LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi
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IIIª DOMENICA <strong>DI</strong> PASQUA<br />
La presenza di Gesù risorto impregna e connota la vita del cristiano<br />
At 2,14.22-28<br />
1 Pt 1,17-21 29 aprile 1990<br />
Lc 24,13-35 chiesa di san Giuseppe<br />
Nella celebrazione di questa terza domenica di Pasqua ci viene riproposto il brano<br />
evangelico annunziatoci la sera di Pasqua. C’è una frase che dobbiamo ascoltare con attenzione,<br />
perché potrebbe fotografare il nostro atteggiamento, la situazione della nostra fede: “Sciocchi e<br />
tardi di cuore nel credere!” (Lc 24,25). Poniamoci seriamente alcune domande. Siamo pronti nel<br />
credere? Il nostro cuore è diventato davvero pasquale? Le consapevolezze della nostra vita sono<br />
tutte illuminate dall’annuncio, vivo e decisivo, della Risurrezione? Oppure, la nostra vita,<br />
nonostante la luce della Pasqua, si mantiene un intreccio di rari spazi di speranza e di grandi periodi<br />
di tristezza, di passività sfiduciata? Siamo diventati coloro che sanno perché entrare nella vita,<br />
perché andare alla vita, oppure la nostra esistenza è un andare e venire senza mai un volto forte e<br />
gioioso?<br />
La certezza sulla quale fondare tutto, è quella affermata nella prima lettura: “Non era<br />
possibile che la morte tenesse Gesù in suo potere” (At 2,24). Perché? Perché la morte per Gesù non<br />
fu un incontro fatale, ma un’unione voluta per la perfezione di un amore, espresso sino alla fine,<br />
onnipotente del dono. La morte, segno del limite, segno del peccato, è vissuta da Gesù che vuol<br />
essere con noi, incontrarci nel nostro limite, nella nostra storia di peccato. Tuttavia, se la morte non<br />
è più una conseguenza del peccato, ma è una occasione dell’espressione più completa dell’amore,<br />
essa allora non può avere un potere. Gesù è la rivelazione di Dio che ama la vita, è quel Signore che<br />
può mostrare sempre il sentiero della vita.<br />
Il vangelo di Luca ci dice che un delinquente capì molto bene questa realtà. Luca, infatti,<br />
narra che uno dei due delinquenti crocifissi con Gesù, ad un certo punto capì tutto e sviluppò il suo<br />
pensiero pressappoco così: “Costui non sta morendo perché colpevole; costruì non è un condannato<br />
esposto a sconfitta irrimediabile, lui non ha fatto nulla di male, sta soltanto donandosi fino alla<br />
perfezione”. Allora ecco che, di fronte all’avvicinarsi sempre più drammatico e spietato della morte,<br />
il delinquente inchiodato al palo proclama che ha capito che il sentiero della vita va oltre (Lc 23,42).<br />
E quale fu la risposta? Essa squarcia veramente ogni tempo. “Oggi tu sarai con me” (Lc 23,43).<br />
Fratelli, la pietra miliare per la nostra coscienza, la verità sulla quale dovrebbe intrecciarsi la<br />
nostra vita, è quella che ci ha proposto la prima lettura. Noi crediamo in Dio? La nostra fede, la<br />
nostra speranza sono fisse in Dio? Se così fosse, allora chiamarci popolo di Dio, definirci corpo<br />
mistico di Cristo, sarebbe effettivamente svelare non soltanto la nostra identità profonda, ma anche<br />
la nostra consapevolezza viva: ogni nostro atteggiamento avrebbe motivazioni reali e robuste. Se<br />
però, fratelli rimaniamo stolti e tardi di cuore (Lc 24,25), se il nostro cuore trova un momento di<br />
incontro parziale, superficiale, magari velato da un poco di commozione, ma non si apre totalmente<br />
alla parola di Dio, alla presenza di Cristo, alla sua luce, al suo donarsi a noi nel segno del pane,<br />
allora non saremo capaci di tornare alla nostra Gerusalemme con gioia, non saremo in grado di far<br />
comprendere la meravigliosa notizia della Pasqua, di far capire che la notizia della Pasqua è<br />
decisiva per attraversare lo spazio della vita.<br />
Siamo alla terza domenica di Pasqua: forse siamo tra coloro che periodicamente, ma<br />
distrattamente e passivamente guardando le cose, persuasi in definitiva che la vita è difficile, il<br />
dolore ci raggiunge, noi si è fragili, il tempo passa e la morte si avvicina. Fratelli, se noi riteniamo<br />
che ciò che conta è tutto questo, ricordiamoci che siamo veramente tardi, che siamo veramente<br />
stolti, che siamo - bisogna pure che ce lo diciamo - veramente falsi quando dichiariamo di essere<br />
cristiani.<br />
Che cosa vuol dire essere cristiani? Stimare Gesù come un grande esempio? Che cosa vuol<br />
dire essere cristiani? Avere qualche momento di impegno nel bene? Non basta! Essere cristiani