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raccolta rassegna storica dei comuni vol. 4 - anno 1972

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quando non si fosse compiaciuto di uscirne per farsi arrestare. Infatti, fino al maturarsi<br />

di tanta eroica decisione, sarebbe stato soggetto alla giurisdizione ecclesiastica 6 .<br />

Tale sarebbe la conseguenza logica delle argomentazioni di Raffaele Ajello che, valide<br />

per la Capitale e per qualche altra località, risentirebbero forzatura se si dovesse<br />

generalizzarle a tutte il Regno. Per quanto concerne infatti l'Alto Agri, sono reperibili<br />

testimonianze note<strong>vol</strong>mente difformi.<br />

I Carafa Della Marra, principi di Stigliano, che furono feudatari di Moliterno, di Sarconi<br />

e di S. Chirico dal 1524 al 1682, tra gli altri abusi, imposero il «diritto di portello», cioè<br />

una sorta di tassa ad libitum per ogni detenuto nelle prigioni, site nei sotterranei del<br />

torrione longobardo del Castello di Moliterno. E' da aggiungere che i carcerati<br />

costituivano un reddito. Informa, infatti, il Galanti: «Tutti i carcerati che h<strong>anno</strong> pane dal<br />

fisco... per mangiarlo, deggiono al fisco rinunziare tutti i loro beni, e pochissimi sono i<br />

carcerati che non prendono questo pane di dolore... L'innocenza si deve comprare, e<br />

l'impunità è un oggetto di traffico» 7 . Donn'Anna, che era maestra nell'escogitare i mezzi<br />

per spillare denaro, cedeva i carcerati ad altra giurisdizione feudale per averne incasso<br />

immediato, e l'uso urtò talmente i Moliternesi che, nel presentare gli Statuta, Capitula et<br />

Municipalia al rappresentante del nuovo feudatario, don Nicola Carafa Guzman,<br />

succeduto a Donn'Anna, il Sindaco, accompagnato da due Giudici e da tre Eletti,<br />

impetrò ed ottenne di far aggiungere nel verbale della Presentazione la speciale<br />

promessa «de non mancipando carceratos in carceribus turris dictae Terre Moliterni, nisi<br />

de delictis gravioribus, ubi venit imponenda poena corporis afflictiva» 8 . Si sa che le<br />

disagiate condizioni economiche erano uno stimolo al brigantaggio e, per la miseria in<br />

cui versavano le popolazioni, gli imputati, almeno per non doversi pagare il vitto del<br />

carcere, avrebbero fatto di tutto per rifugiarsi sotto il tetto protettore del Convento del<br />

Rosario <strong>dei</strong> Padri Domenicani. Questi erano stati chiamati a Moliterno proprio da<br />

Donn'Anna, a causa della parentela ascendente di suo marito, il Viceré, con S.<br />

Domenico, verso il quale i Carafa professavano una venerazione addirittura<br />

superstiziosa; inoltre, erano particolarmente sensibili all'influenza <strong>dei</strong> dotti monaci che<br />

avevano dotato di laute estensioni di terreno già del demanio feudale. Insomma era cosa<br />

molto age<strong>vol</strong>e coprirsi con l'immunità. Ma qual senso avrebbe avuto il «diritto di<br />

portello» se esso non avesse reso? Che bisogno avrebbero avuto i Moliternesi di chiedere<br />

ed ottenere che i carcerati non fossero venduti se, in fondo, era tanto facile ed<br />

accessibile l'immunità?<br />

Dal 1724 al 1727, don Giambattista Pignatelli si trattenne a Moliterno. Narra il suo<br />

biografo 9 che, tra le altre sue virtù, come la pietà, la clemenza e la generosità figurava la<br />

severa ma non vendicativa giustizia. Perseguiva il male dovunque e da chiunque fosse<br />

commesso e non lesinava l'ospitalità nella torre del Castello sia al proprio famiglio<br />

colpe<strong>vol</strong>e, come pure al don-rodrigotto locale, o alla coppia di amanti che, per aver<br />

6<br />

Per evitare equivoci, è appena il caso di ricordare che tale privilegio della Chiesa discendeva<br />

dall'autorità morale con la quale essa impose e fece rispettare dai barbari invasori l'immunità<br />

<strong>dei</strong> luoghi sacri e quindi il confugio per i perseguitati che vi cercavano asilo: grande debito che<br />

con la Chiesa contrasse la civiltà. Col tempo e col mutare delle condizioni storiche, l'autorità<br />

morale e il mantenimento della legge divina furono sopraffatte dalla tendenza a far prevalere<br />

nella società il principio teocratico e quindi il dominio esclusivo sul potere temporale, per cui<br />

l'aspra difesa trasformò le immunità in un abuso negatore degli stessi alti principi che l'avevano<br />

ispirata.<br />

7<br />

G. M. GALANTI, op. cit., <strong>vol</strong>. I, pag. 113.<br />

8<br />

GIACOMO RACIOPPI, Gli Statuti della Bagliva nelle antiche Comunità del Napoletano, Arch.<br />

Stor. per le Prov. Nap., Estratto, Napoli, 1881.<br />

9<br />

P. SAVERIO SANTAGATA, La vita di Giambattista Pignatelli, Principe di Marsico Nuovo, libri<br />

quattro, Napoli, 1751.<br />

11

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