XXIIª DOMENICA “PER ANNUM” Il vero sacrificio è rinunciare a pensare secondo gli uomini Ger 20,7-9 Rm 12,1-2 2 settembre 1990 Mt 16,21-27 chiesa di san Giuseppe La prima lettura sorprende sempre. Geremia con un linguaggio molto audace ed efficace esprime una grave crisi interiore. Dio, l’iniziale motivo, sembra che cambi colore e la tentazione si fa più lacerante: “Mi dicevo: non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome”. Questo tipo di crisi in realtà può essere frequente. Spesso succede di trovare delle persone non più giovani che dichiarano pressappoco così: “Sono sempre stato credente ma ora sono molto raffreddato, sono in crisi, mi accorgo che la vita mi ha riservato troppo delusioni”. Ecco le crisi di Geremia che si vede incompreso, perché vede che la sua fedeltà a Dio, il suo farsi profeta di Dio dà come risultato una percezione di illusione e di persecuzione. Quello che rimane intuizione in Geremia deve diventare profonda chiarezza per noi cristiani. Infatti Gesù nel vangelo di oggi affronta molto lucidamente i motivi della crisi di fede. Innanzitutto ne dichiara la ragione fondamentale. Gesù rivolgendosi a Pietro, è colui che si rivela: Pietro deve aver riconosciuto in Gesù il Cristo-Dio Vivente, ma quando Gesù presenta la sua missione Pietro si ribella. E Gesù in maniera molto chiara dice: “Guarda che, facendo così, tu sei satana”, cioè sei l’alternativa al segno di Dio, perché non ti preoccupi di capire cosa significhi veramente la salvezza che il Signore opera, ma ti limiti a pensare come pensano gli uomini. Gli uomini non pensano che il valore più grande, più importante sia l’amore che si dona, l’amore che continua. Ti ribelli nel vedermi nella prospettiva della croce, ma così facendo rimani nella contraddittorietà di una vita che ha dei mali insuperabili. Bisogna rinnegare se stessi. Che cosa significa rinnegare se stessi? Non distruggere se stessi, ma porre se stessi di fronte all’amore di Dio, alla bontà di Dio, alla volontà di Dio. La volontà di Dio non è qualcosa che misteriosamente può riservarci qualche cattiva sorpresa, ma è quell’amore fedele che meravigliosamente ci rivela come attraverso la sua presenza anche la vicenda più difficile della vita diventa storia di salvezza. Non dobbiamo aver paura di perdere la nostra vita, cioè di andare al di là di considerazioni che traggono la loro sapienza soltanto da valutazioni temporali; dobbiamo salvare davvero la nostra vita dallo sbaglio, ponendoci in reale e profondo rapporto con Dio. Allora, magari sul piano emotivo, sul piano psicologico superficiale, potremo ancora soffrire le tentazioni più gravi, quelle contro la fede; potremo ancora avere qualche smarrimento come Geremia, ma comprenderemo, ancora più lucidamente di lui, che il modo che viene da Dio è davvero la salvezza per noi e la glorificazione dell’uomo. In fondo che cosa pensa Dio di noi? Dio pensa di noi che siamo figli suoi e che dobbiamo partecipare alla gloria sua e del suo figlio Gesù. Dio pensa di noi che le nostre azioni possono avere la profondità del valore eterno, tali da essere riconosciute dal suo giudizio ineffabile. Dobbiamo effettivamente convertirci dal pensiero secondo gli uomini, che è un pensiero insufficiente per capire gli uomini e la loro storia, al pensiero secondo Dio, rivelatoci da Gesù, che è un pensiero che magari può sconcertare, che ci manda in crisi, ma che riconduce effettivamente a salvezza. Se io parlo di ciò che ho già imparato, parlo con sicurezza; se io mi decido a fare qualcosa di più, mi muovo con in certezza, compio anche errori; ma se non mi scoraggio, raggiungo una maggior conoscenza, una più profonda cultura, una più reale sapienza e saggezza! Ebbene, se noi passiamo dal pensiero secondo gli uomini, al pensiero secondo Dio, se vogliamo salvare non qualcosa, ma tutto quello che sta nella nostra vita, allora scopriamo che è molto bello vivere, che è molto bello lasciarci chiamare dal Signore che è tutto, che non seduce mai, ma che vive da sempre e che libera sempre! Rispondiamo alle tentazioni contro la fede, rispondiamo allo smarrimento come ci viene
descritto in Geremia con l’atteggiamento che ci viene insegnato da Paolo: “Vi esorto ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente”, cioè tutto voi stessi, anche proprio la vostra corporeità, la vostra storicità come sacrificio, cioè come costante di rapporto con Dio. Compiere un sacrificio vuol dire partire da noi per arrivare a Dio, e ancor meglio, se volete accettare fino in fondo che Dio entri in noi. Accettiamo di essere sacrificio così. La vita magari rimane difficile, ma noi siamo giorno dopo giorno esperienza di verità, che diventa vita, fiducia certa, vita che diventa gloria!