LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi
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XXIIIª DOMENICA “PER ANNUM”<br />
La correzione fraterna, fatta con discrezione e accolta con umanità, è fonte di armonia<br />
nella comunità cristiana<br />
Ez 33,7-9<br />
Rm 13,8-10 9 settembre 1990<br />
Mt 18,13-20 chiesa di san Giuseppe<br />
La seconda lettura è tutta incentrata sul tema dell’amore del prossimo: “Qualsiasi altro<br />
comandamento si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Ma<br />
chiediamoci che cosa significa amare il prossimo, in concreto, nel vissuto reale, nella vicenda di<br />
ogni giorno?<br />
La prima e la terza lettura ci danno una indicazione difficile e importante dell’amore del<br />
prossimo; amare il prossimo significa donare al prossimo la verità e, siccome tutti siamo fallibili e<br />
tutti cadiamo in errore, amare il prossimo significa correggerci a vicenda.<br />
Amare il prossimo è un tema altissimo, però possiamo dichiarare che se non abbiamo il<br />
coraggio della correzione vicendevole, certamente non amiamo il prossimo o abbiamo un amore<br />
molto relativo, incompleto. Il vangelo ci dà proprio una serie di esempi di correzione reciproca.<br />
Però, poniamoci prima una domanda: siamo convinti che il dono più grande da fare ad<br />
un’altra persona è quello della verità? Ad esempio, i genitori sono convinti che se tra i doni da fare<br />
ai loro figli non mettono al primo posto quello della verità, non amano in modo vero i loro figli? I<br />
coniugi sono convinti che, se non c’è la ricerca continua della verità, innanzitutto della verità delle<br />
loro proprie persone, il loro amore non può esistere perché si fonda su inevitabili equivoci? Due<br />
persone che si dichiarano amiche, come mai rompono il rapporto che definiscono di amicizia,<br />
quando la vita li pone di fronte alla esigenza di rivederlo alla luce di ciò che appare<br />
incontestabilmente come verità o giustizia? Ecco come è difficile correggerci a vicenda, perché per<br />
correggerci a vicenda bisogna credere fino in fondo che è importante donare la verità!<br />
Allora, dopo esserci chiesti se il dono più grande e più bello è il dono della verità, vediamo<br />
alcune delle esemplificazioni così efficaci del vangelo. Vediamo come il vangelo procede per la<br />
comunicazione della verità, per aiutarci a vicenda ad essere meno lontani possibile da ciò che è vero<br />
e giusto.<br />
Il vangelo ci indica come primo atteggiamento la discrezione: “Se uno commette una colpa,<br />
va’ e ammoniscilo tra te e lui solo …”. Normalmente noi facciamo il contrario: se uno commette<br />
una colpa, lo diciamo a tutti gli altri, meno che all0interessato. Quando uno sbaglia , realmente o<br />
secondo noi , noi facciamo molti pettegolezzi, molta mormorazione , mai una correzione diretta. Se<br />
una persona sbaglia è importante, certamente che noi evitiamo di incontrarla. Ma la parola di Dio<br />
che cosa ci insegna? Quanto segue: Se fai una correzione e la persona non ti ascolta, creale intorno<br />
un gruppetto di testimoni, di persone che non necessariamente sono migliori di chi sta sbagliando,<br />
ma che certamente, in quel momento, per quella situazione, possono essere testimoni di ciò che è<br />
vero, i ciò che è giusto. Non rassegniamoci dicendo: io ho fato un’osservazione, ma mi ha risposto<br />
male. Da quando in qua vi è un risultato immediato negli intendi difficili? Da quando in qua io<br />
posso seminare ora e raccogliere subito? Non bisogna venir meno se constatiamo che il cammino è<br />
arduo, ma sempre nella discrezione, nella delicatezza ci si deve avvicinare a chi è in errore.<br />
Se in questo modo non si riesce a nulla, dillo anche alla assemblea, che in greco si dice<br />
ekklesia cioè chiesa, per far capire a quella persona che non è isolata, ma è parte viva di un corpo<br />
vivo, appartiene ad una comunità che non è tale perché migliore, ma è tale di fatto perché animata<br />
dal maestro della verità che è lo Spirito Santo, perché redenta dal salvatore che è Gesù. E se chi ha<br />
sbagliato, non ascolta neppure la comunità ossia la Chiesa, occorre fargli capire che in quel<br />
momento è come un pagano o un pubblicano, cioè come una persona che sceglie di essere staccata<br />
dalla comunità. Questo non vuol dire che deve essere abbandonato. Chi sono i pagani, chi sono i