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Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis

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6. Attitudini verso la donazione<br />

Tutto ciò si riflette in modo diretto sulle esperienze e sugli atteggiamenti mostrati<br />

nei confronti della donazione del sangue. Molte delle persone intervistate, sia fra i<br />

senegalesi che fra i romeni, hanno riferito esperienze di donazione nel paese<br />

d’origine, in genere occasionali, legate a circostanze specifiche e non sistematiche.<br />

Per quanto riguarda i romeni, sono stati frequenti nelle interviste i riferimenti – per il<br />

periodo socialista – a donazioni organizzate all’interno di istituzioni pubbliche come<br />

la scuola (coinvolgendo anche minorenni, a detta di alcuni) o l’esercito. In questi<br />

casi la donazione si presenta come una scelta quasi obbligata, rispetto alla quale<br />

era difficile tirarsi indietro; si dà comunque rilievo ai benefit che essa implicava, ad<br />

esempio giorni di vacanza a scuola o di riposo sul lavoro. Sono riportati anche casi<br />

di sangue ”donato” per un compenso in denaro, e frequenti sono i riferimenti alla<br />

finalità di ottenere gratuitamente le analisi ematologiche. Infine, è diffusa la credenza<br />

in benefici fisiologici della donazione per il donatore stesso – un punto su cui<br />

tornerò oltre.<br />

In ogni caso, due aspetti emergono con forza. In primo luogo, nel periodo di Ceausescu<br />

la donazione sembra essere molto diffusa, incoraggiata dalla propaganda<br />

sulla base di slogan che presentano il popolo romeno come “sano e forte”, e organizzata<br />

con una fitta rete di centri di raccolta. In secondo luogo, le motivazioni soggettive<br />

alla donazione sono completamente centrate sui vantaggi personali, e in<br />

esse manca (sorprendentemente, dal punto di vista delle retoriche cui siamo abituati)<br />

il riferimento alla solidarietà e ai valori civici. Semplicemente, la donazione<br />

non è una pratica che si svolge (come nelle forme più tipiche di volontariato) sul<br />

livello della società civile – o del rapporto fra i pari, come lo abbiamo prima definito.<br />

C’è una connessione fra questi due punti? La gestione diretta da parte dello Stato<br />

sembra direttamente proporzionale all’assenza di motivazioni civiche e solidaristiche.<br />

E’ come se il regime, inglobando la pratica nella sua rete amministrativa e burocratica,<br />

l’avesse espropriata completamente alla società civile e al suo “spirito del<br />

dono” (accostandola semmai a una ideologia nazionalista che ha come corollario<br />

certi atteggiamenti di esclusione etnica che si sono manifestati nelle interviste –<br />

come il rifiuto di principio di donare sangue agli zingari). La donazione del sangue<br />

diviene qui aspetto emblematico di una disgregazione dei valori civici che caratterizza<br />

i migranti romeni, e che rappresenta forse il maggiore problema aperto nel<br />

loro percorso di integrazione sociale e culturale.<br />

Nel caso dei senegalesi, si citano donazioni in occasione di appelli di leader religiosi,<br />

o a fronte di casi immediati di bisogno. Si dà grande rilievo alla piena e incondizionata<br />

disponibilità a donare di fronte a una necessità, a una richiesta di aiuto.<br />

E’ significativo che ci si rappresenti il Senegal come un paese senza problemi<br />

dal punto di vista della disponibilità di sangue, proprio perché nessuno si tirerebbe<br />

indietro di fronte a una richiesta. Un’immagine che contrasta con quella delle fonti<br />

ufficiali (v. p.es. “Securité transfusionelle”, in www.cnls.sn), che parlano di una si-<br />

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