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Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis

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solo. Anzi, una varietà di fattori teoreticamente distinti si combinano<br />

per produrre gli effetti che osserviamo [Ibid., p.553].<br />

In tutt’altra direzione sembra andare il lavoro di Johannesson e Mellstrom [2005],<br />

che si chiedono già dal titolo del loro saggio se Titmuss aveva ragione<br />

nell’incentivare le donazioni gratuite. Lo studio si basa su di un esperimento condotto<br />

in Svezia su soggetti non donatori, divisi in maschi e femmine. I ricercatori<br />

offrono tre differenti opportunità: diventare donatori senza alcuna forma di pagamento,<br />

oppure dietro pagamento di 50 corone (circa sette dollari), infine scegliere<br />

se tenere le 50 corone o donarle per opere caritatevoli, e giungono alle seguenti<br />

conclusioni:<br />

La risposta al quesito posto nel titolo sembra essere un sì condizionato.<br />

Per quanto riguarda le donne, l’ipotesi di Titmuss di un “effetto<br />

di spiazzamento” [crowding out effect] riceve un supporto empirico<br />

dai dati raccolti. L’effetto è anche quantificabile. L’introduzione di sistemi<br />

di pagamento riduce le scorte di sangue di quasi la metà. Per<br />

gli uomini non abbiamo trovato alcun effetto di spiazzamento. Abbiamo<br />

anche mostrato come l’effetto di spiazzamento possa esser<br />

ridotto permettendo agli individui di donare il compenso in opere di<br />

carità. I nostri risultati hanno importanti implicazioni politiche. Suggeriscono<br />

in effetti che lo scetticismo con cui in molti paesi si giudicano<br />

le formule di pagamento per le donazioni di sangue, sia giustificato<br />

nei fatti. Ma i nostri risultati suggeriscono anche che il potenziale<br />

problema dell’introduzione di un pagamento in denaro può essere risolto<br />

semplicemente aggiungendo l’opzione dell’opera di carità<br />

spendibile con quegli stessi soldi [op.cit. p.12].<br />

Concludo questa prima parte con la citazione di Johansson e Mellstrom per cercare<br />

di mitigare il j’accuse da più parti rivolto a Titmuss. Vorrei comunque aggiungere<br />

una considerazione. L’introduzione delle domande-test, che intendono fornire<br />

un quadro complessivo del presunto stato di salute psico-fisica del donatore,<br />

interviene profondamente nell’immagine di sé di chi vuole donare. Questo cambiamento,<br />

resosi necessario all’indomani della scoperta delle nuove malattie<br />

emotrasmissibili al fine di tracciare un quadro il più esauriente possibile delle abitudini<br />

comportamentali del donatore, provoca uno scarto profondo rispetto<br />

all’impostazione del lavoro di Richard Titmuss. Anzitutto, molto prosaicamente,<br />

una perdita di tempo, che all’atto della prima donazione può determinare ripensamenti<br />

[Hollingsworth e Wildman 2004, p.10]. Questa perdita di tempo, in realtà,<br />

maschera il reale costo del sangue, “…che nei fatti è assorbito dai donatori. Purtroppo,<br />

quei costi diventano nuovamente visibili per l’esistenza di un mercato parallelo<br />

del sangue nelle strutture che lavorano per profitto. Ci si chiede: è eticamente<br />

corretto che i donatori assorbano molti di quei costi sotto l’apparenza<br />

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