Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis
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ilmente si trovano a far parte: nessuno indagherebbe poi sull’uso del denaro ricevuto,<br />
anche se sono convinto che la maggior parte lascerebbe quel denaro per<br />
opere di carità, a conferma del proprio altruismo. Altre considerazioni, visto l’alto<br />
costo della sanità e l’impronta nettamente economicista del Paese, genera il lavoro<br />
di Glynn et alii [2003] sugli Stati Uniti. Secondo lo studio, basato su una ricerca<br />
condotta da otto grandi strutture statunitensi e che ha portato all’analisi di circa<br />
57.000 questionari compilati dai donatori di sangue, la maggior parte dei donatori<br />
gradirebbe una forma d’incentivo basata su analisi del sangue gratuite, oppure esenzione<br />
dal pagamento della tassa sulla trasfusione in caso di bisogno di sangue.<br />
Ma l’aspetto più interessante della ricerca è la scoperta che quanti gradirebbero<br />
una forma di pagamento diretta avrebbero una più alta percentuale (75%) di comportamenti<br />
a rischio di HIV non riportati nei questionari pre-donazione (UDR, unreported<br />
deferrable risk) 25 . Le conclusioni a cui giungono gli studiosi possono essere<br />
giudicate assai indicative: facendo sempre riferimento alla percentuale di UDR, essi<br />
sostengono che il pagamento in denaro influenzerebbe in maniera negativa la<br />
sicurezza delle scorte di sangue, mentre l’uso di incentivi non monetari comporterebbe<br />
un rischio assai più basso, a vantaggio della sicurezza [cfr. op.cit. p. 14]. Mi<br />
sia permessa una considerazione personale: dal momento che nel nostro paese le<br />
analisi del sangue sono offerte al donatore gratuitamente e che in più riceve una<br />
giornata di riposo dal lavoro e cibo gratis dopo la donazione, è lecito chiedersi, pur<br />
non sapendo in definitiva rispondere, quale sia il confine fra formule di pagamento<br />
e vera disposizione altruistica. Nel presentare il Bloddonorerne Danese, Mikkelsen<br />
[2002] traccia le linee guida di quello che sembra un Paese modello. La Danimarca<br />
ha piccole scorte in surplus rispetto al proprio fabbisogno sia di sangue che di<br />
plasma. Le donazioni sono tutte gratuite e non si acquistano emoderivati<br />
dall’estero. Gli ospedali pubblici, per coprire le spese delle associazioni che lavorano<br />
indipendentemente dagli enti pubblici, pagano una piccola tassa per ogni donazione.<br />
Nello sforzo di ringiovanimento dell’associazione, i danesi hanno scelto di<br />
ricorrere a tutti i mezzi che la tecnologia presenta: dalle newsletter ai giornalini<br />
25 Valentine [2005] si chiede invece, per l’Australia, quale tipologia di cittadino emerga dalla<br />
pratica o dall’astensione della donazione di sangue, e in quale contesto pubblico assuma rilevanza<br />
quella costitutività. Capire la donazione come pratica civile si rivela così strumento utile<br />
per afferrare proprio i significati dell’essere cittadini, dato che questa categoria si fonda principalmente<br />
su forme di esclusione. Giustamente, la pratica della donazione per il suo statuto<br />
pubblico elude i confini dell’appartenenza sociale, e si preclude la possibilità di non prendere<br />
in considerazione particolari tipologie di riceventi. Ma, rivela la studiosa, gli intervistati, potendo<br />
scegliere, escluderebbero dalla categoria dei donatori quelli che si fanno pagare: “…La<br />
condivisione del sé praticata dai donatori di sangue diventa, nel contesto di persone che si<br />
fanno pagare per donare, la presentazione di un sé inappropriato, non voluto”[p. 122]. Sappiamo<br />
per esperienza che molte sono le categorie di persone che non possono donare. Si<br />
crea così un corollario all’idea del cittadino altruista inserito nella società, l’immagine cioè del<br />
cattivo o del non-cittadino, il donatore che non è sano e che rende pericolosa la società civile<br />
attraverso un’occupazione inappropriata della stessa [cfr.p. 126].<br />
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