Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta
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[Il legame tra siciliani e stilnovisti] La critica ha parlato, per gli stilnovisti, <strong>di</strong> un ‘ritorno ai<br />
siciliani’. In effetti, la nuova centralità del tema amoroso, e l’elaborazione, soprattutto da parte <strong>di</strong><br />
Dante e Cavalcanti, <strong>di</strong> una complessa ‘teoria dell’amore’, rimanda – in un ambito che è ormai<br />
quello della civiltà comunale – a quell’antico modello ‘cortese’. Simile è anche il rifiuto da parte<br />
dei poeti delle due ‘scuole’ <strong>di</strong> parlare della realtà extra-soggettiva. Non solo gli stilnovisti evitano <strong>di</strong><br />
affrontare temi politici, etici e religiosi, ma sembrano anche rinunciare a quel <strong>di</strong>alogo con<br />
interlocutori estranei all’arte, non poeti, che era stato tenuto vivo da Guittone. La loro è una poesia<br />
in<strong>di</strong>fferente <strong>alla</strong> quoti<strong>di</strong>anità, una poesia che richiede spesso conoscenze <strong>di</strong> tipo filosofico e<br />
teologico e parla dunque ad una ristretta élite <strong>di</strong> letterati.<br />
[Gli autori. Guido Cavalcanti: la vita] Il «primo degli amici» <strong>di</strong> Dante, com’è chiamato nella<br />
Vita nova, fu uno degli intellettuali più reputati della sua generazione. Nato da una ricca e potente<br />
famiglia fiorentina, Guido Cavalcanti dovette compiere in gioventù stu<strong>di</strong> filosofici approfon<strong>di</strong>ti, ed<br />
entrò certamente in contatto con ambienti averroisti: per questo motivo, probabilmente, ebbe fama<br />
<strong>di</strong> eretico. In seguito agli scontri che opponevano tra loro le maggiori famiglie fiorentine, Guido fu<br />
esiliato nell’anno 1300 insieme ad altri capiparte, e morì a Sarzana pochi mesi dopo forse per febbri<br />
malariche.<br />
[La poetica cavalcantiana] Il suo canzoniere ha molte facce. Vi troviamo rime <strong>di</strong><br />
corrispondenza, rime <strong>di</strong> tono burlesco e, soprattutto, liriche in cui trova sfogo un’esperienza<br />
d’amore dolorosa e devastante. Per Guido l’amore non è infatti, come sarà per il Dante della Vita<br />
nova e per Cino da Pistoia, un’avventura positiva anche nei suoi risvolti dolorosi - l’incolmabile<br />
<strong>di</strong>stanza d<strong>alla</strong> donna, il tormento interiore, la speranza frustrata - bensì un’esperienza tragica, che<br />
confina con la <strong>morte</strong>. Ecco l’effetto che ha sul poeta-amante lo sguardo dell’amata: «Allor<br />
m’aparve <strong>di</strong> sicur la Morte, | acompagnata <strong>di</strong> quelli martiri | che soglion consumare altrui<br />
piangendo» (XXI 12-14). I critici hanno parlato <strong>di</strong> trage<strong>di</strong>a, ma sarebbe più giusto parlare<br />
genericamente <strong>di</strong> dramma, dal momento che la poesia <strong>di</strong> Cavalcanti è per sua natura poesia<br />
‘<strong>di</strong>alogica’, nella quale i vari attori della rappresentazione amorosa (i sospiri, la donna, il cuore, il<br />
<strong>di</strong>o dell’Amore, gli spiriti - cioè quelli che nella concezione me<strong>di</strong>evale erano i vapori o pneumi<br />
prodotti dal cuore e preposti alle varie funzioni del corpo umano, ecc.) vengono personificati e<br />
dotati <strong>di</strong> parola, così da sviluppare, all’interno del testo, complessi <strong>di</strong>scorsi a più voci. Una delle due<br />
sole canzoni <strong>di</strong> Cavalcanti rimasteci, Io non pensava che lo cor giammai, fa <strong>di</strong> questa tendenza<br />
all’intreccio <strong>di</strong> voci un principio strutturale: ognuna delle quattro stanze ospita, insieme al <strong>di</strong>scorso<br />
dell’io poetico, ‘parole d’altri’: del <strong>di</strong>o Amore nella prima stanza, <strong>di</strong> uno spettatore nella seconda,<br />
del cuore nella terza, della canzone stessa personificata nella quarta.<br />
[La canzone Donna me prega] L’altra più celebre canzone cavalcantiana, la ‘dottrinale’<br />
Donna me prega, merita <strong>di</strong> essere ricordata per un’altra ragione. Essa è infatti un pro<strong>di</strong>gio <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fficoltà formale e concettuale. Gran parte dei suoi versi sono spezzati da una rima interna, alcuni<br />
ad<strong>di</strong>rittura da due. Il tema è l’amore – o meglio, una serie <strong>di</strong> domande sull’amore che una «donna»<br />
avrebbe posto a Cavalcanti: dove risiede Amore? Chi lo crea? Qual è la sua potenza? Quale la sua<br />
essenza? Come si muove? Perché ingenera piacere? Può essere veduto corporalmente? La<br />
costrizione del metro e delle rime porta a spiegazioni <strong>di</strong> questo tenore:<br />
L’essere è quando - lo voler è tanto<br />
ch’oltra misura è <strong>di</strong> natura - torna,<br />
poi non s’adorna - <strong>di</strong> riposo mai.<br />
Move, cangiando - color, riso in pianto,<br />
e la figura - con paura - storna.<br />
(‘La sua essenza è desiderio che eccede il limite naturale, e non trova mai requie; àltera chi gli è soggetto facendogli<br />
mutare colore e convertendo il riso in pianto, stravolge con la paura le fattezze dell’amante’).<br />
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