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LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi

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SABATO SANTO<br />

Gesù, risorto dopo la morte, è segno inoffuscabile della nostra salvezza<br />

Celebrazione capitolare<br />

Lam 5,1-22 delle letture e lodi<br />

Massimo di Torino, Discorsi, 14 aprile 1990<br />

XXXVIII, 2-4 basilica di san Giovanni Battista<br />

Il Sabato Santo ci viene donato perché abbiamo a meditare su un dettaglio del Credo<br />

Apostolico che, a prima vista, sembra molto difficile: Descendit ad inferos.<br />

Che cosa significa? Gesù è il Redentore, per redimerci ha condiviso in tutto la nostra storia,<br />

frutto non soltanto dell’amore di Dio, ma anche del peccato e delle sue conseguenze. Il peccato nel<br />

suo limite, ha portato nella storia il dolore e la morte, così come li sperimentiamo.<br />

Inganno, menzogne, tradimenti sono incontrati da Gesù, nella sua vita ed in particolare nella sua<br />

Passione. Ma il peccato definitivamente che cosa genera? Anche il catechismo ce lo dice: la<br />

privazione della visione di Dio. Ecco che Gesù, nel mistero della sua passione e morte, deve passare<br />

anche Lui attraverso la privazione della visione di Dio, perché nessun aspetto della condanna del<br />

peccato sfugga al riscatto dell’amore di Dio, perché l’uomo, entrando in comunione con il suo<br />

Redentore nella fede, possa raggiungere tutto il bene della salvezza.<br />

Noi, che viviamo nella storia che passa, dobbiamo tentare di trasferire le categorie<br />

cronologiche al mistero della morte e risurrezione del Signore e dell’effusione del suo Spirito. Per<br />

noi, che dobbiamo vivere nel tempo, l’espressione in esame è meravigliosa. Gesù incontra la morte,<br />

egli incontra lo Sheòl, la situazione del peccato, della privazione della visione di Dio. Gesù risorge,<br />

effonde il suo Spirito, perché ciascuno di noi passi, attraverso il dolore e la morte, alla sua veridicità<br />

completa e giunga alla pienezza della risurrezione. Dobbiamo, con lo stupore di chi si riscopre<br />

alunno del più grande maestro, meditare sulla nostra fede nei suoi vari aspetti con una preghiera<br />

ardente e decisiva, nel silenzio.<br />

Una pia tradizione vuole che durante il Sabato Santo ci si fermi davanti all’altare della<br />

deposizione, chiamato impropriamente Sepolcro del Signore: impropriamente, poiché il Signore è<br />

presenza viva nell’Eucarestia, non presenza nel suo corpo morto. Se, però, dovessimo meditare<br />

intensamente davanti all’altare spoglio - l’altare è il segno di Gesù nella chiesa -, il Sabato Santo è il<br />

segno che Gesù ha sperimentato l’assenza della visione di Dio. Noi sappiamo che la salvezza del<br />

Signore è universale, noi possiamo avere la speranza che per l’amore di Dio ogni uomo può venire<br />

salvato dall’incalcolabile fragilità dell’inferno, anche se dobbiamo vivere riflettendo che, senza la<br />

fedeltà del Signore, l’inferno si può anche raggiungere.<br />

Però, è certo, l’unico che è passato all’inferno, non come dannato a perdere la visione di Dio,<br />

ma per sperimentare ciò che è generato dal peccato, cioè l’assenza di Dio e del suo amore, è Nostro<br />

Signore e Salvatore Gesù. Egli è passato di lì perché nessuno rimanga morto, perché tutti coloro che<br />

sono morti nel peccato, pronunciando il nome di Gesù, possano scoprire che come Gesù ascende al<br />

Padre, così anche noi siamo chiamati ad ascendere al Padre. Domani diremo l’annuncio: “Ascendo<br />

al Padre mio e Vostro”. Come può il padre di Gesù essere padre nostro? Può esserlo, perché Gesù<br />

in tutto si fa nostro fratello, fino a fare l’esperienza dello Sheòl, degli inferi. Il nostro vocabolario<br />

umano fa molta fatica ad esprimere quello che il mistero della fede ci annuncia, ma la preghiera<br />

fedelmente commenta. L’adorazione della Santissima Trinità, la meditazione su Gesù morto e<br />

risorto suggeriscono, attraverso la grazia dello Spirito Santo, quanto la parola non può dire. Il<br />

mistero della fede è sempre pronunciabile per certi aspetti; ma l’intelligenza orante, che contempla<br />

Colui che prega per noi fino all’abisso della lontananza del Padre, la preghiera che contempla il<br />

Signore che si dona così, è la preghiera che riscopre che la comunione di Dio con l’uomo è la<br />

costante di cui possiamo fare esperienza, perché rientra nella nostra missione di credenti<br />

rigeneratrici nella speranza ed annunciare al mondo la buona notizia inoffuscabile della salvezza.<br />

Gesù è morto, è disceso agli inferi, è risorto. È il Pastore della nostra vita, il Maestro della

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