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medico (analoga a quella che in Europa si è creata con la diffusione delle medicine
non convenzionali). Il modello biomedico è perfettamente padroneggiato dai nostri
intervistati, anche in considerazione del loro alto livello di istruzione; più o meno tutti
sanno muoversi adeguatamente in rapporto alle istituzioni sanitarie italiane. Medicina
islamica e tradizionale sembrano svolgere un ruolo nelle pratiche di self-help,
e contribuiscono al processo di patrimonializzazione della cultura d’origine di cui
abbiamo già discusso. E’ riportato un ricorso abbastanza frequente ai guaritori tradizionali
in Senegal, per i problemi che i servizi biomedici non sanno risolvere; nella
comunità migrante, accade che si chiedano attraverso il telefono consulti ai guaritori
direttamente in Senegal; ma si tratta di temi che dovrebbero essere approfonditi.
Le connotazioni simboliche del sangue emergono in relazione alle dottrine o alle
prescrizioni religiose: anche qui, il tema dell’impurità del sangue mestruale è molto
forte. Ma tutto ciò non sembra influenzare particolarmente il problema della donazione
del sangue, che come detto si definisce in relazione a valori (solidarietà, gratuità,
anonimato della donazione) nei quali il frame civico e quello islamico di fatto
coincidono.
8. Conclusioni e proposte: valori universali e mondi locali.
Cercherò, in conclusione, di sintetizzare i principali punti di riflessione che sono
emersi dal nostro lavoro, ricavando da essi indicazioni di massima per una possibile
prosecuzione della ricerca e, al contempo, per una sua messa a frutto in relazione
all’obiettivo di sensibilizzare e avvicinare i gruppi migranti alla donazione del
sangue.
Intanto, la donazione del sangue ci è apparsa come una pratica di solidarietà che
si colloca in un punto cruciale di articolazione tra lo stato e la società civile. Non si
fonda esclusivamente né sull’uno né sull’altro di questi due momenti della vita sociale,
ma sul rapporto tra i due (è questo il punto che non viene forse compiutamente
compreso né dai teorici del welfare state come Tittmus né dai sostenitori del
puro dono come Godbout). In altre parole, la donazione ci coinvolge sia come cittadini
astratti inseriti in un sistema di diritti-doveri regolati dalle istituzioni, sia come
individui concreti inseriti in reti di relazioni personali e solidali specifiche: rappresenta
anzi una di quelle peculiari pratiche sociali in cui l’articolazione tra i due aspetti
diviene visibile e pensabile. Questo spiega il suo alto valore e prestigio simbolico.
Donando il sangue, io trasporto sul piano della cittadinanza astratta (e delle relazioni
anonime che la caratterizzano) quella disponibilità solidale immediata che nasce
sul piano delle mie relazioni concrete e più intime; di più, lo faccio mettendo in
gioco il corpo, vale a dire l’oggetto sociale più strettamente connesso con il self,
con la percezione della propria essenza.
Ciò spiega anche la forte tendenza ad esprimere in termini religiosi i valori legati
alla donazione. La religione rappresenta spesso il più forte linguaggio di espressione
dei rapporti tra individuo e società, di giuntura fra la massa anonima dei miei
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