30.01.2013 Views

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

[I temi: amore e fortuna] Gli argomenti delle novelle sono così descritti nel Proemio (14):<br />

«... nelle quali novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati avvenimenti si vederanno così<br />

ne’ moderni tempi avvenuti come negli antichi». Amore e fortuna sono, in effetti, i temi dominanti<br />

del libro. Il primo era, come si è visto, già largamente presente nella narrativa <strong>di</strong> Boccaccio – ma<br />

nella sua versione elegiaca (casi sfortunati <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazie d’amore) piuttosto che in quella burlesca o<br />

euforica prevalente nel Decameron, dove il nome <strong>di</strong> amore è dato spesso <strong>alla</strong> semplice<br />

sod<strong>di</strong>sfazione sessuale: la quarta e la quinta giornata sono quelle consacrate alle imprese d’amore<br />

così concepite (ecco per esempio la rubrica che introduce la quarta giornata: «Sotto il reggimento <strong>di</strong><br />

Filostrato, si ragiona <strong>di</strong> coloro, li cui amori ebbero infelice fine»). Il secondo tema, la fortuna, va<br />

inteso nel senso più largo <strong>di</strong> ‘caso, destino, fatalità, accidente, peripezia’: ciò che <strong>di</strong> strano e<br />

singolare, insomma, movimenta la normale vita degli uomini, Novelle ispirate a questo soggetto si<br />

trovano soprattutto nella seconda giornata («si ragiona <strong>di</strong> chi, da <strong>di</strong>verse cose infestato, sia, oltre<br />

<strong>alla</strong> sua speranza, riuscito a lieto fine») e nella terza.<br />

[Il versante ‘comico’] Ma a questi due temi almeno due altri se ne debbono aggiungere,<br />

entrambi appartenenti al registro ‘basso’ o comico della narrativa: il motto, che dà la materia alle<br />

novelle della sesta giornata (dove si racconta dei «leggiadri motti» e delle «pronte risposte» che i<br />

personaggi trovano per venire a capo <strong>di</strong> una situazione spinosa); e la beffa, che è al centro delle<br />

novelle dell’ottava giornata (dove, come recita la rubrica che la introduce, «si ragiona <strong>di</strong> quelle<br />

beffe che tutto il giorno o donna ad uomo, o uomo a donna, o l’uno uomo all’altro si fanno»). Una<br />

parte considerevole delle novelle decameroniane – e tra queste alcune delle più famose – è scritta<br />

infattii col principale scopo <strong>di</strong> far ridere, e ciò avviene o per l’uso pronto ed arguto della parola da<br />

parte dei protagonisti o per il genio da essi <strong>di</strong>mostrato nel mettere nel sacco i loro interlocutori. Così<br />

- per illustrare il primo caso: l’abilità nell’uso delle parole - Guido Cavalcanti zittisce con una<br />

battuta un gruppo <strong>di</strong> buontemponi che volevano prendersi gioco <strong>di</strong> lui (nov. VI 9). Oppure, così<br />

frate Cipolla rime<strong>di</strong>a ad una beffa che due giovani avevano macchinato contro <strong>di</strong> lui: i due<br />

sostituiscono la penna che frate Cipolla spacciava per una reliquia (una piuma dell’arcangelo<br />

Gabriele) con un pugno <strong>di</strong> carbone; il frate se ne accorge tar<strong>di</strong>, durante l’omelia, ma non si perde<br />

d’animo: un nuovo miracolo – sostiene – ha trasformato la penna nei carboni coi quali «fu arrostito<br />

san Lorenzo», la cui festa, non per caso, ricorre «<strong>di</strong> qui a due dì» (nov. VI 10). E così – per<br />

illustrare il secondo caso: capacità <strong>di</strong> ingannare il prossimo – lo sfrontato ser Ciappelletto riesce a<br />

darla a bere al prete che lo confessa in punto <strong>di</strong> <strong>morte</strong>, e dopo una vita spesa nel vizio e nel crimine<br />

viene seppellito in terra consacrata e in fama <strong>di</strong> santità (nov. I 1). Oppure, così allo sciocco<br />

Calandrino viene fatto credere <strong>di</strong> essere invisibile (nov. VIII 3).<br />

[Il nuovo realismo boccacciano] Si tratta, scrive Boccaccio nel Proemio, <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> «ne’<br />

moderni tempi avvenuti come negli antichi». Una parte delle novelle s’ispira in effetti <strong>alla</strong> storia e<br />

<strong>alla</strong> letteratura antica, o situa nell’antichità – o in un mondo <strong>di</strong>verso da quello contemporaneo – la<br />

trama del racconto: è la componente eru<strong>di</strong>ta della poetica <strong>di</strong> Boccaccio, che già aveva fatto le sue<br />

prove nel Filocolo, e che ispirerà le opere latine della maturità. Ma l’importanza del Decameron<br />

risiede soprattutto nelle novelle sui ‘costumi contemporanei’. Attraverso <strong>di</strong> esse entra nella<br />

letteratura <strong>italiana</strong> la realtà umana nelle sue più varie manifestazioni: veri citta<strong>di</strong>ni, veri borghesi,<br />

donne e uomini reali sono i protagonisti della narrazione, e le loro non sono le sublimi passioni che<br />

erano state cantate nell’epica o nei romanzi cavallereschi, ma le comuni passioni che sono proprie<br />

<strong>di</strong> ogni essere umano. Sicché, se anche spesso il tema del racconto non è originale perché Boccaccio<br />

recupera (e talvolta ripete pari pari) i modelli della novellistica classica, me<strong>di</strong>olatina o volgare,<br />

l’ambientazione – l’Italia contemporanea, e la città <strong>di</strong> Firenze in particolare – sortisce sempre effetti<br />

<strong>di</strong> notevole realismo. Ed è in questa lezione – la rappresentazione della vita così come essa è, senza<br />

le idealizzazioni che erano state caratteristiche della letteratura cortese, e senza i moralismi degli<br />

exempla cristiani – il lascito più duraturo del Decameron <strong>alla</strong> tra<strong>di</strong>zione narrativa occidentale, e<br />

insieme la ragione della sterminata fortuna <strong>di</strong> cui il libro godrà nei secoli successivi.<br />

[Lo stile] Non dello stile del Decameron bisognerebbe parlare, bensì degli stili, al plurale. Il<br />

linguaggio reagisce e si adegua, infatti, <strong>alla</strong> varietà dei registri e delle situazioni messe in scena<br />

67

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!