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Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

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poi, non si era mai veramente interrotta: la descrizione della vita e delle gesta <strong>di</strong> uomini famosi è un<br />

luogo comune della storiografia me<strong>di</strong>evale. La novità <strong>di</strong> Petrarca consiste soprattutto in tre fatti: un<br />

<strong>di</strong>verso rapporto con le fonti eru<strong>di</strong>te, nel senso che egli non si limita a ripetere quanto vi trova<br />

scritto ma fa opera veramente critica <strong>di</strong> storiografo, confrontandole ed emendandole dagli errori; un<br />

atteggiamento ‘laico’ <strong>di</strong> fronte ai personaggi ritratti, apprezzati e lodati, più che per la loro funzione<br />

provvidenziale, per le loro virtù umane (il coraggio, la lealtà, ecc.); una rigida selezione quanto al<br />

‘genere’ dei biografati: «non vi si parla – scriverà Petrarca – <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci né <strong>di</strong> poeti o filosofi, ma<br />

soltanto <strong>di</strong> coloro che si <strong>di</strong>stinsero per le virtù militari o per il grande amore per la patria»: è quello<br />

che oggi chiameremmo il ‘valore civile’ a interessare il biografo, non la virtù in sé. Il De viris venne<br />

ripreso da Petrarca all’inizio degli anni Cinquanta e ampliato con l’aggiunta <strong>di</strong> biografie <strong>di</strong><br />

personaggi appartenenti alle civiltà extraromane: l’oriente, il mito greco, la Bibbia; ma anche questa<br />

seconda redazione dell’opera resterà incompiuta.<br />

[I Rerum memorandarum libri] Nel 1343, Petrarca avvia un’altra opera storiografica meno<br />

impegnativa del De viris illustribus, i Rerum memorandarum libri. Si tratta <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong><br />

aneddoti - sul modello dei Fatti e detti memorabili dello storico latino Valerio Massimo - che,<br />

secondo il progetto iniziale, dovevano servire a illustrare le quattro virtù car<strong>di</strong>nali: giustizia,<br />

prudenza, fortezza e temperanza. La materia degli aneddoti è tratta non solo, come nel De viris,<br />

d<strong>alla</strong> storia romana, ma anche da quella contemporanea: tra i detti e i fatti memorabili registrati ci<br />

sono anche quelli, per esempio, <strong>di</strong> re Roberto d’Angiò, <strong>di</strong> Matteo Visconti, <strong>di</strong> Dante. I limiti<br />

dell’opera sono chiari. Se il De viris era troppo ambizioso, e perciò venne abbandonato, questo<br />

catalogo <strong>di</strong> Res memorandae è troppo caotico e occasionale per avere un reale interesse<br />

storiografico: anch’esso rimase incompiuto e venne pubblicato soltanto dopo la <strong>morte</strong> del poeta.<br />

[La svolta autobiografica degli anni Quaranta: il Secretum] Nel corso degli anni Quaranta,<br />

lasciata l’oggettività dell’epica e della storiografia, l’opera <strong>di</strong> Petrarca si orienta verso un più forte<br />

coinvolgimento soggettivo: il poeta riflette e parla <strong>di</strong> sé, in linea con quel proposito <strong>di</strong> autoanalisi e<br />

<strong>di</strong> conversione cui si è accennato sopra. Nella prosa latina del Secretum (intitolato in effetti De<br />

secreto conflictu curarum mearum ‘Sul segreto conflitto delle mie angustie’), Petrarca si ispira per<br />

il contenuto alle Confessioni <strong>di</strong> sant’Agostino e per la forma ai <strong>di</strong>aloghi ciceroniani, e mette in<br />

scena una conversazione immaginaria tra se stesso e Agostino al cospetto della Verità. Nel primo<br />

libro, che funge da introduzione, Agostino esorta Francesco a riflettere sulla <strong>morte</strong> e a orientare la<br />

sua vita al bene: nessuno – sostiene infatti il maestro – può essere infelice contro la propria volontà.<br />

Nel secondo libro Agostino passa in rassegna i peccati capitali richiamando l’attenzione <strong>di</strong><br />

Francesco su quelli che più lo affliggono: e mentre egli può <strong>di</strong>rsi immune dall’invi<strong>di</strong>a, d<strong>alla</strong> gola o<br />

dall’avarizia, non altrettanto si può <strong>di</strong>re della lussuria, o <strong>di</strong> peccati tipici degli intellettuali come<br />

l’ambizione e l’acci<strong>di</strong>a. Proprio sulle tentazioni della carne e sulla fama terrena Agostino insiste nel<br />

terzo libro: l’amore per Laura, sostiene Agostino, ha allontanato, non avvicinato Francesco a Dio: la<br />

devozione per una creatura terrena è d’ostacolo a una condotta autenticamente cristiana. Quanto <strong>alla</strong><br />

letteratura, è tempo che Francesco abbandoni le opere ‘laiche’ che gli avevano dato la laurea poetica<br />

e passi a me<strong>di</strong>tare sui testi sacri e sul destino della sua anima: la <strong>morte</strong> – e in ciò il Secretum si<br />

avvicina a quelle opere della tra<strong>di</strong>zione cristiana de<strong>di</strong>cate al contemptus mun<strong>di</strong> (‘Il <strong>di</strong>sprezzo delle<br />

cose mondane’) – non è lontana.<br />

[Le opere d’ispirazione cristiana] La carriera letteraria <strong>di</strong> Petrarca segue almeno in parte, <strong>di</strong><br />

qui in poi, la <strong>di</strong>rezione in<strong>di</strong>cata dal Secretum. Tra il 1347 e il 1348 (ma alcuni stu<strong>di</strong>osi hanno<br />

proposto una datazione più alta, al 1342-43) scrive in latino sette Salmi penitenziali: preghiere<br />

tramate <strong>di</strong> citazioni bibliche in cui il poeta confessa il proprio smarrimento, <strong>di</strong>chiara il proposito <strong>di</strong><br />

pentirsi e confida nella misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina. Anche i due ‘saggi’ De vita solitaria e De otio<br />

religioso, scritti nella seconda metà degli anni Quaranta, recano chiari i segni dell’ispirazione<br />

cristiana: l’eru<strong>di</strong>zione classica delle opere del decennio precedente lascia il posto a un interesse<br />

introspettivo e parenetico. Il primo trattato (1346, con successivi rimaneggiamenti e de<strong>di</strong>ca nel<br />

1366, a Filippo <strong>di</strong> Cabassoles) è un elogio della solitu<strong>di</strong>ne e dell’otium intellettuale («leggere ciò<br />

che hanno scritto gli antichi – questo il progetto petrarchesco – e scrivere ciò che leggeranno i<br />

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