raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972
raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972
raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Le disquisizioni <strong>dei</strong> glottologi in proposito implorano ancora un accordo definitivo. Noi<br />
intanto, che glottologi non siamo, torniamo alle sue vicende storiche. Aprica appartenne<br />
dunque alla Regione Transpadana dell’ordinamento augusteo, appartenenza che le<br />
permise certo vita tranquilla ed ordinata, dato che non figurava fra le vie principali di<br />
<strong>comuni</strong>cazione con le regioni del Reno e del Danubio. In un certo senso, a quei tempi<br />
essa presentava le stesse prerogative ambientali di riposante calma che la rendono tanto<br />
ricercata ai nostri giorni. Bisogna giungere alle invasioni barbariche per vedere in serio<br />
pericolo questa verde oasi.<br />
Verso il 578, mentre i Longobardi premevano da Occidente, il germanico Cremnichi<br />
piombava dalla Rezia su Trento attraverso il passo di Aprica. E’ meno certo che egli<br />
abbia percorso lo stesso iter al ritorno, dopo la sconfitta subita da parte del duca Elvino.<br />
Nel 590 l’esercito di Ghedino penetrava ancora una <strong>vol</strong>ta nell’Alto Adige, ma è ancora<br />
discusso l’itinerario che seguì. Bisogna attendere l’avvento di Carlo Magno per poter<br />
riprendere il filo della certezza <strong>storica</strong>. Egli, in seguito alle sconfitte inflitte al suocero<br />
Desiderio, rivendicò a sé, come proprio retaggio, le terre già occupate dai Franchi in<br />
qualità di federati <strong>dei</strong> Bizantini. Si ha notizia, infatti, del dono ch’egli fece a S. Dionigi<br />
di Parigi di alcune pievi della Valtellina che, più tardi, egli annesse al suo Regno Italico;<br />
è a lui che la tradizione attribuisce la fondazione della pieve di S. Pietro, in Aprica,<br />
tuttora fiorente parrocchia nella contrada chiamata ancor oggi, da allora, Ospedale<br />
(forma dialettale dell’equivalente latino del vocabolo greco «zenodochio»), cioè<br />
ricovero destinato ad accogliere gli adventates a longinquis regionibus, i provenienti,<br />
cioè, da lontani paesi.<br />
L’ospedale era costituito da alcune stanze con giaciglio e da qualche stalla, il tutto<br />
provvisto di latte, grano, vino, paglia e fieno, prati ed orticelli lo circondavano e, di<br />
solito, esso aveva anche una propria dotazione costituita da terreni i cui ricavati erano<br />
de<strong>vol</strong>uti a favore di una congregatio ivi residente o, in mancanza di questa, di un<br />
monacus che fungeva da custode dell’oratorium. E’ chiaro che la funzione di tali<br />
ospedali - perfettamente aderente al senso etimologico del vocabolo - era quanto mai<br />
importante e necessaria sia sulle grandi che sulle piccole vie di <strong>comuni</strong>cazione che si<br />
andavano sviluppando in età carolingia spesso su antichi tracciati romani, ancora a quel<br />
tempo esistenti, molto più sovente su tracciati segnati ex novo e rispondenti alle nuove<br />
esigenze di economia e di commercio locali. I mercanti si erano moltiplicati e bisognava<br />
inoltre rinfrancare i vari romei, cioè quei pellegrini che, numerosi, si recavano a Roma<br />
spinti dalla loro fede cristiana, ed i palmieri, cioè coloro che andavano in pellegrinaggio<br />
in Terra Santa. Non meraviglia, quindi, il fatto di imbatterci in uno di questi antichi<br />
ospedali in Aprica, punto di conveniente passaggio per chi dall’Alemagna avesse <strong>vol</strong>uto<br />
più rapidamente raggiungere il lato orientale della valle del Po. Cencio camerario nel<br />
suo Liber censuum ci dà preziosa testimonianza a tal proposito rilevando fra i diritti<br />
della S. Sede «l’hospitale de Brunzone in monte Abrica», debitore del censo annuo di un<br />
marabotinum, ch’era moneta nata in Barcellona sotto Berengario Raimondo I (1017-<br />
1035).<br />
Non riteniamo necessario nella stesura di queste brevi note addentrarci nelle alterne<br />
vicende che videro Aprica - centro vivo ormai integrante, con il suo ospedale, della<br />
Valtellina - contesa fra il vescovo di Como e quello ultramontano di Coira il quale, nella<br />
zona di Bormio, si faceva rappresentare da un ramo <strong>dei</strong> feudatari Venosta. Caduta in<br />
possesso della provincia di Como, visse di riflesso le turbolente vicende di quella<br />
repubblica, agitata da guelfi e da ghibellini. Nel 1335 la sua sorte fu legata a quella della<br />
nobile famiglia <strong>dei</strong> Visconti contro i quali ben tre leghe furono organizzate, mentre nei<br />
confronti del nostro villaggio si svegliavano allarmanti desideri di possesso da parte <strong>dei</strong><br />
Grigioni. Nonostante la turbolenza di quei tempi - turbolenza che fa sorridere noi poveri<br />
succubi di governi perennemente in crisi - Aprica, nel 1427, vide la sua antica pieve di<br />
107