Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis
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prima di tutto un atto di reciprocità per ciò che si è ricevuto dal Paese<br />
d’accoglienza” 29 [Fantauzzi, 2007].<br />
Uscendo dai confini nazionali, torniamo per un momento agli indiani studiati da<br />
Copeman: con quali strumenti potrebbero essere coinvolti in pratiche che francamente<br />
li vedrebbero completamente tagliati fuori dai loro contesti abituali? Oppure<br />
pensiamo ai cinesi ed alla funzione elaborata dal social body. A cosa si potrebbe<br />
far riferimento per ovviare a costruzioni culturali che non trovano sostitutivi<br />
nei paesi di destinazione? La sfida è quanto mai ardua per chi opera nell’ambito<br />
della mediazione culturale. Ho deciso di proporre, su questo tema quanto mai attuale,<br />
la lettura dello studio di Duboz [Duboz et alii, 2006]. Partiamo dalle cifre:<br />
analizzando il gruppo dei donatori di sangue composto dagli immigrati di Marsiglia,<br />
pari al 1,44% dei donatori totali a fronte di una percentuale pari a circa il 7%<br />
di immigrati sulla popolazione totale, i ricercatori si sono chiesti il perché di questa<br />
discrepanza. Sulla base della classificazione dei donatori francesi per attività lavorativa,<br />
risulta che studenti, professioni liberali e professioni indipendenti rappresentano<br />
la maggioranza assoluta dei donatori. Quel 1,44% di donatori stranieri<br />
presenta le stesse caratteristiche socio-economiche, per cui,<br />
…Queste categorie socio-professionali corrispondono solo ad una<br />
piccola parte della popolazione straniera che risiede in città.(INSEE,<br />
1999). E’ dunque logico ritrovare una minuta percentuale di stranieri<br />
fra la popolazione dei donatori [Duboz, p. 12]<br />
Il punto è che, nelle parole dei ricercatori francesi, l’integrazione, auspicabile, per gli<br />
immigrati, non passa ormai più per il diritto di cittadinanza (il caso dei maghrebini<br />
che vivono nelle banlieue è assai chiaro in merito) ma è invece legata al loro riconoscimento<br />
sociale; è qui che diventa importante il ruolo del mediatore culturale,<br />
che sembrerebbe poter colmare il vuoto comunicativo.<br />
Per chiudere:<br />
29 Corsivi miei.<br />
[L’integrazione] è pertanto, e soprattutto, legata all’azione ed alla volontà<br />
di riconoscimento degli individui interessati. I donatori di sangue<br />
si sentono più cittadini che i non-donatori. Perché essere cittadini,<br />
per i donatori intervistati, consiste, fra l’altro, nell’appartenere ad una<br />
comunità, un insieme di persone, e partecipare. E essere riconosciuti<br />
in qualità di membri attivi all’interno di quella comunità. Evidentemente,<br />
non sembra affatto che il dono possa creare questa appartenenza,<br />
ma ne è una dimostrazione [op.cit. p.13].<br />
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