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Talora, appena glien'era stata raccontata una, veniva uno e le diceva che non era vero<br />
nulla; ma per dargliene in cambio un'altra, ugualmente strana o sinistra. Tutte ciarle: ecco<br />
il fatto.<br />
Il governatore di Milano e capitano generale in Italia, don Gonzalo Fernandez di Cordova,<br />
aveva fatto un gran fracasso col signor residente di Venezia in Milano, perché un<br />
malandrino, un ladrone pubblico, un promotore di saccheggio e d'omicidio, il famoso<br />
Lorenzo Tramaglino, che, nelle mani stesse della giustizia, aveva eccitato sommossa per<br />
farsi liberare, fosse accolto e ricettato nel territorio bergamasco. Il residente avea risposto<br />
che la cosa gli riusciva nuova, e che scriverebbe a Venezia, per poter dare a sua<br />
eccellenza quella spiegazione che il caso avesse portato.<br />
A Venezia avevan per massima di secondare e di coltivare l'inclinazione degli operai di<br />
seta milanesi a trasportarsi nel territorio bergamasco, e quindi di far che ci trovassero molti<br />
vantaggi e, soprattutto quello senza di cui ogni altro è nulla, la sicurezza. Siccome però,<br />
tra due grossi litiganti, qualche cosa, per poco che sia, bisogna sempre che il terzo goda;<br />
così Bortolo fu avvisato in confidenza, non si sa da chi, che Renzo non istava bene in quel<br />
paese, e che farebbe meglio a entrare in qualche altra fabbrica, cambiando anche nome<br />
per qualche tempo. Bortolo intese per aria, non domandò altro, corse a dir la cosa al<br />
cugino, lo prese con sé in un calessino, lo condusse a un altro filatoio, discosto da quello<br />
forse quindici miglia, e lo presentò, sotto il nome d'Antonio Rivolta, al padrone, ch'era<br />
nativo anche lui dello stato di Milano, e suo antico conoscente. Questo, quantunque<br />
l'annata fosse scarsa, non si fece pregare a ricevere un operaio che gli era raccomandato<br />
come onesto e abile, da un galantuomo che se n'intendeva. Alla prova poi, non ebbe che<br />
a lodarsi dell'acquisto; meno che, sul principio, gli era parso che il giovine dovesse essere<br />
un po' stordito, perché, quando si chiamava: Antonio! le più volte non rispondeva.<br />
Poco dopo, venne un ordine da Venezia, in istile pacato, al capitano di Bergamo, che<br />
prendesse e desse informazione, se nella sua giurisdizione, e segnatamente nel tal paese,<br />
si trovasse il tal soggetto. Il capitano, fatte le sue diligenze, come aveva capito che si<br />
volevano, trasmise la risposta negativa, la quale fu trasmessa al residente in Milano, che<br />
la trasmettesse al gran cancelliere che potrebbe trasmetterla a don Gonzalo Fernandez di<br />
Cordova.<br />
Non mancavan poi curiosi, che volessero saper da Bortolo il perché quel giovine non c'era<br />
più, e dove fosse andato. Alla prima domanda Bortolo rispondeva: - ma! è scomparso -.<br />
Per mandar poi in pace i più insistenti, senza dar loro sospetto di quel che n'era davvero,<br />
aveva creduto bene di regalar loro, a chi l'una, a chi l'altra delle notizie da noi riferite di<br />
sopra: però, come cose incerte, che aveva sentite dire anche lui, senza averne un<br />
riscontro positivo.<br />
Ma quando la domanda gli venne fatta per commission del cardinale, senza nominarlo, e<br />
con un certo apparato d'importanza e di mistero, lasciando capire ch'era in nome d'un gran<br />
personaggio, tanto più Bortolo s'insospettì, e credé necessario di risponder secondo il<br />
solito; anzi, trattandosi d'un gran personaggio, diede in una volta tutte le notizie che aveva<br />
stampate a una a una, in quelle diverse occorrenze.<br />
Non si creda però che don Gonzalo, un signore di quella sorte, l'avesse proprio davvero<br />
col povero filatore di montagna; che informato forse del poco rispetto usato, e delle cattive<br />
parole dette da colui al suo re moro incatenato per la gola, volesse fargliela pagare; o che<br />
lo credesse un soggetto tanto pericoloso, da perseguitarlo anche fuggitivo, da non<br />
lasciarlo vivere anche lontano, come il senato romano con Annibale. Don Gonzalo aveva<br />
troppe e troppo gran cose in testa, per darsi tanto pensiero de' fatti di Renzo; e se parve<br />
che se ne desse, nacque da un concorso singolare di circostanze, per cui il poveraccio,<br />
senza volerlo, e senza saperlo né allora né mai, si trovò, con un sottilissimo e invisibile filo,<br />
attaccato a quelle troppe e troppo gran cose.<br />
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