preda <strong>di</strong> guerra, infine a Parigi. E prestissimo inizia, da parte dei suoi <strong>di</strong>scepoli e<br />

ammiratori, la copia delle opere latine e volgari, che nei secoli successivi godranno in Europa <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>ffusione maggiore rispetto a quella <strong>di</strong> qualsiasi altro scrittore me<strong>di</strong>evale.<br />

5.2 La personalità e le idee<br />

[Il rapporto tra latino e volgare] Benché Petrarca sia noto al pubblico moderno soprattutto<br />

per il Canzoniere, occorre sempre ricordare che la grande maggioranza delle sue opere venne scritta<br />

in latino, e che a queste – non a quelle volgari – il poeta riteneva <strong>di</strong> dover affidare la sua fama. Così<br />

in sostanza avvenne durante la vita <strong>di</strong> Petrarca (dato che a guadagnargli la laurea poetica furono<br />

soprattutto i primi abbozzi dell’Africa e del De viris illustribus) e per quasi un secolo dopo la sua<br />

<strong>morte</strong>: fu soprattutto il poeta e il trattatista in latino ad essere amato e imitato nei circoli umanistici.<br />

Soltanto a partire d<strong>alla</strong> seconda metà del Quattrocento le liriche volgari presero ad avere quel ruolo<br />

<strong>di</strong> classico che tuttora hanno nella considerazione dei lettori, venendo copiate e imitate da<br />

generazioni <strong>di</strong> poeti europei.<br />

[Il culto dell’antichità classica] Il confronto con gli autori latini e greci fu una costante della<br />

vita <strong>di</strong> Petrarca. Della vita, non solo dell’opera. Anche Dante e i suoi contemporanei avevano amato<br />

e imitato i classici, ma il caso <strong>di</strong> Petrarca è <strong>di</strong>verso. Sin dagli anni della giovinezza, egli cerca e<br />

colleziona i manoscritti <strong>di</strong> Virgilio, Cicerone, Seneca e degli altri gran<strong>di</strong> poeti e prosatori latini. Li<br />

stu<strong>di</strong>a, e le tracce <strong>di</strong> quello stu<strong>di</strong>o le possiamo ancora vedere nei co<strong>di</strong>ci che gli sono appartenuti:<br />

sono le glosse, i brevi commenti che Petrarca depone ai margini del testo. Imita i classici nello stile,<br />

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