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promessi sposi - IIS-Newton

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portar via il resto; quando si trattava d'assicurar la pelle, era sempre don Abbondio che la<br />

vinceva; meno che l'imminenza del pericolo non gli avesse fatto perdere affatto la testa.<br />

Il giorno fissato per la partenza, l'innominato fece trovar pronta alla Malanotte una<br />

carrozza, nella quale aveva già fatto mettere un corredo di biancheria per Agnese. E<br />

tiratala in disparte, le fece anche accettare un gruppetto di scudi, per riparare al guasto<br />

che troverebbe in casa; quantunque, battendo la mano sul petto, essa andasse ripetendo<br />

che ne aveva lì ancora de' vecchi.<br />

- Quando vedrete quella vostra buona, povera Lucia... - le disse in ultimo: - già son certo<br />

che prega per me, poiché le ho fatto tanto male: ditele adunque ch'io la ringrazio, e<br />

confido in Dio, che la sua preghiera tornerà anche in tanta benedizione per lei.<br />

Volle poi accompagnar tutti e tre gli ospiti, fino alla carrozza. I ringraziamenti umili e<br />

sviscerati di don Abbondio e i complimenti di Perpetua, se gl'immagini il lettore. Partirono;<br />

fecero, secondo il fissato, una fermatina, ma senza neppur mettersi a sedere, nella casa<br />

del sarto, dove sentirono raccontar cento cose del passaggio: la solita storia di ruberie, di<br />

percosse, di sperpero, di sporchizie: ma lì, per buona sorte, non s'eran visti<br />

lanzichenecchi.<br />

- Ah signor curato! - disse il sarto, dandogli di braccio a rimontare in carrozza: - s'ha da far<br />

de' libri in istampa, sopra un fracasso di questa sorte.<br />

Dopo un'altra po' di strada, cominciarono i nostri viaggiatori a veder co' loro occhi qualche<br />

cosa di quello che avevan tanto sentito descrivere: vigne spogliate, non come dalla<br />

vendemmia, ma come dalla grandine e dalla bufera che fossero venute in compagnia:<br />

tralci a terra, sfrondati e scompigliati; strappati i pali, calpestato il terreno, e sparso di<br />

schegge, di foglie, di sterpi; schiantati, scapezzati gli alberi; sforacchiate le siepi; i cancelli<br />

portati via. Ne' paesi poi, usci sfondati, impannate lacere, paglia, cenci, rottami d'ogni<br />

sorte, a mucchi o seminati per le strade; un'aria pesante, zaffate di puzzo più forte che<br />

uscivan dalle case; la gente, chi a buttar fuori porcherie, chi a raccomodar le imposte alla<br />

meglio, chi in crocchio a lamentarsi insieme; e, al passar della carrozza, mani di qua e di<br />

là tese agli sportelli, per chieder l'elemosina.<br />

Con queste immagini, ora davanti agli occhi, ora nella mente, e con l'aspettativa di trovare<br />

altrettanto a casa loro, ci arrivarono; e trovarono infatti quello che s'aspettavano.<br />

Agnese fece posare i fagotti in un canto del cortiletto, ch'era rimasto il luogo più pulito<br />

della casa; si mise poi a spazzarla, a raccogliere e a rigovernare quella poca roba che le<br />

avevan lasciata; fece venire un legnaiolo e un fabbro, per riparare i guasti più grossi, e<br />

guardando poi, capo per capo, la biancheria regalata, e contando que' nuovi ruspi, diceva<br />

tra sé: " son caduta in piedi; sia ringraziato Iddio e la Madonna e quel buon signore: posso<br />

proprio dire d'esser caduta in piedi ".<br />

Don Abbondio e Perpetua entrano in casa, senza aiuto di chiavi; ogni passo che fanno<br />

nell'andito, senton crescere un tanfo, un veleno, una peste, che li respinge indietro; con la<br />

mano al naso, vanno all'uscio di cucina; entrano in punta di piedi, studiando dove metterli,<br />

per iscansar più che possono la porcheria che copre il pavimento; e dànno un'occhiata in<br />

giro. Non c'era nulla d'intero; ma avanzi e frammenti di quel che c'era stato, lì e altrove, se<br />

ne vedeva in ogni canto: piume e penne delle galline di Perpetua, pezzi di biancheria, fogli<br />

de' calendari di don Abbondio, cocci di pentole e di piatti; tutto insieme o sparpagliato.<br />

Solo nel focolare si potevan vedere i segni d'un vasto saccheggio accozzati insieme, come<br />

molte idee sottintese, in un periodo steso da un uomo di garbo. C'era, dico, un rimasuglio<br />

di tizzi e tizzoni spenti, i quali mostravano d'essere stati, un bracciolo di seggiola, un piede<br />

di tavola, uno sportello d'armadio, una panca di letto, una doga della botticina, dove ci<br />

stava il vino che rimetteva lo stomaco a don Abbondio. Il resto era cenere e carboni; e con<br />

que' carboni stessi, i guastatori, per ristoro, avevano scarabocchiati i muri di figuracce,<br />

ingegnandosi, con certe berrettine o con certe cheriche, e con certe larghe facciole, di<br />

farne de' preti, e mettendo studio a farli orribili e ridicoli: intento che, per verità, non poteva<br />

andar fallito a tali artisti.<br />

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