esplicitamente, un gioco di conformismo; se, di fatto, mi appello a tempi migliori per il mio agire, come posso prevedere e credere che quanto mi dice la parola di Dio non sia un sogno? Come posso capire che la parola di Dio viene detta a me e non a qualche eccezionale campione di santità, che potrebbe anche sorgere tra gli uomini, ma che, di fatto, io non vedo intorno a me?” Per capire che la parola di Dio non è una sfida, ma è un'indicazione perseguibile per convertirci a Colui che è il redentore, dobbiamo metterci nell'ottica di una sapienza che non è quella delle considerazioni che noi facciamo per comportarci coraggiosamente tra le varie vicissitudini della vita, ma è quella che noi possiamo avere in noi stessi per cogliere definitivamente la presenza di Lui e capire che c'è qualcosa di più grande di quanto noi vediamo nella storia, qualcosa che è preparato e riservato per noi. Se noi entriamo in una sapienza diversa, in una logica diversa, se ci comportiamo non con un rapporto di forze che vogliono entrare vincenti nelle vicende del tempo, bensì riconosciamo la nostra chiamata all'eternità ed entriamo in comunione
VI a DOMENICA “PER ANNUM” Ai suoi seguaci il Redentore addita scelte morali non collimabili con la sapienza del mondo. Sir 15,16 1 Cor 2,6-10 11 febbraio 1990 Mt 5,17-37 basilica di San Giovanni Battista La prima lettura ci ha dichiarato che nelle nostre mani sta la possibilità enorme e sconfinata della scelta. C'è una tendenza moderna che parte da un ripiego oggettivo: lo vogliamo o no, noi siamo condizionati da tutti gli elementi filtrati che costituiscono la nostra vita - caratteristiche di temperamento e note costitutive dell'ambente familiare e sociale -, elementi dei quali non siamo responsabili direttamente o personalmente, essendo essi la conseguenza di un dato momento storico, di una certa situazione sociale. Ebbene, la parola di Dio ci ricorda che – facciamo pure tutti i rilievi sociali che vogliamo – ciascuno di noi, se è lucido interiormente, ha un suo spazio decisivo di scelta. Tocca a noi scegliere, a noi decidere quale orientamento prendere; nessuno di noi è condannato a fare il male, nessuno deve considerarsi un robot fatto funzionare da altri. Certamente si rischia: noi non siamo delle macchine, siamo sempre delle persone, siamo sempre intelligenza e libertà. Dobbiamo ricordarci questo per noi stessi, dobbiamo ricordarcelo per qualsiasi impegno interiore, per qualsiasi proposta da farci gli uni gli altri. Abbiamo davanti, per usare l'espressione del Siracide, l'acqua ed il fuoco (Sir 15, 16); tocca a noi decidere dove stendere la mano. Il vangelo, partendo proprio dalla consapevolezza che siamo persone responsabili e libere, apre spazi immensi per le nostre decisioni morali. Non soltanto dobbiamo scegliere direttamente tra ciò che è morale e ciò che non lo è, ma siamo chiamati a giungere in pienezza a quanto è più autentico, più bello, più vero, più puro, più coerente. Il brano del Discorso della Montagna ci fa vedere quali sono gli spazi elle nostre decisioni. Non solo dobbiamo scegliere tra la vita e la morte degli altri, ma dobbiamo scegliere la correttezza competa e senza riserve, il rispetto pieno che arriva alle delicatezze profonde, agli eroismi. Non solo dobbiamo scegliere se andare o non andare dal Signore, ma possiamo scegliere di andare nel nome del Signore con tutte le attenzioni di vero conforto verso coloro che il Signore ama, vale a dire verso tutti. non soltanto dobbiamo desiderare di essere forti, costruttivi, completi, ma possiamo giungere all'eroismo di chi sa sacrificarsi per cogliere quanto vi è di più costruttivo, non nella prospettiva egocentrica, ma in una prospettiva che tenga conto degli altri. Non si tratta soltanto di essere secondo la legge, secondo l'aspetto esteriore operativo; si tratta di avere un'intima coerenza, un'intima fedeltà alle proprie intenzioni, nel silenzio così eloquente dei propri pensieri e delle proprie emozioni. La nostra scelta, una scelta che non deve temere prezzi, deve ispirarsi ad una classifica di valori che rifletta i valori del Regno di Dio. Possiamo scegliere di essere veramente trasparenti nel nostro comportamento e nel nostro linguaggio; non è vero che siamo costretti a mentire, a fingere. Possiamo scegliere di essere nella verità, nella linearità più bella, più completa, più autentica. Ecco, fratelli e sorelle, che cosa ci dice la parola di Dio: non è vero che non siamo liberi; non è vero che dobbiamo fare tutto quello che gli altri fanno; non è vero che non possiamo fare altrimenti da quello che finora abbiamo potuto fare, altrimenti da quello che la stragrande maggioranza fa o compie. La parola di Dio ci ricorda che siamo figli di Dio e che, quindi, possiamo e dobbiamo personalmente decidere, in qualche caso rifiutare. Possiamo essere anche noi come il nostro santo patrono di Busto, Giovanni Battista: non canne che si lasciano agitare dal vento (Mt 11,7), ma persone che scelgono il loro Dio con quanto ne consegue. Di fronte a dichiarazioni così grandi, così splendide in teoria, potrebbe nascere lo scoraggiamento e più di uno potrebbe chiedersi: “Questo discorso per chi è? Ma se è risaputo che siamo tutti condizionati; ma se è evidente che basta un gioco pubblicitario per spostare milioni di persone; ma se guardo il mio dirimpettaio di condominio per capire quello che devo fare io; ma se in ogni occasione dico quello che intuisco essere più opportuno; se la mia vita è, più o meno