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LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi

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XXXIª DOMENICA “PER ANNUM”<br />

Il Vangelo ci invita ad essere maestri della fede, testimoniandola nella nostra vita<br />

Ml 1,14-2,2.8-10<br />

1 Ts 2,7-9.13 4 novembre 1990<br />

Mt 23,1-12 chiesa di san Giuseppe<br />

La pagina del Vangelo che abbiamo proclamato, suscita due reazioni. La prima è questa: è<br />

scontato che bisogna essere coerenti; diciamo sempre che si educa con l’esempio più che con le<br />

parole, diciamo sempre che bisogna vivere quanto viene proposte a parole; se non c’è coerenza con<br />

quanto si dice, si è nell’ipocrisia più o meno sfacciata. La seconda riflessione che nasce dalla pagina<br />

evangelica diventa un quesito angoscioso: ci potrà mai impegnarsi a comunicare e testimoniare<br />

valori morali? Chi, se non viene da Dio, vive pienamente certe verità, queste verità?<br />

Quale educatore tra noi, insegnante, genitore, prete, può dire: “Io vivo quello che dico”? La<br />

sua ammissione passa dalla sfrontatezza alla perplessità, e qualcuno potrebbe anche dire: “Tanto<br />

vale allora essere qualunquista: se i valori da annunciare non possono essere vissuti pienamente, è<br />

inutile che noi questi valori li annunciamo, li consideriamo traccia per un impegno di vocazione<br />

vicendevole”. Se nessuno può essere maestro, se nessuno può essere padre, come correggerci a<br />

vicenda? Tanto vale chiuderci in un egoismo esasperato, anche perché a questa conseguenza ne<br />

seguirebbero altre due: la prima è quella di entrare in ansia, perché si tratta di annunciare qualcosa<br />

che poi di fatto non è pienamente vissuto nemmeno da noi; la seconda è quella dell’ipocrisia, perché<br />

per risultare credibili, per non essere smentiti sulla validità di quello che facciamo, dobbiamo avere<br />

una faccia esteriore di educatori che non corrisponde alla nostra faccia reale. Di fatto è frequente<br />

questa bilateralità. Da un lato chi si presenta come maestro è ipocrita, è come gli scribi e i farisei<br />

del Vangelo, dall’altro chi dice che nessuno può giudicare né improvvisarsi educatore, lascia che si<br />

faccia quello che si può, e così i nostri giovani crescono senza riferimenti.<br />

In realtà, tutte queste problematiche possono essere felicemente superate, se ricordiamo<br />

ancora una volta che non si tratta di partire da noi, se ci ricordiamo ancora una volta che il centro<br />

per la comunicazione di vita e per la testimonianza di valori non dobbiamo essere noi ma l’unico<br />

Dio, l’autentico Padre, il vero Maestro, quel Cristo redentore di ciascuno. Se vinciamo<br />

l’egocentrismo, se andiamo alla logica della fede, se non siamo innanzitutto preoccupati di quello<br />

che siamo noi, ma siamo prima di ogni cosa attenti ad accogliere il Signore così come egli si dona,<br />

se facciamo tesoro della comunicazione che il Signore come redentore stabilisce con noi, allora<br />

anche noi come san Paolo siamo così contenti di vivere, da avere un grande desiderio di donare il<br />

bene che conosciamo, anzi di donare la nostra stessa vita, ben sapendo che non siamo perfetti, ma<br />

ben sapendo che siamo redenti, ben sapendo che non siamo maestri, ma ben sapendo che abbiamo<br />

ricevuto e possiamo partecipare una verità meravigliosa. Se il Signore ci viene incontro, non è vero<br />

che la vita è una confusione nel relativismo; se il Signore ci viene incontro, non è vero che<br />

dobbiamo fare spallucce di tutto e dobbiamo vivere nel qualunquismo; se il Signore si dona a noi e<br />

il nostro maestro entra in comunione con ciascuno di noi, allora l’alternativa non è più quella di<br />

rinunciare alla comunicazione, oppure viverla come un’ansia, che oltretutto è quanto di più vigoroso<br />

ci sia per annullare l’efficacia con i nostri ascoltatori, perché non dobbiamo contare su noi stessi, né<br />

sulla immagine, vera o falsa, di noi stessi.<br />

Noi dobbiamo essere dei testimoni, non dei maestri. Accogliendo lui, ciascuno di noi può<br />

essere testimone. Riconoscendo lui, ciascuno di noi può vivere come fratello verso gli altri. Non<br />

dobbiamo dire: “Devi fare questo perché io lo vivo pienamente”, ma dobbiamo dire: “Insieme<br />

aiutiamoci a fare questo, perché agendo così, entrambi possiamo progressivamente a una vita più<br />

autentica”. Non dobbiamo affermare: “Guarda che io ho il potere di essere padre! Guarda che tu<br />

devi riconoscermi come maestro!”, ma dobbiamo dire: “Proviamo a pregare insieme da figli di Dio ,<br />

proviamo a farci insieme alunni della parola di Dio! Ascoltami, perché io posso essere testimone<br />

non della mia virtù, ma della redenzione che il Signore offre a me e a te!” Se così facciamo, allora ci

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