30.01.2013 Views

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

Letteratura italiana: dalle Origini alla morte di ... - Claudio Giunta

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

nelle novelle. Il Cinquecento apprezzò, e promosse a norma per tutti i prosatori, soprattutto il puro<br />

ed elegantissimo fiorentino che Boccaccio adopera nella cornice, quando parla in prima persona:<br />

una prosa elaborata, sintatticamente complessa, incline a sigillare i perio<strong>di</strong> con particolari figure<br />

ritmiche (quello che nella prosa latina viene definito cursus). Al polo <strong>di</strong>ametralmente opposto, lo<br />

stile delle novelle ‘comiche’ (per esempio quelle della sesta giornata) ebbe grande influenza sui<br />

novellieri ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Boccaccio. Non che la prosa narrativa anteriore a lui non conoscesse il registro<br />

‘basso’, tutt’altro, ma nel Decameron tale registro si arricchisce <strong>di</strong> molte ine<strong>di</strong>te sfumature. Per<br />

esempio, Boccaccio è consapevole delle potenzialità espressive dei <strong>di</strong>aletti, e se ne serve per la<br />

descrizione <strong>di</strong> ambienti e personaggi. Inoltre, egli è maestro nella resa del <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto: mentre i<br />

narratori che lo hanno preceduto prestavano le loro parole ai personaggi del racconto, senza alcun<br />

tentativo <strong>di</strong> caratterizzazione in<strong>di</strong>viduale, Boccaccio dà a ciascuno una voce <strong>di</strong>versa, anticipando<br />

quella ‘polifonia’ <strong>di</strong> linguaggi e <strong>di</strong> stili che sarà tipica del romanzo moderno. Ma c’è poi, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />

raffinatezze come queste, il comico ‘puro’, il puro e semplice <strong>di</strong>vertimento verbale, e in tal caso<br />

Boccaccio non <strong>di</strong>sdegna <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong> artifici tra<strong>di</strong>zionali: giochi <strong>di</strong> parole, bisticci, doppi sensi o –<br />

come nell’esempio che segue, tratto d<strong>alla</strong> novella <strong>di</strong> frate Cipolla (VI x 17) – la figura fonica detta<br />

omeoteleuto (cioè l’identità <strong>di</strong> desinenza tra parole contigue in un testo in prosa): «egli [Guccio<br />

Imbratta, aiutante del frate] è tardo, sugliardo e bugiardo; negligente, <strong>di</strong>subi<strong>di</strong>ente e mal<strong>di</strong>cente;<br />

trascutato, smemorato e scostumato; senza che egli ha alcune altre teccherelle con queste, che si<br />

taccion per lo migliore».<br />

[Modelli e fonti] Così come è necessario parlare <strong>di</strong> una pluralità <strong>di</strong> stili, allo stesso modo<br />

sono molti i modelli ai quali Boccaccio può essersi ispirato per la costruzione del Decameron. Si è<br />

accennato <strong>alla</strong> tra<strong>di</strong>zione arabo-orientale della cornice; ma l’idea <strong>di</strong> una ‘narrazione <strong>di</strong> gruppo’<br />

poteva venire allo scrittore anche da testi classici come i Saturnalia <strong>di</strong> Macrobio o le Metamorfosi<br />

<strong>di</strong> Apuleio. Quanto <strong>alla</strong> peste e <strong>alla</strong> ‘brigata’ dei giovani, una possibile fonte figurativa è stata <strong>di</strong><br />

recente segnalata (Battaglia Ricci) negli affreschi raffiguranti il Trionfo della <strong>morte</strong> nel Camposanto<br />

monumentale <strong>di</strong> Pisa. Nelle singole novelle, Boccaccio sfrutta e contamina tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sparate -<br />

non ultima quella per eccellenza inverificabile: la tra<strong>di</strong>zione orale – ed è dunque impossibile dare<br />

un quadro sintetico dei suoi ‘prelievi’. Ma, in sintesi, si consideri l’eccezionale ampiezza delle fonti<br />

boccacciane: oltre ad attingere <strong>dalle</strong> raccolte <strong>di</strong> ‘esempi’ in latino (come la Leggenda aurea <strong>di</strong><br />

Jacopo da Varazze) e in volgare (raccolte rivisitate, come si è accennato, secondo un’ottica laica e<br />

non moralistico-cristiana), egli conosce e riusa i testi latini (Apuleio, Ovi<strong>di</strong>o), i fabliaux (‘favole’) e<br />

le poesie francesi lette <strong>alla</strong> corte napoletana degli Angiò, le comme<strong>di</strong>e me<strong>di</strong>olatine oltre che,<br />

naturalmente, i ‘classici’ della giovane letteratura <strong>italiana</strong>: il Novellino, la Comme<strong>di</strong>a. A queste<br />

influenze colte si affianca infine la tra<strong>di</strong>zione popolare: i proverbi e gli aneddoti che circolavano a<br />

Firenze (per esempio, quello relativo <strong>alla</strong> «bella risposta» che Guido Cavalcanti dà ai suoi<br />

motteggiatori: novella VI 9)<br />

6.4 Le opere successive al «Decameron» e la fortuna <strong>di</strong> Boccaccio<br />

[Le Genealogie] Negli anni della piena maturità, dopo la scrittura del Decameron,<br />

Boccaccio abbandona le ‘favole’ romanzesche, liquida – secondo un cliché ben <strong>di</strong>ffuso nel<br />

Me<strong>di</strong>oevo – come errori giovanili le proprie poesie in volgare (che a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Petrarca non<br />

raccoglierà mai in un volume unitario) e s’impegna in alcuni trattati eru<strong>di</strong>ti in latino. Un libro sulla<br />

mitologia classica era stato sollecitato a Boccaccio già attorno al 1350 da Ugo IV <strong>di</strong> Lusignano, re<br />

<strong>di</strong> Cipro. Ugo morì nel 1359, ma Boccaccio sod<strong>di</strong>sfece lo stesso il desiderio dell’antico committente<br />

lavorando, dai primi anni Sessanta sino <strong>alla</strong> <strong>morte</strong>, alle Genealogiae deorum gentilium (‘Genealogie<br />

degli dei pagani’). L’opera si articola in quin<strong>di</strong>ci libri: nei primi tre<strong>di</strong>ci - che compen<strong>di</strong>ano l’intero<br />

patrimonio della mitologia pagana, e che avranno grande influenza su letterati e pittori durante tutto<br />

il Rinascimento - Boccaccio riversa tutta la sua non comune cultura classica, ricorrendo, oltre che ai<br />

ben noti Virgilio e Ovi<strong>di</strong>o, anche ad Omero: grazie alle lezioni dell’eru<strong>di</strong>to Leonzio Pilato,<br />

Boccaccio possedeva infatti (quasi unico tra i suoi contemporanei) buoni ru<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> greco, e<br />

68

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!