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LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi

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VIII a DOMENICA “PER ANNUM”<br />

L'insegnamento di Gesù illumina di speranza la vita degli uomini, dà un esito eterno a<br />

tempo che passa.<br />

Is 49,14-15<br />

1 Cor 4,1-5 25 febbraio 1990<br />

Mt 6,24-34 basilica di San Giovanni Battista<br />

Se mi chiedessero qual è la tentazione che più frequentemente sento raggiungere la<br />

coscienza dei cristiani, doveri, dopo venti anni di sacerdozio, rispondere che è quella espressa dalla<br />

prima lettura. La tentazione più forte è quella contro la speranza, quella che fa supporre che non è<br />

vero che il Signore ci ama, che è vero, piuttosto, che il Signore ci ha abbandonato, che il Signore ci<br />

abbandona. E' la tentazione presente in tutte le età della vita e che aumenta anche se si è cristiani<br />

praticanti e se si è raggiunta un'età avanzata. Come mai, così frequentemente, si dubita dell'amore di<br />

Dio? Come mai le persone che dubitano dall'amore di Dio sono più numerose delle persone che<br />

dubitano dell'amore dei genitori? La ragione c'è e risiede nel fatto che noi non vogliamo accogliere<br />

la luce di Dio, non vogliamo entrare nella verità del Signore. Pretendiamo già di sapere che cosa<br />

significhi amare, che cosa significhi salvare, che cosa significhi ricordarsi di una persona e non<br />

vogliamo impararlo da Dio. Ci troviamo, di conseguenza, disorientati, perchè abbiamo la netta<br />

sensazione che Dio non si occupi di noi e che noi siamo soli.<br />

Il vangelo ci ha spiegato con chiarezza: se noi vogliamo cogliere quale sia il bene della vita,<br />

dobbiamo ricercare anzitutto il Regno di Dio (Mt 6,34), perchè è l'unico regno nel quale l'uomo è<br />

amato, liberato, salvato: l'unico regno nel quale si appartiene davvero e sa chi egli sia e che cosa sia<br />

la sua vita. Questo è il regno di Dio. Se non cerchiamo il Regno di Dio e ricerchiamo tutto il resto,<br />

la nostra vita è una somma di insoddisfazioni, è ricerca affannosa di tanti beni che non solo non ci<br />

soddisfano, ma che in realtà non riusciamo nemmeno a produrre. Noi, che siamo affannati per<br />

procurarci i beni materiali; no, che usiamo per questi beni tutte le risorse della nostra tecnica e della<br />

scienza, non abbiamo anche oggi un mondo con centinaia e centinaia di persone che muoiono di<br />

fame? Se fossimo meno preoccupati dell'accumulo, meno prigionieri di un concetto di profitto<br />

legato alla vastità, se attuassimo la risposta all'amore di Dio e al suo Regno amandoci come Gesù<br />

insegna, esisterebbero coloro che muoiono di fame?<br />

Noi che diciamo che bisogna lottare intensamente per attuare una società migliore, per<br />

attuare una giustizia non menzognera, ma siamo di fatto impegnati e occupati per la carriera, per<br />

farci posto nella società, per affermare i nostri diritti, possiamo generare la giustizia? In questo<br />

modo rendiamo la terra a misura d'uomo? Preoccupati di valorizzare le risorse, non abbiamo<br />

generato, in maniera sempre più seria, il rischio di un disastro ecologico, forse irreparabile?<br />

Fratelli, non è vero che le parole del vangelo sono belle ma non concrete; non è vero che<br />

l'invito a non affannarci per il cibo, per il vestito (Mt 6,25-34) è suggestivo, ma non adatto per<br />

persone che vivono nella concretezza del mondo; non è vero che quanto abbiamo ascoltato, va bene<br />

per chi fa scelte di vita speciali, monacale o conventuale. E' vero, invece, che quanto abbiamo<br />

ascoltato è lettura profondissima della realtà dell'uomo, è indicazione molto precisa della strada<br />

lungo la quale la vita dell'uomo può conoscere l'amore di Dio e può godere appieno dei beni che Dio<br />

ha creato. Se noi disgiungiamo la creazione dal regno di Dio, non riusciamo a valorizzarla, ma la<br />

avvertiamo come una gola che ci rende feroci, dannosamente feroci, anche contro noi stessi. Se noi<br />

scegliamo di servire mammona (Mt 6,24), di fatto non possiamo più avere rispetto per l'uomo e ci<br />

allontaniamo assai da ogni possibilità reale di comprendere l'amore. Se servissimo Dio ci<br />

accorgeremmo che lui ci sta amando, ci sta liberando, ci sta ogni giorno portando lontano da<br />

qualsiasi schiavitù – del peccato, della paura di morire, della paura del tempo incombente – verso la<br />

profonda libertà di vivere in comunione col Figlio suo; riusciremmo ad affrontare nel modo secondo<br />

Dio persino il denaro.

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