Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis
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“contemporanei” (nel linguaggio di Alfred Schutz, le persone che non conosco e<br />
che condividono il mio tempo) e i miei “associati” (coloro con i quali intrattengo<br />
concrete relazioni di vicinanza). Il fatto che nelle società europee contemporanee<br />
secolarizzate il linguaggio religioso venga sostituito da quello di una “religione civile”<br />
non fa molta differenza in questo senso (per altri versi, ovviamente, ne fa invece<br />
moltissima). E’ bene ricordare che le stesse associazioni di donatori europee sono<br />
nate spesso in ambito religioso; e questo aspetto va tenuto costantemente presente<br />
nel rapportarsi ai gruppi migranti che provengono da società non secolarizzate,<br />
come la gran parte di quelle islamiche.<br />
Tutto questo ci riporta al punto cruciale già in precedenza sottolineato: associazioni<br />
come l’<strong>Avis</strong> rappresentano l’insostituibile interfaccia tra i valori astratti e universali<br />
della cittadinanza e la disponibilità solidale concreta e intima, localizzata nella materialità<br />
del corpo e in reti di relazioni personali dirette. Da qui l’importanza, nella<br />
pratica di queste associazioni, dell’equilibrio fra il richiamo a valori etici e sociali universalistici,<br />
da un lato, e dall’altro il radicamento locale, cioè in gruppi comunitari<br />
di rapporti faccia a faccia. Come detto, è qui che si coglie tutta la differenza tra<br />
l’<strong>Avis</strong> e le iniziative di solidarietà che lavorano esclusivamente sul piano<br />
dell’opinione pubblica, ad esempio raccogliendo denaro attraverso campagne<br />
promozionali condotte sui media, ed appellandosi agli aspetti più astratti e disincarnati<br />
della civicness.<br />
Quali conseguenze per il problema degli immigrati? Il nostro studio ci ha portato di<br />
fronte a due casi nei quali le campagne di sensibilizzazione si trovano a fare i conti<br />
con presupposti molto diversi. Nel caso senegalese, una predisposizione universalista<br />
molto forte alla donazione, radicata nel modello culturale tradizionale della teranga<br />
e nella sensibilità religiosa islamica; con il problema, tuttavia, di “educare” le<br />
motivazioni fortemente emozionali e legate alle “chiamate” e alle situazioni di concreta<br />
contingenza in direzione di un modello di maggiore regolarità e fidelizzazione.<br />
Nel caso romeno, ci siamo invece trovati di fronte a una forte disgregazione dei<br />
valori civici e dei vincoli di solidarietà, che è particolarmente difficile ricucire nella<br />
situazione migratoria, all’interno di situazioni di vita precarie e in un’opinione pubblica<br />
permeata di stereotipi negativi. In questo caso, difficilmente la comunità<br />
(sempre che questo termine possa essere utilizzato) migrante può rappresentare<br />
la mediazione verso pratiche solidaristiche. D’altra parte, è possibile che l’adesione<br />
a organizzazioni del terzo settore rappresenti per molti migranti romeni una strada<br />
importante verso l’integrazione. Il numero piuttosto alto di soci romeni riscontrato<br />
dal più recente censimento <strong>Avis</strong> sulle presenze straniere nella Regione indicherebbe<br />
proprio questo: si tratta comunque di dati da comprendere meglio, in relazione<br />
all’età, ai livelli di istruzione e ai percorsi migratori specifici delle persone<br />
coinvolte.<br />
Come detto fin dall’inizio, i risultati emersi nei due casi non sono generalizzabili: è<br />
possibile che studi su altri contesti evidenzierebbero situazioni ancora diverse.<br />
Quello che appare evidente è però l’importanza di collocare la comprensione di<br />
queste dinamiche interculturali all’interno di contesti locali e territoriali specifici. E<br />
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