Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta
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[La lauda] Si definiscono lau<strong>di</strong> gli inni de<strong>di</strong>cati soprattutto a Maria e ai santi che alcune<br />
confraternite laiche adoperavano nelle loro preghiere, in margine ai canti liturgici, già a partire d<strong>alla</strong><br />
prima metà del Duecento. Questo tipo <strong>di</strong> devozione popolare si sviluppa soprattutto a Siena,<br />
Bologna e, in generale, in tutta l’Italia centrale. Del 1233 è il movimento degli Alleluianti (che<br />
prende il nome dal canto della messa che veniva intonato dai pellegrini), e a quell’occasione<br />
rimontano, probabilmente, i primi esempi <strong>di</strong> questi canti paraliturgici. Del 1260 è la formazione<br />
della compagnia dei Disciplinati <strong>di</strong> Perugia sotto la guida <strong>di</strong> Raniero Fasani. Da allora in poi, col<br />
fiorire delle confraternite laiche in tutta l’Italia centro-settentrionale, la lauda <strong>di</strong>ventò il più comune<br />
dei mezzi <strong>di</strong> devozione, e ancor oggi biblioteche e archivi vescovili conservano circa duecento<br />
raccolte <strong>di</strong> questi componimenti, i laudari. Si tratta <strong>di</strong> testi in gran<strong>di</strong>ssima parte anonimi, i più scritti<br />
in forma <strong>di</strong> b<strong>alla</strong>ta. Agli schemi delle origini, metricamente e retoricamente piuttosto semplici, ne<br />
succedono presto altri più complessi: segno che, <strong>alla</strong> lunga, le leggi formali della lirica d’arte - una<br />
certa eleganza <strong>di</strong> stile, una maggior cura nella composizione - hanno fatto breccia in questo settore<br />
inizialmente davvero popolare e ingenuo della poesia antica.<br />
[Iacopone da To<strong>di</strong>. La vita] Tra i pochi nomi <strong>di</strong> autori <strong>di</strong> laude conservatici d<strong>alla</strong> tra<strong>di</strong>zione,<br />
quello <strong>di</strong> Iacopone da To<strong>di</strong> (nato tra il 1230 e il 1236) è <strong>di</strong> gran lunga il più importante: importante<br />
al punto che egli può definirsi, se non l’inventore, il co<strong>di</strong>ficatore del ‘genere’ e il modello per tutti<br />
coloro che dopo <strong>di</strong> lui lo praticarono. Vissuto sino agli anni della maturità come laico, e (forse)<br />
precisamente come procuratore legale, Iacopone si converte attorno al 1269, <strong>di</strong>ventando prima<br />
terziario poi frate minore, e aderendo all’ala ‘ra<strong>di</strong>cale’ del francescanesimo, gli Spirituali, i quali<br />
professavano un’assoluta povertà e un’osservanza scrupolosa della Regola del Santo. La lotta<br />
condotta da Bonifacio VIII contro gli Spirituali e i loro alleati, la potente famiglia dei Colonna,<br />
coinvolge anche Iacopone, che viene messo in carcere. Ne esce nel 1304, per intervento del nuovo<br />
papa Benedetto XI; ritiratosi nel convento delle Clarisse <strong>di</strong> San Lorenzo, nelle vicinanze <strong>di</strong> To<strong>di</strong>,<br />
qui muore nel 1307.<br />
[Temi e carattere delle laude iacoponiche] Se li paragoniamo alle lau<strong>di</strong> che si trovano, per lo<br />
più anonime, nei manoscritti duecenteschi, i testi iacoponici presentano una gamma <strong>di</strong> registri e <strong>di</strong><br />
temi molto più varia. C’è sì in lui, come nei suoi predecessori, una componente mistico-ascetica che<br />
in cui si esprimono i motivi più caratteristici della spiritualità cristiana: l’esortazione <strong>alla</strong> virtù e al<br />
pentimento, il timore <strong>di</strong> Dio e della <strong>morte</strong> nel peccato, lo svilimento del corpo, l’abominio delle<br />
ricchezze. Ma insieme, il canzoniere <strong>di</strong> Iacopone dà spazio a temi <strong>di</strong> natura privata: invettive (per<br />
esempio quella contro il nemico per eccellenza, il papa Bonifacio VIII contro il quale si scaglierà<br />
anche Dante nella Comme<strong>di</strong>a), epistole in versi a destinatari storici (come papa Celestino V o i<br />
confratelli dell’Or<strong>di</strong>ne, ai quali molte <strong>di</strong> queste lau<strong>di</strong> sono <strong>di</strong> fatto in<strong>di</strong>rizzate), testi autobiografici e<br />
‘lirici’ come quello notissimo scritto in prigionia, Que farai, fra Iacovone? (vv. 15-19):<br />
la presone che m’è data,<br />
una casa sotterrata<br />
arèscece una privata,<br />
non fa fragar de moscune.<br />
[Sono stato rinchiuso in un sotterraneo - i sotterranei del convento <strong>di</strong> San Fortunato a To<strong>di</strong> - nel quale sbocca una<br />
latrina: l’odore non è quello del muschio].<br />
È un modello <strong>di</strong> ‘poesia dell’io’ ben <strong>di</strong>verso da quello che ispira la contemporanea lirica toscana. Il<br />
tono brusco e <strong>di</strong>retto, la violenza delle immagini, la quoti<strong>di</strong>anità del lessico e della sintassi, in una<br />
parola il realismo <strong>di</strong> Iacopone si avvicinano piuttosto all’altra ‘scuola poetica’, questa interamente<br />
laica, che andava formandosi in quegli anni tra Firenze e Siena: il filone burlesco <strong>di</strong> Rustico Filippi<br />
o <strong>di</strong> Cecco Angiolieri che abbiamo visto rappresentare una sorta <strong>di</strong> contraltare borghese e realistico<br />
al mondo della ‘cortesia’ tenuto vivo dagli stilnovisti.<br />
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