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Ricerca Immigrati_impaginato(.Pdf 1.8 MB) - Avis

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caso dei donatori marocchini studiati a Torino da Annamaria Fantauzzi (tuttavia<br />

recenti studi, analizzati nel successivo saggio di Giovanni Luca Mancini, evidenziano<br />

i rischi e i termini di sicurezza che questo tipo di iniziativa può implicare). In<br />

ogni caso, è importante riflettere ulteriormente sul modo di integrare e rendere<br />

compatibili il modello culturale della “disponibilità a chiamata” con quello della donazione<br />

sistematica e regolare richiesto dalla moderna organizzazione della raccolta<br />

del sangue.<br />

7. Credenze mediche folk e percezione del sistema sanitario<br />

Tornando al caso romeno, una delle motivazioni comunemente addotte per la donazione<br />

nel paese d’origine è il fatto che dare il sangue periodicamente “fa bene”<br />

all’organismo, rappresenta cioè una sorta di periodica purificazione o benefico ricambio.<br />

Questa convinzione sembra largamente diffusa nella cultura popolare, e si<br />

innesta su concezioni che legano il benessere organico al rinnovamento dei cicli<br />

stagionali, all’espulsione di sostanze impure accumulate con la stanchezza o il<br />

semplice passare del tempo. E’ il sangue “stanco”, “ingrassato”, che va espulso e<br />

rinnovato, e questo può essere ottenuto attraverso la donazione, concepita qui<br />

come un vero e proprio salasso; il sangue perduto si ricostituisce attraverso<br />

l’alimentazione, con il consumo di cibi “sani” e “potenti” – il vino in primo luogo. Si<br />

tratta ovviamente di una motivazione autocentrata che esclude l’idea di solidarietà.<br />

Anzi, gli intervistati sembrano non percepire la contraddizione insita nel donare<br />

sangue “cattivo”, e fanno genericamente riferimento a fantasiosi “filtri” che lo ripulirebbero.<br />

A queste credenze se ne accompagnano altre che costituiscono una ricca<br />

costellazione di connotazioni simboliche del sangue: ad esempio quelle<br />

sull’impurità del sangue mestruale e sui relativi tabù imposti alla donna mestruata<br />

(che sembrano largamente diffusi nella stessa comunità migrante), e quelle, assai<br />

rilevanti ai nostri fini, sul nesso fra i gruppi sanguigni e i caratteri o le personalità<br />

individuali. In particolare, è emerso il riferimento a un gruppo sanguigno particolare<br />

che caratterizzerebbe i “pazzi”, o comunque le persone dotate di uno spirito vivace,<br />

estroso e in qualche modo deviante.<br />

In altre parole, si evidenziano nelle interviste ampi elementi di una concezione<br />

medico-antropologica classificatoria, con una immagine del corpo come equilibrio<br />

di “qualità”, “umori” ed “elementi” contrastanti, a loro volta in rapporto con l’equilibrio<br />

degli elementi del mondo naturale. È come se la donazione del sangue, pratica<br />

medica moderna per eccellenza, fosse riletta sullo sfondo di queste rappresentazioni<br />

premoderne, rendendola appunto compatibile con il concetto di salasso.<br />

Diversa, anche in questo caso, è la cultura medico-antropologica emersa nella<br />

comunità senegalese, che si caratterizza per la compresenza di tre diverse cornici<br />

di saperi: quello biomedico o “occidentale”, quello della medicina islamica e quello<br />

delle culture locali tradizionali. I tre livelli non entrano in particolare tensione tra loro,<br />

e sembrano piuttosto complementari, configurando una situazione di pluralismo<br />

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