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LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi

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IV a DOMENICA D'AVVENTO<br />

Convertirsi significa accogliere la rivelazione che Dio è presente in noi con il suo amore<br />

Is 11,1-10<br />

Rm 15,4-9 10 dicembre 1989<br />

Mt 3,1-12 basilica di San Giovanni Battista<br />

Il brano del vangelo è dominato da una parola chiara ed inequivocabile, che non ammette<br />

compromessi: “Convertitevi”. La sollecitazione alla conversione viene fatta seguire da<br />

considerazioni molto severe. Se non ci si converte, si è razza di vipere, si è persone che<br />

sperimenteranno il giudizio di Dio non come luce di salvezza, ma come condanna.<br />

Perchè è così importante convertirsi? Che cosa significa convertirsi? Convertirsi significa<br />

rivolgersi verso qualcuno, non soltanto con lo sguardo degli occhi, ma con tutto l'atteggiamento<br />

della persona. Capiamo allora che è importantissimo convertirci per rivolgerci a Dio.<br />

Se non ci rivolgiamo a Dio, non potremo mai fare l'esperienza di quanto sia meravigliosa,<br />

infinitamente bella la presenza di lui nelle nostre coscienze, nelle nostre anime. Se non ci<br />

convertiamo, la prima lettura ci rimarrà incomprensibile. Parlare della presenza di lui nello spirito,<br />

convincersi di essere capaci di generare giustizia, annunciare la pace nonostante l'esprimersi dei<br />

torti, tutto questo se non siamo persone in atteggiamento di vera conversione, appare veramente<br />

assurdo ed appare utopistico quanto ci dice la seconda lettura. Essa ci invita a ricevere il dono<br />

grande di Dio, ad avere tra noi gli stessi sentimenti di Gesù Cristo, ad accoglierci gli uni gli altri<br />

come Cristo Gesù accoglie noi. “Accoglietevi perciò gli uni gli altri, come Cristo accolse voi, per la<br />

gloria di Dio” (Rm 15,7).<br />

Fratelli, se non ci accorgiamo che Dio è vicino, se quindi non ci convertiamo a lui, la sua<br />

parola rimarrà sempre vuota di contenuti chiari, precisi, vitali, effettivi. La sua parola che è sempre<br />

generatrice di essere e di esistere, la sua parola che propone non dei sogni ma delle concretezze, che<br />

non propone utopie ma è capace di liberare le persone, rimarrà, se non ci convertiamo, tragicamente<br />

lontana dalla nostra vita e si rivelerà non come luce di salvezza, ma come denuncia della vanità di<br />

tutto quello che noi facciamo, di tutto quello che noi pretendiamo di amare.<br />

Facciamo un semplice esame di coscienza. Siamo in Avvento, il Natale è prossimo ed il<br />

credente è invitato ad accorgersi che Dio è colui che viene. Noi siamo attenti a questa realtà? Siamo<br />

aperti a queste proposte di vita? Il Natale rischia di essere non un momento privilegiato e<br />

meraviglioso di conversione al Signore, ma un momento di celebrazione di quello che la società del<br />

momento ritiene importante. Quando c'era la società contadina, ecco che il Natale era la<br />

sottolineatura del trovarsi finalmente insieme, in un momento in cui il lavoro dei campi era sospeso,<br />

per celebrare il valore e la gioia della famiglia. Non è che questo sia sbagliato, perchè se è vero che<br />

il Verbo si è fatto carne, valorizza anche i valori normali dell'esistenza. Tuttavia, se il Verbo si è<br />

fatto carne, non dobbiamo puntare la nostra attenzione a quello che già siamo, ma dobbiamo<br />

crescere. Infatti, dare valore al Natale contadino equivale a rendere il Natale giornata particolare di<br />

dolore per le persone sole e per le persone colpite negli affetti familiari.<br />

Il Natale non è la festa della famiglia. Il Natale è la rivelazione di Dio a noi. Anche colui che<br />

sotto l'aspetto umano fosse solo, in realtà non è solo, perchè ha l'attenzione di Dio stesso, di un Dio<br />

che ha anche assunto un corpo come il suo perchè, in nessuna dimensione del suo vivere, nessun<br />

uomo che crede in Dio, possa pensare di essere stato dimenticato dal suo Dio. Quindi il Natale nelle<br />

società precedenti rischiava di non essere veramente attento a Dio, ma un momento di celebrazione<br />

di ciò che di positivo si aveva, una celebrazione dei nostri sentimenti, non di quella luce, di quella<br />

presenza che è rivelazione, che è salvezza.<br />

Siamo passati dalla società agricola alla società industriale e commerciale ed ecco, il Natale<br />

diventa il momento in cui le persone si esprimono al massimo grado come consumatori, come<br />

acquirenti, per cui il Natale diventa il momento più favorevole per il profitto commerciale. Non si<br />

tratta di demonizzare né il commercio, né l'industria, né l'amore alle cose. Però, fratelli, è terribile!

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