possibilità e lo spazio per andare sempre oltre qualsiasi miseria, per ritrovare slanci di forza oltre qualsiasi sconfitta, per trasformare qualsiasi dolore in purificazione, in crescita, qualsiasi lacrima in altezza più pura di uno sguardo sempre più profondo. Dobbiamo mettere al primo posto Dio, dobbiamo scoprire che Gesù è grande perché è Dio fatto uomo. Se così facciamo, allora comprenderemo che una sola è la ricchezza da lasciare in eredità a quelli che verranno dopo di noi: la ricchezza della preghiera, la ricchezza della fede. Fratelli, quelli di noi che sono genitori, come sono preoccupati di dare molto ai loro figli! A che cosa serve tutto questo “molto” se non c’è Dio al suo vertice, come principio d’illuminazione, di giudizio e come ulteriore scelta personale? Che cosa vogliamo dare, se di fatto dobbiamo sommergere i nostri figli di possibilità che si riducono al non far capire la vita, quando la vita è inevitabilmente severa e superiore alle nostre forze? La vita umana non è un cammino dal sogno alla delusione. La vita umana è il passaggio da qualche timida, incerta programmazione alla chiarezza di un disegno divino, alla fortezza di una via che Dio percorre con noi. È vero che l’uomo è libero, però per esserlo deve amare Dio; è vero che l’uomo può amare Dio, però per amare Dio bisogna che noi riscopriamo che Gesù è il Dio fatto uomo. Non importa se noi, i cristiani, possiamo non essere ascoltati: noi dobbiamo essere davvero convinti, alla luce meravigliosa della interpretazione dei segni inconfutabilmente veri della Pasqua, che Gesù è Dio. Allora veramente la vita è l’occasione di un “vangelo”, di una notizia, sempre e ovunque buona, perché capace sempre di portare l’uomo a rendere concreta l’aspirazione alla giustizia, a rendere possibile la comunicazione dell’amore.
SO<strong>LE</strong>NNITÀ <strong>DI</strong> TUTTI I SANTI Contemplando la grandezza della Pasqua, esultiamo coi fratelli giunti alla pienezza della vita Ap 7,2-4.9-14 1 Gv 3,1-3 1° novembre 1990 Mt 5,1-12 chiesa di san Giuseppe Oggi è un giorno splendido, è un giorno gioioso, perché come ci invita a fare la prima orazione della Messa, possiamo contemplare, tutta l’efficacia della Pasqua di Cristo. Davvero la vittoria di Cristo sul male e sulla morte è una vittoria efficace, una vittoria alla quale partecipa la moltitudine immensa di cui parla il libro dell’Apocalisse. Ed è un giorno meraviglioso perché ci aiuta a capire che i doni di Dio sono eterni, che la vita dell’uomo non è un procedere che va decadendo, ma è un procedere che ha come meta l’eternità, la pienezza, l’immensità. Allora, fratelli, dovremmo rimeditare la seconda lettura. “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! … Ciò che saremo non è ancora rivelato, sappiamo però che noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è ” (1 Gv, 3). I Santi che oggi contempliamo nella gloria di Dio, sono davvero i nostri fratelli, le nostre sorelle, che ci hanno preceduto, non tanto nel sonno della pace, quanto nella pienezza della vita gloriosa di Dio. Allora, ascoltiamo sentendola come un annuncio,come una riflessione meravigliosa, la pagina di san Matteo sulle beatitudine: Beati …, beati …, felici!… Certo, la vita è afflizione, è ingiustizia, è sfida, è guerra, è tormento; però se c’è la libertà per ascoltare Dio, se c’è la limpidezza per vedere Dio, se c’è il coraggio di aprirci alla fede che Dio sollecita ed alimenta, allora possiamo essere definiti con una parola sola: beati, figlio di Dio! Anche perché, come ricorda la lettura tratta dall’Apocalisse, la storia e la vita possono essere grande tribolazione e travaglio, ma, poiché Dio è creatore e redentore, noi possiamo sempre lavare le nostre vesti nel sangue dell’Agnello. La vita non è soltanto solitudine perché essa è centrata sulla Redenzione; la storia non è un cammino che registra solo confusioni e sconfitte, è invece un cammino che ci permette di scoprire sempre il nostro essere figli di Dio e il nostro andare verso Dio. Oggi è un giorno di gioia meravigliosa, indicibile. È il giorno per contemplare quanto grande è il disegno di Dio, quante vere sono le speranze. Fratelli carissimi, cerchiamo di trovare tempo e modi in questi giorni per meditare su questa chiarezza: non possiamo essere cristiani, se non affrontiamo, anche quella che in linguaggio tecnico si chiama “escatologia”, cioè discorso sulle cose ultime – il catechismo di una volta parlava di morte, giudizio, inferno, paradiso –, per scoprire la chiamata alla pienezza di vita, alla beatitudine, per scoprire che il giudizio di Dio rivela la grandezza della Pasqua. Decidiamoci a smetterla di stare chiuse nelle logiche del nostro egoismo, delle nostre paure, dei nostri peccati, per aprirci continuamente e quotidianamente alla purificazione che il Signore ci permette, perché egli si immola per noi. Cerchiamo di meditare questo, quando ci rechiamo sulle tombe dei nostri cari. Qualcuno dice che questi giorni sono tristi; no, fratelli, questi sono giorni ricchi di annuncio e di beatitudine. Noi dobbiamo andare al cimitero pieni di speranza, testimoni di luce, cercatori di vita, perché sappiamo che quelli che abbiamo amato, non sono stati spazzati via dal tempo, ma adesso stanno conoscendo quanto era grande il disegno di Dio sul tempo, stanno conoscendo come il Signore, fattosi nostro redentore, ha reso facendo per noi il tempo. Se io in questi giorni percorressi i viali del cimitero gridando: “Evviva, evviva!”, sarei preso per pazzo; eppure entrare in un cimitero con occhio cristiano significa trovare una ricchissima speranza. Noi molte volte avvertiamo soprattutto quello che ancora non è stato svelato, ma meditando, anche in compagnia con i nostri morti, veniamo a scoprire che “saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3,2). Anche noi, come nella meravigliosa liturgia dell’Apocalisse, dovremmo dire: “Amen! Sì, o Signore!”, e poi proclamare “lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro