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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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[Una raccolta ‘<strong>di</strong>sorganica’] Le poesie giovanili non accolte nella Vita nova e le poesie della<br />

maturità formano il corpus delle Rime. Questo voluminoso ‘resto’ - quasi cento testi se si contano<br />

anche i sonetti dei corrispondenti - non forma dunque un canzoniere, cioè un libro compatto che<br />

abbia continuità <strong>di</strong> svolgimento come l'avrà il Canzoniere <strong>di</strong> Petrarca.<br />

[I sonetti <strong>di</strong> corrispondenza] Buona parte dei sonetti non compresi nella Vita nova sono testi<br />

<strong>di</strong> corrispondenza: <strong>di</strong>stribuiti lungo l'intero arco <strong>di</strong> vita del poeta. La maggior parte <strong>di</strong> questi testi<br />

però si crede che appartenga al periodo fiorentino precedente all'esilio. In quell'epoca infatti più<br />

frequenti erano le occasioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo e competizione con i colleghi. La quantità non ci deve<br />

stupire: la mentalità o<strong>di</strong>erna fatica a comprendere come la poesia potesse, nel Me<strong>di</strong>oevo, assolvere<br />

tanto spesso a una funzione pratica. In realtà accadde molto spesso, in epoca me<strong>di</strong>evale, che<br />

<strong>di</strong>lettanti che oggi in nessun modo chiameremmo poeti scrivessero sonetti <strong>di</strong> corrispondenza<br />

contenenti richieste pratiche o informazioni occasionali.<br />

[Le canzoni morali] Il metro usato da Dante per affrontare i temi morali è - salvo un caso, il<br />

sonetto Due donne in cima de la mente mia - sempre e soltanto la canzone. La ragione <strong>di</strong> questa<br />

scelta è evidente: un <strong>di</strong>scorso complesso come quello morale, che non può esaurirsi in poche<br />

battute, ha bisogno della forma metrica più capace, allungabile a piacere, e più libera (non libere<br />

sono invece le forme metriche concorrenti: il sonetto e la b<strong>alla</strong>ta). Tre <strong>di</strong> queste canzoni morali sono<br />

inserite e commentate nel Convivio. È possibile, anche se non è cosa certa, che lo stesso destino<br />

sarebbe toccato anche alle altre tre canzoni che si leggono oggi tra le Rime <strong>di</strong>sperse: Poscia<br />

ch’amor del tutto m’ha lasciato, Doglia mi reca ne lo core ar<strong>di</strong>re e Tre donne intorno al cor mi son<br />

venute. Certo è che queste e quelle ebbero grande fortuna durante tutto il Me<strong>di</strong>oevo, venendo<br />

ripetutamente copiate nei co<strong>di</strong>ci e commentate. Al <strong>di</strong> là della Vita nova e della Comme<strong>di</strong>a, Dante è<br />

anche e soprattutto, per i due secoli successivi, il maestro della poesia morale.<br />

[Le canzoni ‘petrose’] Non tutti i testi giovanili <strong>di</strong> argomento amoroso finiscono nella Vita<br />

nova. Ne rimangono fuori quelli occasionali, quelli scritti per donne <strong>di</strong>verse da Beatrice o quelli che<br />

male si inserivano nella trama del libro. Si tratta in tutto <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> poesie d’amore: sonetti,<br />

canzoni e b<strong>alla</strong>te (genere metrico, quest'ultimo, che Dante e gli stilnovisti e i poeti successivi<br />

adoperano quasi esclusivamente per il tema erotico). Né la poesia d'amore cessa del tutto dopo la<br />

Vita nova, negli anni della maturità; ma cambiano lo stile, il registro e la de<strong>di</strong>cataria del canto.<br />

Beatrice aveva suggerito atmosfere rarefatte e, come <strong>di</strong>rà Dante rimpiangendola, «dolci rime<br />

d’amore». Al contrario, una donna chiamata col senhal (‘epiteto, soprannome’) <strong>di</strong> Petra (perché<br />

aspra, spietata, crudele) ispira a Dante, poco prima dell'esilio, alcune delle sue più celebri canzoni,<br />

definite ‘petrose’. A unificare queste ‘petrose’ sono il motivo-base costituito d<strong>alla</strong> sofferenza del<br />

poeta a causa dell'ostilità della donna amata, e, soprattutto, l'estrema originalità dello stile utilizzato.<br />

L'invenzione <strong>di</strong> Dante consiste infatti nel proiettare il tema sul linguaggio, facendo corrispondere<br />

<strong>alla</strong> durezza del contenuto la durezza dell’espressione. Si osservi, per esempio, il lessico in rima dei<br />

primi versi della canzone ‘petrosa’ Così nel mio parlar: «Così nel mio parlar voglio esser aspro /<br />

com’è negli atti questa bella petra, / la quale ognora impetra / maggior durezza e più natura cruda, /<br />

e veste sua persona d’un <strong>di</strong>aspro…» (‘Voglio che le mie parole siano aspre così come è aspra questa<br />

donna nei suoi atti: lei che è sempre più dura e crudele, e copre il suo corpo con una pietra<br />

preziosa...’). Di questo sperimentalismo formale è prova anche la forma metrica <strong>di</strong> due dei testi che<br />

vengono tra<strong>di</strong>zionalmente inseriti nel gruppo delle ‘petrose’: Al poco giorno e al gran cerchio<br />

d’ombra e Amor tu ve<strong>di</strong> ben che questa donna. Il primo è una sestina, cioè una forma particolare <strong>di</strong><br />

canzone coniata probabilmente dal trovatore Arnaut Daniel e composta da sei stanze ciascuna<br />

composta da sei versi, e con sei sole parole-rima che si ripetono, secondo un or<strong>di</strong>ne ogni volta<br />

<strong>di</strong>verso, in tutte le stanze del testo; il secondo è una ‘sestina doppia’: genere, o meglio monstruum<br />

metrico inventato da Dante in cui si ripete lo stesso artificio, ma su una superficie doppia: le stanze<br />

hanno infatti non sei ma do<strong>di</strong>ci versi.<br />

4.4 Il «De vulgari eloquentia»<br />

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