LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi
LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi
LE SESSANTA PREDICHE DI DON ISIDORO - Don Isidoro Meschi
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
DOMENICA <strong>DI</strong> PASQUA<br />
Gesù risorto non è mero ricordo, ma è la base di una vocazione<br />
At 1,1-18 Messa “del giorno”<br />
1 Cor 15,3-10 15 aprile 1990<br />
Lc 24,13-35 chiesa di san Giuseppe<br />
Chi si ricorda quello che diceva l’insegnante dei tempi della scuola, sa che il verbo<br />
“speravamo” (Lc 24,21) è al tempo imperfetto. Il verbo, che risuona nella pagina appena<br />
proclamata, è una sintesi terribile, impressionante della nostra vita. Quanto spesso in questa<br />
espressione si sintetizzano le vita degli uomini! Quanto spesso le persone, trovandosi insieme e<br />
discorrendo, escono a dire: “Una volta, quando eravamo giovani , allora sì avevamo, allora sì<br />
speravamo di far qualcosa di significativo”! Adesso quando le cose non vanno del tutto male, si<br />
dice che tutto è una routine, tutto è una cosa più o meno pesante.<br />
Questi discepoli hanno terminato di celebrare i giorni salienti della Pasqua a Gerusalemme,<br />
se ne ritornano al loro paese ed hanno un volto che è un programma, così tristi che il pellegrino che<br />
li avvicina chiede il motivo della tristezza. Verrebbe loro voglia di rispondergli: “Ma scusa, non sai<br />
niente della vita? La vita, prima o poi, non si riassume in tristezza? Le intenzioni, anche le più belle,<br />
non finiscono tutte nella morte? E non sai che, ad un certo punto,dobbiamo lascia-re le persone più<br />
care, o perché in realtà non si dimostrano così care come sembravano, o perché finiscono in una<br />
tomba? Si, ci fu una persona che sembrava diversa dalle altre: Gesù di Nazareth. Apparve come un<br />
profeta, una persona autentica, parlava come nessun altro, prometteva in maniera che la liberazione<br />
sembrava efficace: ma ci siamo sbagliati”. Questi pellegrini sono davvero l’emblema della<br />
situazione dell’uomo di tutti i tempi e luoghi, dell’uomo costretto nel corso della vita a ritoccare<br />
programmi, ideali o sogni, di qualsiasi tipo essi siano.<br />
Il pellegrino sopraggiunto, però, inviata gli altri due ad un incontro molto serio con la parola<br />
di Dio:”Perché continuare a discorrere tra voi, come se l’unica possibilità di riflettere sulla vita<br />
fosse racchiusa nelle vostre teste e nella loro capacità di ragionare?” C’è la possibilità di ascoltare,<br />
di riascoltare la parola che è per gli uomini, ma non viene dagli uomini. Perché fare il bilancio della<br />
vita e dell’amore senza misurarsi su quella parola? Ella è molto realistica, conosce i dolori, le<br />
sconfitte, gli orrori della storia e delle persone, ma non si ferma lì, ha il coraggio di aggiungere un<br />
altro termine: la gloria. Non la gloria degli allori, che gli uomini più o meno abilmente riescono a<br />
proporre, ma la gloria che è quella di un altro incontro, dell’incontro con Colui che sa che cosa è il<br />
tempo, perché l’ha creato, non perché finisse, ma perché diventasse Pasqua. Allora noi uomini<br />
abbiamo la possibilità, non di ridurci a quel tragico tempo imperfetto - “speravamo” -, bensì di<br />
accorgerci che ancora il cuore può battere, perché nel bilancio della vita dobbiamo far entrare quella<br />
parola. Se il nostro cuore arde (Lc 24,32), dobbiamo farci coraggiosi, fare un passo in più,<br />
accorgerci che quella Parola è una persona, che si può accoglie-re anche se si fa sera, che è<br />
essenziale, che accoglie sempre, forse ancor più se sta facendosi sera, sera nel nostro animo. Se<br />
accogliamo quella Parola che è Persona, che è Maestro vivo, comprendiamo che ci viene proposto<br />
un incontro, sotto un segno semplicissimo, ma grandissimo e totale: il segno del pane spezzato.<br />
Accogliendo quel segno, i nostri occhi possono ritornare a vedere, i nostri tempi non sono più quelli<br />
dell’imperfetto ma quelli del futuro, non sono più i tempi del ritorno sconsolato da Gerusalemme,<br />
ma sono quelli del ritorno di persone nuove, persone che non si illudono come sognatori, persone<br />
che esaminano e vedono tutto. Il nostro ritorno diventa il cammino non di persone che solo<br />
ricordano per dire che tutto è finito, ma di persone che annunciano che tutto sta sempre per<br />
ricominciare, che tutto è sempre donato.<br />
Noi siamo cristiani, stiamo vivendo il pomeriggio del giorno di Pasqua. Come siamo venuti<br />
qui? Buona parte di noi, probabilmente, per abitudine; se c’è solo l’abitudine, c’è, come per Cleopa<br />
ed il suo compagno, solo tristezza. Qui, però, ci è stata annunciata una parola precisa: “Fratelli, vi<br />
ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati